“La celebrazione odierna della divina maternità di Maria è la porta d’ingresso principale nel mistero del Verbo fattosi carne e venuto ad abitare in mezzo a noi”. Così il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, nella Messa celebrata oggi pomeriggio nella Cattedrale di San Pietro, in occasione della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e della Giornata Mondiale della Pace.
“Professando nella fede che Maria ha concepito e partorito nella nostra natura e condizione umana la divina persona del Verbo, mettiamo al sicuro nella nostra mente e nel nostro cuore la certezza che veramente Dio si è fatto uomo, che il Verbo si è fatto carne”, ha aggiunto il porporato. Ha poi ricordato il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace, in cui il Pontefice ha chiesto a tutta la Chiesa di riflettere oggi sulla «fraternità», come via e fondamento della pace.
“Il fatto che la persona divina del Verbo abbia assunto da Maria la nostra natura e condizione, aveva uno scopo: perché ricevessimo l’adozione a figli”, ha affermato Caffarra. “Noi – ha proseguito – sappiamo bene che cosa è l’adozione. È un istituto in forza del quale un estraneo entra come figlio a far parte di una famiglia, con tutti i diritti e i doveri del figlio”. In virtù della Sua bontà infinita, Dio-Padre vuole quindi “adottare ciascuno di noi, e farlo entrare nella sua divina famiglia composta dal Figlio unigenito e dallo Spirito Santo”.
Questa adozione, ha spiegato il cardinale, si realizza “rendendoci partecipi della vita divina del Figlio unigenito; rendendoci conformi a Lui”. Se riflettiamo sul fatto che “Maria concepì nella natura il Figlio di Dio”, e che “l’umanità contava fra i suoi membri uno che era una persona divina, venuta a condividere la nostra condizione umana”, allora comprendiamo “che siamo figli dello stesso Dio-Padre e che fra noi siamo fratelli”. “Ma non per modo di dire” ha precisato l’arcivescovo di Bologna: “Siamo fratelli in un senso molto più reale e forte di quanto non lo siano i fratelli consanguinei. Siamo resi partecipi della natura divina del Figlio e della sua divina figliazione”.
Per questo, il Papa nel Messaggio inviato alla Chiesa e al Mondo per la Giornata della Pace, ci invita a riflettere “sulle conseguenze sociali, politiche, ed economiche che l’evento di grazia ha nelle comunità nazionali e nella comunità mondiale”. In particolare, il porporato si è soffermato sul punto del Messaggio in cui il Pontefice scrive: «Chi accetta la vita di Cristo e vive in Lui, riconosce Dio come Padre…vede in Dio il Padre di tutti e, per conseguenza, è sollecitato a vivere una fraternità aperta a tutti… La radice della fraternità è contenuta nella paternità di Dio». “Non è possibile pensare, ed ancor meno vivere la fraternità se si esclude la paternità”, ha osservato il cardinale Caffarra. “Il rifiuto della paternità di Dio – ha soggiunto – ha come conseguenza l’estraniarsi profondo dell’uomo dall’uomo” e “genera la chiusura dell’uomo all’altro uomo”.
L’arcivescovo ha poi spiegato il senso di una delle espressioni tipiche di Bergoglio: cultura dello scarto. Essa “significa che il modo di pensare e le ideologie che lo sostengono, generano comportamenti politici, economici, sociali tali da mettere già in conto che ci saranno ‘persone scartate’”, ha detto. Lo dimostrano situazioni come la condizione “dei giovani in ordine all’accesso al lavoro” o di chi ha perso il lavoro che “a causa dell’età troverà molto difficile reinserirsi”, come pure “l’emarginazione, quando non l’abbandono, delle persone anziane”.
In proposito, Papa Francesco scrive: «È necessaria una conversione dei cuori che permetta a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello di cui prendersi cura». È la conversione l’antidoto contro il male denunciato dal Successore di Pietro, ha concluso il cardinale Caffarra, ribadendo: “Ciò di cui abbiamo parlato possono sembrarci fenomeni che dobbiamo subire. Ma se creiamo ‘isole di fraternità’ nella famiglia, nelle comunità religiose, nella società civile, abbiamo già posto la forza spirituale che sconfiggerà la cultura dello scarto”. (S.C.)