“Sono quasi le cinque del mattino e io mi sveglio di soprassalto con un grande desiderio di uscire di casa per… pregare.
Non ci posso credere.
Per pregare?
È il mattino del 2 ottobre 1984: ho un bellissimo bimbo di 13 mesi che dorme nella stanza accanto, ho un marito di cui sono innamoratissima che mi respira vicino e, anche se ancora non lo so, il mio rapporto con Dio sta per cambiare totalmente per non tornare mai più come era prima.
Improvvisamente mi sveglio e sento che devo uscire di casa per andare a pregare in qualche chiesa.
E’ un fuoco di passione improvvisa per Dio. E’ una forza interiore che mi spinge ad uscire da casa e mi sembra di non poterle resistere.
Mi rigiro nel letto cercando di aggrapparmi alla razionalità che mi ricorda che posso benissimo pregare a letto o che posso alzarmi più tardi per andare in chiesa.
Niente da fare.
Sono come travolta da un fuoco di passione che non mi permette di restare a letto. Devo assolutamente uscire.
Le strade sono deserte e, camminando, ascolto l’eco dei miei passi mentre sono affascinata da ciò che sto provando. E’ una novità travolgente che fa entrare come un tornado la chiamata di Dio nella mia vita.
Eppure io ho sempre creduto in Lui, quindi quale sarebbe la novità?
Fin da piccola ho frequentato gruppi cattolici, la mia parrocchia e il catechismo; mi sono sposata in chiesa e ho battezzato il mio primo figlio credendo in quel che stavo facendo.
Tuttavia, a pensarci bene, Dio è stato sempre come un punto di riferimento vero ma anche molto teorico, affascinante ma anche un po’ lontano dalla mia vita quotidiana.
Il 2 ottobre 1984, festa degli Angeli Custodi, alle cinque del mattino, qualcosa mi ha buttato giù dal letto per farmi entrare in chiesa a pregare davanti al Santissimo.
Non ricordo bene ciò che ho detto a Dio ma rammento che quelle due ore sono passate come fossero state cinque minuti.
Quel giorno ho scoperto che di Dio ci si può davvero innamorare!
I giorni seguenti li rammento come avvolti dall’euforia di questa scoperta. Pensavo sempre a Dio; parlavo sempre con Lui, mi sentivo sua creatura e figlia e avevo la certezza del suo amore.
Andavo al supermercato e pregavo; cambiavo il pannolino a mio figlio e parlavo con Dio; preparavo la cena e scherzavo con Dio.
Persino il termine “Dio” mi sembrava riduttivo.
Sentivo la Presenza, la Passione, l’Amore, l’Altro…non trovo la parola giusta.
Ma c’è una parola giusta, poi?
Ogni mattina, alle cinque in punto, qualcosa mi svegliava e io uscivo di casa. Puntuale come ad un appuntamento tra innamorati.
Credo che ciò che mi è successo possa essere paragonato al passaggio dallo studiare il fenomeno dell’innamoramento all’innamorasi sul serio di una persona. E’ stato il passaggio dalla teoria alla pratica.
Io posso capire coloro che, leggendo queste righe, penseranno ad un’esagerazione, ad un’amplificazione emotiva, ad un’autosuggestione dovuta magari a qualche sogno fatto la notte precedente.
Questi concetti me li disse anche un sacerdote da cui andai a parlare i giorni seguenti, per cercare di avere un chiarimento su quest’ondata di Dio che mi aveva travolta.
Mi sentii rispondere che dovevo essere prudente perché l’emotività, la religiosità emozionale, una fede poco radicata alla realtà poteva farmi credere vero ciò che invece proveniva solo dalle mie emozioni.
La parola “emozione” quel giorno la sentii pronunciare tante volte da quel prete (molto bravo, tra l’altro, per tantissime altre cose) che cercava, con delicatezza e tentando di non offendermi troppo, di spiegarmi come spesso la nostra fede è suggestionata da momentanei desideri di … “emozioni”, appunto.
Io però continuavo a svegliarmi tutte le mattine alle cinque, come se ci fosse stata una sveglia invisibile e tutte le mattine andavo in chiesa perché fortemente attratta.
Non ricordo quante settimane durò questa ubriacatura di Dio, questo innamoramento divino senza preavviso; però da quel momento tutto cambiò in me.
Nella mia vita non era più come se Dio ci fosse; Dio c’era!
Nel cercare di capirmi meglio, iniziai a leggere alcuni libri di conversioni.
Volevo cercare di comprendere se la mia mente avesse potuto davvero creare tutta da sola, o se anche a qualcun altro era capitato qualcosa di simile a me.
Un giorno mi capitò tra le mani il famosissimo libro di André Frossard “Dio esiste, io l’ho incontrato”. E’ il racconto di un “colpo di fulmine” avuto in chiesa.
Per me era importante questo particolare della “chiesa”, perché sempre mi sono chiesta come mai mi sentissi chiamata proprio in chiesa, pur avendo la consapevolezza che Dio sia dappertutto e che dappertutto lo si possa pregare.
André Frossard era un ragazzo ateo convinto, comunista come suo padre (che fu il primo segretario generale del partito comunista francese), non sfiorato da alcun dubbio interiore (per quel giovane comunista, la religione era un vecchio rottame della storia e Dio un problema “risolto in senso negativo da due o tre secoli”) ma quel giorno, a vent’anni, entrò per caso in una cappella del quartiere latino di Parigi.
Aveva un appuntamento con una ragazza e l’amico con cui stava camminando, essendo cattolico, gli chiese di aspettarlo qualche istante mentre entrava in una chiesa.
Dopo alcuni minuti Frossard decise di andare a chiamarlo perché aveva fretta di incontrare “la nuova fiamma”. Quando entrò in quella chiesa era in corso un’adorazione eucaristica e, racconta, “è allora che è accaduto l’imprevedibile”.
Dice:
“il ragazzo che ero allora non ha dimenticato lo stupore che si impadronì di lui quando, dal fondo di quella cappella, priva di particolare bellezza, vide sorgere all’improvviso davanti a sé un mondo, un altro mondo di splendore insopportabile, di densità pazzesca, la cui luce rivelava e nascondeva a un tempo la presenza di Dio, di quel Dio, di cui, un istante prima, avrebbe giurato che mai era esistito se non nell’immaginazione degli uomini; nello stesso tempo era sommerso da un’onda, da cui dilagavano insieme gioia e dolcezza, un flutto la cui potenza spezzava il cuore e di cui mai ha perso il ricordo”.
La sua vita ne fu capovolta. “Insisto. Fu un’esperienza oggettiva, fu quasi un esperimento di fisica”, ha scritto.
Sullo “splendore insopportabile” e sulla “luce” che sperimentò Frossard, parleremo in un capitolo a parte, con un racconto.
Un po’ di anni dopo mi rimase impressa un’altra improvvisa conversione avvenuta in chiesa.
Dovevo preparare delle lezioni sui campi di sterminio e mi capitò fra le mani la storia di Edith Stein, una donna straordinaria, filosofa agnostica, di famiglia ebrea, che divenne cattolica, si fece suora carmelitana e morì nel lager nazista di Auschwitz.
È stata proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1998 e nell’anno successivo compatrona d’Europa.
La Stein ha raccontato che un primo episodio che la portò verso la conversione accadde nel 1917 quando lei, ventiseienne, vide una popolana, con la cesta della spesa, entrare nel Duomo di Francoforte e fermarsi per una preghiera:
“Ciò fu per me qualcosa di completamente nuovo. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti, che ho frequentato, i credenti si recano alle funzioni. Qui però entrò una persona nella chiesa deserta, come se si recasse ad un intimo colloquio. Non ho mai potuto dimenticare l’accaduto“.
Man mano mi accorgevo che ero in buona compagnia: in chiesa, avanti al tabernacolo, Gesù eucaristico continua a creare e ricreare persone nuove. Ed ora lo stava facendo con me!”
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