Nella relazione amicale perfetta, «l’uomo mediante l’amico diventa amico dell’Uomo-Dio». Così Aelredo di Rievaulx parlava di ciò che possiamo considerare la dimensione teologica dell’amicizia. Lo dice in un altro modo Khalil Gibran, il poeta libanese dalla sensibilità spiccata per l’anima: «Nell’amicizia, non vi sia un altro fine che l’approfondimento dello spirito». Da qui si potrebbe parlare di una dimensione sacramentale dell’amicizia. Siamo infatti dinanzi a una forma di «transustanziazione» quale compito sublime della relazione amicale: diventare amici di Dio, essere divinizzati (se vogliamo applicare il linguaggio audace dei Padri, specie quelli orientali).
Si rimane positivamente sorpresi se si passeggiasse nella Bibbia alla ricerca di luoghi significativi che parlano, narrano e inneggiano alle dimensioni dell’universo dei legami. Ci si trova dinanzi a quadri di rara bellezza sull’amicizia, l’amore coniugale, l’amore paterno e filiale. Sono dimensioni che non sempre vengono studiate negli studi classici di «antropologia teologica» conosciuta anche come «antropologia cristiana». Eppure sarebbe auspicato che queste sfumature entrassero a far parte dello studio dell’uomo alla luce della fede e in definitiva alla luce di Cristo, e di non limitarsi ad astratte considerazioni generiche.
Il libro del Cardinal Gianfranco Ravasi, Che cos’è l’uomo? Sentimenti e legami umani nella Bibbia, è un felice esempio di un sguardo l’antropologia biblica nella sua significatività, pregnanza e attualità. L’autore attraversa le Scritture – con la sua cultura biblica e letteraria che non necessita di essere presentata – puntualizzando i momenti chiave dell’esperienza dell’uomo, sotto due grandi profili: i momenti fondamentali della vita dell’uomo e l’universo dei legami umani.
Ci si trova così con un ricco bagaglio di riflessioni che invitano a umanizzare la nostra umanità, a partire dalla comprensione della profondità semantica, antropologica e teologica del «cuore» nella Bibbia. Si vagliano le sfumature della mitezza, della paura, della gioia della festa, della malattia e del mistero del soffrire.
Nel viaggio attraverso l’universo dei legami, si va alla scoperta dei vari volti dell’amore, dell’amore d’amicizia, dell’amore di coppia, dell’amore di famiglia. Il libro si conclude con una riflessione sulle «canizie», la cosiddetta terza età di cui il libro dei Proverbi parla così: «Corona di gloria è la canizie; si trova sul sentiero della giustizia» (16,31).
Ma prima di chiudere questa riflessione, ritorniamo al tema di apertura, all’amicizia. Questa dimensione bellissima del nostro vivere insieme costituisce secondo la teologia del Concilio Vaticano II «una modalità di apostolato». Un distico del libro dei Proverbi fa un suggestivo accostamento che evoca olfatto e dolcezza mentre parla dell’amicizia: «Il profumo e l’incenso allietano il cuore, la dolcezza di un amico rassicura l’anima» (27,9).
Nella pace dell’anima e nella sintonia della comunione è più facile per analogia risalire all’Amico, a colui che «ci ha chiamati amici». Sono significative al riguardo le parole di san Pier Damiani che scrive a un amico: «Portando gli occhi sul tuo viso, a te che mi sei caro, io elevo il mio sguardo a colui che io desidero di raggiungere unito a te». Un amico vero – come dicevamo all’inizio – è un dono di Dio che porta a Dio. Lo sapeva bene il Siracide: «Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro. Per un amico fedele, non c’è prezzo, non c’è peso per il suo valore. Un amico fedele è un balsamo di vita, lo troveranno quanti temono il Signore» (Sir 6,14-16).