“Un sollievo dalla fatica”. Così il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha definito la Medaglia d’onore conferitagli oggi dalla Pontificia Università Lateranense. Accolto in un silenzio solenne nell’Aula Magna gremita da docenti, studenti, giornalisti e membri del Coro, il Presidente ha ricevuto il riconoscimento con la pacatezza e la discrezione che lo contraddistinguono. Con poche ma sentite parole ha poi concluso i circa 45 minuti di cerimonia, senza far mancare un riferimento al panorama sociale e politico generale di cui lui è il più alto rappresentante. “Un cammino tutt’altro che facile – ha detto Napolitano – che va percorso con il massima di coerenza, di fermezza, di apertura anche alle incognite e agli impegni del periodo che stiamo vivendo”. Periodo, ha aggiunto, che comporta anche “non poche amarezze comuni” in qualche momento, le quali però sono “ampiamente risarcite da riconoscimenti come questi”.
Tante le motivazioni che hanno reso il Presidente meritevole della onorificenza. Innanzitutto “il generoso e sacrificato impegno nella promozione dei diritti della persona e nella tutela della dignità di ogni donna e uomo”, ha sottolineato il rettore mons. Enrico dal Covolo. Ma anche “la passione educativa nei confronti delle nuove generazioni” e “il cospicuo magistero e la coerente testimonianza di vita”. Le quali, ha rimarcato il presule, “invitano gli studenti all’impegno quotidiano e alle competenze indispensabili per valorizzare, nel dialogo sincero, le differenze di cultura, nazionalità, di razza, di religione”.
Il ministero svolto da Giorgio Napolitano in questi oltre sette anni alla presidenza della Repubblica italiana si sposa quindi con gli obiettivi della Pontificia Università. Ovvero “formare i formatori”, secondo quello che Don Bosco definiva “il progetto dell’onesto cittadino e del buon cristiano”. Un progetto che la comunità accademica lateranense persegue sin dalla sua fondazione, nel 1773, per volontà di Papa Clemente XIV. Lo ha indicato il cardinale vicario Agostino Vallini, Gran Cancelliere dell’Università, nel suo discorso d’apertura, ricordando che: “Nata nel cuore dei Romani Pontefici e ad essi legata da un particolare vincolo di fedeltà”, negli oltre due secoli di storia, la Lateranense “si è proposta come una frontiera nella formazione e nella ricerca scientifica”.
Anche oggi in un tempo di crisi “di cultura e di identità”, ha soggiunto il porporato, l’Ateneo resta “uno dei luoghi qualificati per tentare di trovare le strade opportune per uscire da questa situazione”. In virtù soprattutto di una “tradizione di studio e di ricerca” viva da millenni, e della responsabilità del corpo docenti ad orientare le nuove generazioni verso una “proposta seria, impegnativa, capace di rispondere al perenne interrogativo sul senso della vita”.
Certamente, ha osservato Vallini, “si tratta di un’opera educativa ardua”, specialmente se collocata in un tempo che Benedetto XVI aveva definito “di grande emergenza educativa”. Il lavoro di docenza diventa pertanto una “sfida”, poiché “non si limita a comunicare nozioni e dati storici”, ma è volto a “accompagnare gli studenti ad affrontare lo studio come un libero avvicinarsi alla verità”. Quella verità che sempre il Papa emerito definì “la condizione per un’autentica libertà”.
Per bocca del cardinale vicario, la Lateranense dice allora grazie al presidente Napolitano, “per lo spirito di servizio” con cui egli “adempie il suo alto mandato”. Che, ha rimarcato Vallini, si può sintetizzare nel discorso che lo stesso Capo di Stato ha rivolto il 14 novembre scorso a Papa Francesco in visita al Quirinale, in cui esortava a “levare più in alto lo sguardo, riguadagnare lungimiranza e portarci al livello di sfide decisive che dall’oggi si proiettano sul domani”.
Anche il corpo accademico ha poi espresso la propria gratitudine a Napolitano, con la prolusione del prof. Vincenzo Buonomo, ordinario di Diritto e Organizzazione internazionale, il quale ha ribadito i valori che animano l’Università. La “attenzione al mondo”, che si concretizza nella pluralità dei 2.800 studenti, provenienti da 89 paesi, e soprattutto la “attenzione alla persona umana nella sua identità”. Il tutto – ha sottolineato Carlotta Maggioni, portavoce degli studenti – alla luce di quella “cultura dell’incontro” tanto invocata da Papa Francesco.
La seconda visita del Presidente della Repubblica alla Università del Papa si è conclusa con la voce di una dei tanti giovani che – come diceva Napolitano nel suo discorso davanti al Pontefice – nonostante la “disperante condizione” presente, sono comunque “chiamati ad edificare l’Italia”. Lo scorso anno, a febbraio, il Capo di Stato aveva già visitato l’Ateneo per la mostra su Le radici cristiane dell’Italia unita, in occasione del 150° dell’Unità d’Italia. Prima della cerimonia di stamane, ha inaugurato inoltre la nuova sala multimediale dedicata a Papa Francesco.