L’atmosfera che aleggia nella sala stampa del Viminale è carica di soddisfazione. Nel giorno in cui si consegnano le firme raccolte per la campagna Uno di noi, gli organizzatori gongolano. E ne hanno ben donde. Infatti, il totale delle persone che hanno sottoscritto la propria adesione, per chiedere all’Unione Europea il riconoscimento della dignità umana dell’embrione, ha raggiunto la ragguardevole quota di 1.891.406.

Non è tutto: tale cifra è destinata a lievitare ancora, giacché le firme raccolte su carta (a differenza di quelle digitali) necessitano di un processo di controllo particolarmente scrupoloso e lento.

“Il risultato è davvero straordinario”, afferma Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita e del comitato italiano Uno di Noi. Gli fa eco Michele Trotta, coordinatore per l’Italia della campagna, il quale esulta: “Abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo”.

L’iniziativa, del resto, era partita nello scetticismo generale. Nell’aprile 2012 in pochi si sarebbero immaginati che si potesse raggiungere quel milione di adesioni fissato dal Trattato di Lisbona come soglia minima per l’accoglimento di petizioni europee promosse dai cittadini. Ora che la cifra fissata come requisito base potrebbe essere persino raddoppiata, l’entusiasmo pervade gli animi di quanti si sono adoperati per raggiungere l’obiettivo.

Prima della consegna agli addetti del Ministero dell’Interno dei settanta pacchi contenenti i fogli con le oltre 600mila firme raccolte in Italia, gli organizzatori hanno tenuto una conferenza stampa per tracciare un bilancio dell’iniziativa e annunciare i prossimi passi.

Il presidente Carlo Casini, ringraziando tutti i volontari che hanno permesso il raggiungimento di un simile traguardo, ha parlato di una lodevole esperienza di democrazia diretta. Finora, su più di trenta tentativi, soltanto altre due petizioni europee erano riuscite a superare, seppur per poco, la soglia di un milione di firme (una petizione per l’acqua potabile e un’altra contro la vivisezione).

“In un momento di grandi lacerazioni - ha aggiunto Casini - lo straordinario risultato di Uno di Noi rappresenta una testimonianza di unità e pacificazione tra i cittadini, di ogni confessione e Paese, in nome della dignità umana e dei diritti dell’uomo”. Casini ha quindi posto l’accento sul “valore ecumenico” dell’iniziativa: “C’è stata un’adesione molto forte da parte di Paesi cristiani ortodossi come la Grecia, Cipro e soprattutto la Romania, oltre che di Paesi protestanti: l’Olanda è stato il primo Paese a presentare la raccolta”. L’Italia, con le sue 600mila firme, guida la classifica staccando la Polonia, seconda a quota 250mila. “È da qui che bisogna ricominciare - ha concluso Casini - per creare un rinnovamento civile e morale su scala europea”.

L’eventuale riscontro positivo da parte dell’Ue alla richiesta in questione non vincolerà gli Stati in materia di temi sensibili. “Le istituzioni europee non possono imporre agli Stati di non liberalizzare l’aborto o di non effettuare ricerche sugli embrioni vivi, ma possono decidere se elargire finanziamenti ad attività che portano alla distruzione dell’uomo anche nella fase embrionale”.

Il rispetto dell’embrione umano è stato già sancito - ricorda il comitato Uno di noi - dalla sentenza del 2011 della Corte europea nota come “sentenza Brüstle”. In quell’occasione i giudici stabilirono la non brevettabilità di cellule umane vive ai fini della ricerca scientifica. La sentenza accolse il principio per cui “sin dalla fase della sua fecondazionequalsiasi ovulo umano deve essere considerato come un embrione umanodal momento che la fecondazione è tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano”.

Pertanto il comitato Uno di noi altro non chiede che le Istituzioni dell’Unione agiscano coerentemente con quanto la Corte ha già riconosciuto. Prima di sapere la risposta di Bruxelles a questa richiesta passerà però ancora qualche mese. Carlo Casini ha spiegato che, una volta consegnate le firme di tutti i Paesi all’Unione europea, bisognerà attendere tre mesi per le ulteriori verifiche e la registrazione della richiesta. Terminata questa fase, la Commissione europea sarà obbligata, entro altri tre mesi, a dare una risposta, la quale dovrà essere preceduta da un’audizione ad alto livello degli organizzatori.

A quel punto, almeno un risultato sarà stato sicuramente ottenuto: l’ingresso del dibattito sul diritto dell’embrione umano - invocato da 2 milioni di cittadini - nell’agenda dell’Unione europea.