Anche Gramsci riconosceva l'importanza del latino

Presentato in Vaticano il primo numero della rivista “Latinitas” della Pontificia Accademia Latinitatis

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E’ stato presentato questa mattina il primo numero della rivista Latinitas della Pontificia Accademia Latinitatis, istituita da Papa Benedetto XVI nel novembre 2012. Nella presentazione ai giornalisti in Sala Stampa vaticana sono intervenuti il cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura (da cui dipende l’Accademia Latinitatis n.d.r.), il presidente prof. Ivano Dionigi, Rettore dell’Università di Bologna, e lo scrittore Valerio Massimo Manfredi.

La creazione e pubblicazione di questa rivista è un ulteriore strumento per raggiungere il vero obiettivo dell’Accademia: promuovere la conoscenza e lo studio della lingua e della letteratura latina e promuovere in tutti gli ambiti professionali l’uso del latino, sia parlato che scritto.

Per spiegare che il latino non è affatto una lingua morta il cardinale Ravasi ha raccontato che su Twitter sono 182.416 i followers di Papa Francesco in latino. Ed ha aggiunto che questa mattina ha scritto un tweet in latino che, solo tre minuti più tardi, era già stato tradotto in italiano. Questo serve ad avvalorare ancora di più la tesi che il latino non è una lingua utilizzata da alcuni intellettuali o dal mondo accademico, ecclesiale o liturgico.

A tal proposito, il porporato ha citato l’intellettuale fondatore del Partito Comunista Italiano Antonio Gramsci, il quale in uno dei suoi Quaderni dal carcere (1932) scriveva: “Non si impara il latino e il greco per parlarli, per fare i camerieri, gli interpreti, i corrispondenti commerciali: si impara per conoscere direttamente la civiltà dei due popoli, quindi il passato, ma presupposto necessario della civiltà moderna, cioè per essere se stessi e conoscere se stessi, consapevolmente”.

Sulla stessa scia, il presidente Dionigi ha ribadito che il latino è una lingua ancora viva, e che anzi esso, “con questo suo senso del tempo, facendo perno sul verbo”, è oggi “un grande antidoto a certo videoanalfabetismo, che si ferma a tutta la pagina della sincronia del presente”. 

D’accordo lo scrittore Manfredi, che ha affermato che il latino non è solo il linguaggio dei Cìceroniani ma, anche il “nostro” perché è nel nostro modo di pensare. Secondo Manfredi il latino è “il software del nostro cervello”, una lingua che è stata l’elemento portante di una civiltà. E se oggi possiamo vantarci di una alfabetizzazione diffusa, di una ricchezza e cura del nostro modo di parlare e di pensare, lo dobbiamo certamente al latino.

Con la nuova rivista “Latinitas” dunque la Pontificia Accademia Latinità lancia una sfida: il latino non è solo espressione della Chiesa, ma una lingua destinata a costruire “ponti con la conoscenza delle Università e del mondo laico, nella coscienza della destinazione culturale comune”. Dopo la sezione dedicata a Papa Francesco, e ai ringraziamenti al Papa Emerito Bendetto XVI, nel primo numero sarà pubblicato un articolo di Dionigi che risponde alle domande: “Latino per chi? Latino perché?”.

La rivista è divisa in diverse sezioni: ‘Historica et Philologica’, ‘Humaniora’, dedicato alla letteratura contemporanea in lingua latina, e ‘Ars docendi’, dove vengono ripresi i problemi che affliggono la dialettica di lingue e culture classiche dall’antichità ai giorni nostri. A completare il volume un’appendice “Vita Notitiae Academiae Slip “, che riassume le principali attività dell’Accademia, sostenuta  dagli “abstracts” delle riviste, saggi e libri e un “indice Universus “.

Il direttore della rivista, Ivano Dionigi, ha precisato inoltre che Latinitas pubblicherà i suoi contenuti non solo in lingua latina, ma anche in francese, italiano, inglese e, in seguito, in tutte le altre lingue, sia quelle nazionali che le lingue parlate. Due copie speciali del primo numero della rivista saranno poi consegnate a Papa Francesco e a Benedetto XVI.

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Rocío Lancho García

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