Sulla sepoltura dei bambini non nati, la legge italiana parla chiaro. In caso di morte endouterina dopo le 28 settimane di gravidanza, infatti, è obbligatorio procedere alla sepoltura, mentre è facoltativo al di sotto di tale età gestazionale. In questo caso, laddove lo desiderino, i genitori possono richiederla entro 24 ore, altrimenti l’ospedale procede con la pratica di quello che viene chiamato ‘smaltimento’.
Eppure, anche all’interno delle Istituzioni, c’è chi ignora o fa finta di ignorare queste norme, finanche arrivando ad offendere e ridicolizzare il dolore dei genitori che hanno perso un figlio durante la gestazione o subito dopo il parto.
È il caso dell’assessore regionale alla Cultura e alle Politiche Giovanili della Regione Lazio, Lidia Ravera. In un recente articolo apparso sull’Huffington Post, la Ravera si è scagliata contro il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, reo – a suo giudizio – di aver annunciato la realizzazione di un cimitero per i bambini non nati nel territorio del suo Comune.
“Matteo Renzi – scrive l’assessore -, in coda alla spettacolare kermesse della Leopolda, forte del suo stile di giovanotto scanzonato, approva, con apposita delibera della sua giunta giovane e bella, un brutto film, vecchio e clericale”.
La Ravera prosegue il suo pezzo definendo il cimitero dei bambini non nati “un diritto di seppellire grumi di materia, chiamandoli bambina e bambino. È uno splatter che ritorna sugli schermi della politica con inquietante regolarità. Il copione è sempre lo stesso: una compassionevole aggressione delle mamme mancate”.
E conclude, dequalificando l’applicazione di questa norma come “una forma di sadismo di stato. Un’ingerenza intollerabile. Oltreché una palese buffonata”.
Non fosse altro che per il cinismo dei toni usati, l’articolo della Ravera ha suscitato una scia di polemiche. Nelle ore immediatamente successive alla sua pubblicazione, una reazione forte è giunta dall’Associazione CiaoLapo Onlus, che si occupa di tutela della gravidanza a rischio e della salute perinatale, fondata nel 2007 da una coppia di medici, Claudia Rivaldi e Alfredo Vannacci, in seguito all’interruzione di gravidanza per morte endouterina del loro secondo figlio, che avrebbero chiamato Lapo.
L’Associazione CiaoLapo ha chiesto al governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, le dimissioni o la revoca di ogni incarico all’assessore Ravera. “Crediamo che qualunque persona civile non possa che essere d’accordo con quanto esposto – scrive l’Associazione -, considerando oltretutto ancora una volta, che si tratta di diritti civili riconosciuti dalle nostre leggi nazionali, come da quelle della quasi totalità dei paesi sviluppati”.
Il passaggio più grave e oltraggioso dell’articolo, prosegue l’Associazione, è quello in cui le donne non abortite vengono definite dalla Ravera “quelle donne che, poiché il corpo ha le sue insondabili leggi, non sono riuscite a portare a termine il loro dovere di animali al servizio della specie”.
La coppia di genitori scrive inoltre che “centinaia di donne”, letto l’articolo della Ravera, si sono rivolte all’Associazione “disperate, piangenti, ingiuriate e scandalizzate”. “Può una donna delle istituzioni insultare le donne colpite da aborto o morte endouterina abbassandole al rango di animali non in grado di portare a termine il loro mero dovere riproduttivo di specie?” si chiedono pertanto Claudia Ravaldi e Alfredo Vannacci.
“Noi pensiamo che un Assessore alla Cultura non possa permettersi di esprimersi in tali termini – proseguono i due genitori – nei confronti di donne che hanno sofferto e stanno soffrendo, le quali, oltretutto, non hanno affatto fallito nel portare a termine alcun ‘compito da animali’, ma sono invece molto spesso semplicemente malate, portatrici di problematiche di tipo medico, spesso trattabili farmacologicamente o con procedure della moderna ostetricia al fine di affrontare quel problema che si chiama in termini medici semplicemente ‘abortività’ e che merita il rispetto dei cittadini e soprattutto delle Istituzioni”.
“In virtù di tutto ciò – si conclude la lettera indirizzata a Zingaretti – è nostro profondo convincimento che l’insulto alle donne malate e lo sberleffo ai genitori in lutto perpetrato attraverso la stampa da parte dalla sig.ra Ravera siano incompatibili con l’alto ufficio da lei ricoperto e pertanto Le consigliamo di chiederne le immediate dimissioni o, in assenza di queste, revocarle ogni incarico”.