Su via Caio Cestio, tra il rione Testaccio e l’egizia Piramide, le chiome dei cipressi sferzate dal vento catturano l’attenzione dei passanti. Il loro movimento sembra voler indicare l’iscrizione “Resurrecturis”, che sormonta un ampio e massiccio ingresso. Se varcato, esso conduce in quella che appare tutt’oggi un’«oasi romantica nella città barocca e classica, un rural cemetery in miniatura». È proprio così che lo storico e filosofo francese Philippe Ariès definì il Cimitero acattolico di Roma, conosciuto anche come cimitero inglese o protestante, oppure, più di recente, come cimitero degli artisti e dei poeti.
La sua storia affonda le radici in un tempo in cui, a Roma, il potere spirituale e quello temporale coincidevano. Radici che legano la Città Eterna alla Gloriosa Rivoluzione, avvenuta in Inghilterra e Scozia nel XVII secolo. Gli esiti di quel conflitto tutto incentrato sul trono inglese, infatti, presentarono al papato un intricato dilemma. Ossia, come comportarsi con quegli uomini che, fedeli al destituito re cattolico Giacomo II Stuart, erano tuttavia di confessione protestante? Che tipo di sepoltura riservare a questi eretici, esiliati da Londra e spesso rifugiati nei Paesi cattolici?
La risposta seppe darla papa Clemente XI nel 1716, quando uno di loro, tale dottor Arthur, medico protestante di Edimburgo, morì mentre era a Roma. Or dunque il Papa, interpellato dagli amici del medico che ne chiedevano una sepoltura cristiana, mise a disposizione un terreno inutilizzato situato al confine meridionale della città, a ridosso delle Mura Aureliane. Iniziò da lì, da quel gesto di accoglienza degno della tradizione di Roma, la storia del cimitero acattolico.
Nei primi anni, gli stranieri che vi trovarono sepoltura furono esclusivamente protestanti, sovente giovani studenti morti durante il loro consueto viaggio culturale in Italia. Ma con il tempo, come spiega a ZENIT l’attuale direttrice, l’inglese Amanda Thursfield, «essendo cambiata la popolazione della città di Roma, vennero seppellite persone di nazionalità e religioni diverse». E basta farsi una passeggiata al suo interno per constatarlo: lo sguardo viene catturato dalla varietà di croci (talvolta celtiche) e icone bizantine, lapidi prive di riferimenti religiosi e quelle con simboli di varia natura, massonici o più semplicemente “laici”.
Lungo questo percorso tra tombe e gradevoli fiori, si snoda un filo rosso di «storie bellissime e commoventi». Spesso celebri, come quelle dei poeti romantici inglesi John Keats e Percy Shelley, o degli italiani Antonio Gramsci e Carlo Emilio Gadda. Chiediamo alla gentile direttrice di raccontarcene allora qualcuna meno nota e lei non si fa pregare. «Per esempio la storia di Rosa Bathurst, giovane donna inglese annegata nel Tevere dopo essere caduta da un cavallo. E ancora, quella di Maria Cernysceva, nobildonna russa che ha lasciata la sua casa di via Palestro in eredità alla Chiesa Ortodossa Russa, morta nel 1919 e sepolta con la sua sempre fedele serva».
Sebbene sia considerato soprattutto un sito storico, nel cimitero vengono ancora eseguite delle sepolture. «Tra le 18 e le 20 all’anno», ci spiega la direttrice. «Per prendere una concessione bisogna che il defunto sia di nazionalità straniera – prosegue – che sia residente in Italia e che non sia cattolico». Tra le circa 4mila presenti, si trovano tuttavia anche tombe di italiani, giacché è regola del cimitero che affianco a un defunto possano essere sepolti anche i suoi parenti di primo grado. È così che «molti italiani cattolici, in quanto sposati con stranieri di diversa confessione, sono sepolti qui».
Chiediamo poi di svelarci qual è il rapporto che intercorre tra questo luogo e la città che lo ospita, culla del cattolicesimo. Ebbene, la signora Thursfield non lesina a questo punto una critica nei confronti di «certi giornalisti» – i quali hanno contribuito a dipingere un’immagine di avversione da parte delle autorità pontificie verso il Cimitero acattolico. «Un libro sulla storia di questo luogo che uscirà nel 2014 – ci anticipa – ribadisce e documenta che esso esiste grazie all’approvazione della Chiesa cattolica».
Così come la Chiesa, anche la cittadinanza di Roma ha sempre onorato questo cimitero con rispetto, oltre a riservargli un grande interesse culturale. Lo dimostrano i molti romani – «soprattutto, ma non solo, quelli di Testaccio» – che scelgono di visitarlo, di apprezzare questo «giardino verde e fiorito in mezzo al traffico di una zona che è oggi quasi al centro della città».
Oggi la Chiesa cattolica commemora i defunti. E gli acattolici non fanno eccezione. La direttrice lo sa bene: «Ci siamo preparati con personale, giardinieri e volontari per una grande affluenza di concessionari e visitatori».