Un papa francescano e la canonizzazione della beata Angela da Foligno

Il francescanesimo non ha solo una dimensione maschile, ma la sua bellezza è proprio la complementarietà di uomo e donna

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La visita del 4 ottobre ad Assisi ha diversi aspetti che solo se considerati nel complesso permettono di coglierne tutta la portata. Quindi è bene non ridurre tale viaggio papale unicamente al pellegrinaggio ai luoghi di san Francesco: infatti il francescanesimo non ha solo una dimensione maschile, ma la sua bellezza è proprio la complementarietà di uomo e donna. E la dimensione femminile non si limita a santa Chiara –  emersa ancora di più dopo la recente pubblicazione delle Fonti Clariane – ma vi sono diverse altre donne, tra le quali emerge la beata Angela da Foligno, per la cui canonizzazione fece molto un papa francescano, Clemente XIV, ossia il frate minore Lorenzo Garganelli che compose l’ufficio liturgico della penitente folignate.

L’ufficio liturgico della beata Angela, composto e promulgato tra il 1766 e il 1769, segna il termine per il lungo itinerario del riconoscimento ufficiale del culto della Folignate sotto gli aspetti giuridico-liturgico e teologico-agiografico, stabilito da Lorenzo Ganganeli alla vigilia della sua elezione pontificia.

La concessione dell’ufficio proprio, da un lato, preceduto dalla ricognizione canonica delle reliquie voluta dallo stesso cardinale nel 1763, è l’atto formale per cui il culto della beata Angela fu giuridicamente riconosciuto dalla Sacra Congregazione dei Riti, dopo le parziali concessioni ottenute dal Terz’Ordine (1547), dall’Ordine francescano nel suo insieme (1693) e dalla Chiesa di Foligno (1701-1709), non senza riserve e perplessità, soprattutto nella fase folignate. Questi tre atti, che intendono confermare l’ininterrotta fama sanctitatis della beata Angela presso i destinatari, mai però avevano assolto alle condizioni poste da Urbano VIII alla legittimazione del culto, avendo sempre supposto una beatificazione di fatto ab immemorabili.  

L’uso personale e selettivo che Ganganelli ha fatto delle fonti biografiche della beata Angela, il riposizionamento strategico dei momenti della sua esperienza spirituale, la puntualizzazione della natura della stessa esperienza tramite la centralità della “virtù eroica”, la cancellazione radicale di ogni riferimento ad eventi mistici straordinari e al Liber, il reinserimento nell’ambito tradizionale e sicuro delle penitenti francescane attestano la volontà dell’autore di stabilire un’immagine teologicamente e agiograficamente corretta di una donna in realtà sconcertante.

L’esperienza di Angela, dunque, nata dalla liturgia, dopo aver subito interpretazioni, adattamenti, revisioni secondo i diversi fini dell’interesse da essa suscitato, ricevette dalla liturgia la sua definitiva – così intendeva essere l’intervento di Ganganelli – “canonizzazione”, attraverso la riconduzione al pettine di tutti i nodi lasciati dal singolare percorso del Liber attraverso quattrocentocinquant’anni di storia della spiritualità europea.

p. Fabio Furiasse, ofmCap

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ZENIT Staff

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