Riportiamo di seguito il saluto introduttivo del Rettore dell’Università Lateranense, monsignor Enrico dal Covolo, alle Giornate di Studio “A Poor People of God for the Poor in the World? The Challenge of Pope Francis” della “Cattedra per la teologia del Popolo di Dio”, in programma dal 30 settembre al 3 ottobre presso l’ateneo pontificio.
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Saluto cordialmente tutti i presenti, ma in modo speciale i benemeriti Responsabili della “Cattedra per la Teologia del Popolo di Dio”.
A nome della Pontificia Università Lateranense, desidero rinnovare la riconoscenza e il sincero apprezzamento per le iniziative che la “Cattedra” continua ad assumere, con metodo e contenuti degni di lode.
Cominciamo insieme il cammino del nuovo anno accademico 2013-2014.
Il mio non vuole essere un semplice saluto. Desidero invece entrare, sia pure in modo soft, nel tema delle nostre riflessioni sulla povertà e la ricchezza, sui poveri e sui ricchi nel santo Popolo di Dio. E lo faccio nello stile caratteristico del Papa Francesco: breve, e non troppo pesante.
Ieri nelle nostre chiese abbiamo ascoltato una delle parabole più famose di Gesù: la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro.
Questa parabola ci mette in guardia dal rischio delle ricchezze. Sì, perché – lo sappiamo bene – la ricchezza comporta un grave rischio: può fasciare il cuore, e renderlo incapace di ascoltare l’altro. Questo capita quando uno si lega troppo alle cose, al danaro, al potere, al successo…
Così il ricco, che banchetta tutto il giorno (perché questo significa “epulone”), il ricco neppure s’accorge del poveraccio che sta alla porta della sua casa; e non crede in Dio e in Gesù Cristo, neppure se questi dovesse risorgere dai morti.
I Padri della Chiesa – in particolare Clemente Alessandrino – usavano un’immagine molto efficace: dicevano che la ricchezza è come una serpe. Nell’antichità era diffusa la convinzione che la serpe non potesse mordere, quando veniva presa per la coda. Ecco: la ricchezza va presa per la coda, e così non può mordere. E’ scongiurata in questo modo la passione sciagurata dell’accumulo.
Ma come si fa a prendere la ricchezza per la coda? Con la condivisione, con l’elemosina, con la solidarietà.
La letteratura cristiana è piena di testi che cercano di rispondere a questo interrogativo: “Quale ricco si salverà?”. Perché è più facile a un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che ad un ricco entrare nel regno dei cieli… Ebbene, la risposta è proprio questa: il ricco si salverà attraverso la condivisione. Questo significa “prendere la ricchezza per la coda”.
Quanto siano importanti il gusto della condivisione e il sano distacco dal possesso, lo dice bene un fioretto di san Francesco.
Un novizio gli domandò una volta il permesso di acquistare un crocifisso tutto per sé. Ma il santo gli negò il permesso. “Non userò il denaro della comunità”, promise il novizio: “Lavorerò e guadagnerò abbastanza per pagarlo…”.
Ma il santo rifiutò ancora.
“Che male ci può essere nel possedere un crocifisso? In fondo, non chiedo né oro, né vestiti preziosi…”, insistette ancora il giovane.
Francesco sorrise paziente, e rispose: “Quando avrai un crocifisso tutto tuo, tu vorrai avere una bibbia tutta tua, e poi un breviario tutto tuo. Allora ti sentirai un alto prelato e, seduto sulla sedia, dirai al tuo confratello: ‘Su, va’ a prendere il mio breviario…’”.
Auguro a tutti voi – a cominciare dall’infaticabile mons. Buckenmaier, che coordina l’attività della Cattedra – quattro giornate ricche della povertà feconda del santo Popolo di Dio.
+ Enrico dal Covolo