Nato in Istria il 13 maggio 1920, già da bambino Miroslav Bulešić fu educato alla fede cristiana dal libro di preghiera Oče, budi volja tvoja (Padre, sia fatta la tua volontà), che il vescovo Juraj Dobrila aveva composto per i fedeli croati nel secolo XIX.
Era studente della Pontifica Università Gregoriana a Roma quando nel 1942 partecipò nella basilica di San Pietro, alla consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria fatta da papa Pio XII.
Ordinato sacerdote l’11 aprile 1943 nella chiesa parrocchiale di Svetvinčenat. scelse Come motto per la sua vita sacerdotale “Venga il Tuo regno! Sia fatta la Tua volonta!”.
Nel bel mezzo della seconda Guerra mondiale si prodigò senza risparmiarsi per tutti quelli che avevano bisogno. Nel mese di maggio del 1944 scrisse al rev. Ivan Pavić: “Tra il popolo afflitto e sanguinante noi dobbiamo essere come il buon Samaritano: consolare, curare, sollevare, fasciare ogni ferita…”.
In un mondo dove l’odio e la guerra mieteva vittime ogni giorno, la carità di don Bulešić non faceva distinzioni tra partigiani e militari: “Io sono un sacerdote cattolico – ha scritto – ed amministro i santi sacramenti a tutti coloro che me li richiederanno: ai Croati, ai Tedeschi, agli Italiani”.
Per questo suo modo di fare cominciò a subire minacce. A chi gli diceva di stare attento, il giovane sacerdote nel suo diario personale appuntò: “Desidero morire soltanto per la gloria di Dio e per la salvezza dell’anima mia e delle anime dei miei fedeli”.
Ai propri nemici e persecutori mandò questo messaggio: “La mia vendetta è il perdono”.
Nel corso dell’omelia nel giorno di Natale 1944 il sacerdote croato: “Non ho paura di nulla perche so di fare in tutto il mio dovere, e sono tranquillo di fronte a Dio e di fronte agli uomini. Sappiate che io conserverò sempre la mia fede e la mia onestà, che non tradirò per nessuna cosa al mondo; senza paura dirò a ciascuno quello che e giusto. Mi atterrò sempre a questi principi che sono i principi di Cristo. La sua strada sarà anche la mia strada”.
Superò i tranelli e le calunnie, praticando la carità e l’amore per i bisognosi.
Nel giugno 1946 ha scritto nel libro degli Avvisi parrocchiali: “Da me può venire chiunque, senza alcun riguardo, per tutto quello in cui sapete che potrei aiutarvi. Il povero non abbia paura di varcare la mia soglia. Fino a che io avrò qualche cosa, l’avrà anche lui. Io ho sempre amato i poveri, li amo e li amerò e li aiuterò secondo le mie possibilità”.
Quando i rischi stavano crescendo, uno dei suoi parenti, preoccupato, lo consigliò a rifugiarsi in Italia, ma Bulešić gli rispose: “In Italia ci sono sacerdoti a sufficienza. Qui bisogna rimanere”. Il parente replicò: “E se qui ti uccidono?”. “Se mi uccidono, mi uccideranno per Dio e per la fede“.
Erano tempi durissimi: il vescovo di Parenzo e Pola, Raffaele Radossi abbandonò l’Istria, il vescovo di Trieste e Capodistria Antonio Santin veniva pesantemente minacciato, l’arcivescovo di Zagabria Alojzije Stepinac era in prigione e Bulešić, rischiava la vita.
Nel mese di agosto del 1947 Miroslav Bulešić, accompagnò il delegato della Santa Sede, mons. Jakob Ukmar per l’amministrazione della cresima a Buzet e nelle parrocchie circostanti.
Sabato 23 agosto 1947, quando i comunisti, infuriati, irruppero nella chiesa per impedire la cresima, Bulešić si mise davanti al tabernacolo per difendere il Santissimo Sacramento.
Stando sulla predella dell’altare, rivolto verso quelli che avevano invaso il presbiterio, disse: “Di qui potrete passare soltanto oltre me morto”.
Ha scritto il dr. Ukmar, nella sua relazione ufficiale inviata alla Curia Vescovile di Trieste il 12 novembre 1947: “Terminata la cresima in chiesa e la messa che celebro il rev. Miroslav Bulešić, ci siamo avviati nella casa parrocchiale. Dopo un quarto d’ora, quando sono stati cresimati anche quelli che erano venuti più tardi – erano circa le undici – gli aggressori sono entrati nella casa ed hanno ucciso con un coltello il rev. Bulešić che si trovava vicino alla porta”.
“Io in persona sono uscito dall’ufficio parrocchiale nell’atrio e l’ho visto che giaceva morto, per terra, fra i malfattori che avevano occupato la casa; mi sono ritirato nella camera da letto, dove, poco dopo, sono stato gravemente malmenato e rimasi a giacere sul pavimento nel proprio sangue. Pensando che fossi morto, mi lasciarono, cercando il parroco, ma non lo trovarono perche si era nascosto. Sono rimasto svenuto per venti ore”.
“La morte di Bulešić fu provocata da alcune trafitture di coltello alla gola ed il suo sangue macchiò il muro dell’atrio dell’ufficio parrocchiale. Secondo le dichiarazioni di testimoni oculari, Bulešić, sentendosi morire proferiva l’invocazione: “O Gesù, accogli l’anima mia!“
Nell’autunno 1947 il nunzio apostolico in Jugoslavija, Joseph Hurley ricordò don Bulešić ai superiori del Seminario di Pazin, dicendo: “Con la morte di questo giovane sacerdote voi avete ricevuto più di quanto avete perduto, perche avete ricevuto un santo, un martire”.
Il cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per la cause de Santi, ha concluso la cerimonia a Pola affermando: “La beatificazione odierna del nostro sacerdote e martire vuole essere un invito a tutti a rimanere saldi nella fede. È, inoltre, un monito a non ripetere mai più il gesto tragico di Caino, ma a vivere nella pace, nella fraternità e nella carità, secondo la parola di Gesù che dice: ‘Questo vi comando amatevi gli uni gli altri’”.
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Tutte le informazioni sulla vita del beato Miroslav Bulešić si trovano al link http://miroslavbulesic.hr/