Si è aperto ieri mattina con il saluto del presidente dell’Istituto Paolo VI don Angelo Maffeis, e le parole introduttive di benvenuto ai partecipanti del vescovo di Brescia mons. Luciano Monari e del card. Paul Poupard, il XII Colloquio internazionale di studio dell’Istituto Paolo VI a Concesio (Brescia). I lavori del Colloquio, che proseguiranno fino a domenica, sono incentrati sul tema “Il Concilio e Paolo VI a cinquant’anni dal Vaticano II” e, se non è la prima volta che l’Istituto si confronta proficuamente con il periodo conciliare, è però la prima senza il suo storico e carismatico presidente dottor Giuseppe Camadini, spentosi nel luglio dello scorso anno, da quando nel 1980 ha preso avvio la feconda e vivace stagione dei Colloqui internazionali di studio dell’Istituto montiniano.
Senza la sua dedizione – ha ricordato con gratitudine don Maffeis – e il suo impegno, «l’Istituto non avrebbe conosciuto lo sviluppo che ha avuto e non avrebbe potuto guadagnare la stima di cui oggi gode ben al di là dell’ambito locale e degli stessi confini italiani. La passione del dottor Camadini nel custodire la memoria di Paolo VI, la capacità di far collaborare persone e sensibilità diverse nella definizione dei progetti editoriali e di ricerca dell’Istituto e l’efficace determinazione nell’assicurare condizioni perché le sue molteplici attività potessero disporre di sedi e mezzi adeguati hanno infatti dato forma all’Istituto Paolo VI e gli hanno conferito una fisionomia nitida, riconoscibile e apprezzata da molti».
La ricorrenza del cinquantesimo anniversario di elezione di Montini e le numerose occasioni in cui è stato studiato il Vaticano II, hanno portato l’Istituto nuovamente sulle tematiche conciliari, questa volta però secondo un approccio epistemologico e una più scrupolosa attenzione al quadro storiografico che si è andato via via elaborando in mezzo secolo. All’interno di questo quadro si sono mossi gli interventi del gesuita Michael Paul Gallagher, The Style of Paul VI and the Style of Vatican II, dedicato alla novità dello “stile” e dei gesti montiniani propri della sua personalità e rintracciabili già negli anni precedenti al pontificato, dove l’apertura verso la cultura contemporanea e la volontà di dialogare con tutti rappresentano un modo innovativo di vivere la Chiesa e di incarnare il messaggio evangelico.
Non meno dinamico il rapporto tra Paolo VI e la Curia romana, oggetto dell’intervento di Evelyne Maurice, che si dipana per gran parte della vita di Giovanni Battista Montini e che da pontefice lo vede impegnato a rinnovarne l’operatività e la struttura, mentre Philippe Levillain esamina le scelte del Conclave e in rapporto a quelle di Paolo VI, evidenziando come raramente, a detta dell’ambasciatore René Brouillet, «un pontificato sia iniziato in condizioni così ingrate» e «le chiavi di San Pietro siano state pesanti». Problematicità messa molto ben in luce da Philippe Chenaux a proposito della riorganizzazione dei lavori conciliari da parte di papa Montini e della sua scrupolosa sorveglianza sulla loro positiva conclusione.
«Molto si è stato scritto e tanto rimane da scoprire sull’argomento complesso del Concilio Vaticano II», ha osservato il card. Poupard, ma più di tutte restano valide le parole dello stesso Montini che, nel preambolo dell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, riassumeva così il senso del Concilio: «rendere la Chiesa del XX secolo ancora più atta ad annunciare il Vangelo all’umanità» del tempo presente.