Dal mito mitraico all'anello di San Michele

La festa celebrata da secoli a Narni mira alla riscoperta dei miti e delle tradizioni dell’equinozio d’autunno

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Tra il 20 e il 23 settembre, nell’antico borgo di Narni, si svolgerà la celebre manifestazione denominata L’anello di san Michele, che mira alla riscoperta dei miti e delle tradizioni legate agli antichi guerrieri e al mondo rurale, in onore di san Michele, considerato guerriero e protettore della transumanza.

In questi giorni, nelle piazze del centro storico, allestito come un vero e proprio accampamento militare medievale, si assisterà ad uno spettacolare torneo di scherma storica, mentre decine di stand, disposti per le vie e i vicoli del centro storico, racconteranno le vicende del passato esponendo antiche armi e prodotti tipici della terra di Puglia.

L’aspetto più interessante della festa, dal punto di vista folkloristico ed etno-antropologico, riguarda il banchetto medievale, che riprende la leggenda mitraica del banchetto sacro, sopravissuto nel cristianesimo come forma di banchetto fraterno al termine della messa, chiamato Agape, dove le portate sono sette, come i gradi di iniziazione mitraica, ed ogni pietanza fa esplicito riferimento alla simbologia di Mitra e di San Michele.

Il mithraismo è un’antica religione iniziatico-misterica, diffusasi e sviluppatasi nell’area del mediterraneo orientale tra il II e il I secolo a.C. Gli adoratori del dio pagano Meithras usavano riunirsi nel mitreo, un luogo solitamente oscuro, ricavato all’interno di cavità naturali, oppure in edifici adattati a caverna. Le scoperte archeologiche rilevarono che all’interno di questi templi veniva continuamente rappresentata la tauroctonia, ossia, l’uccisione del toro sacro da parte del dio pagano.

Secondo la ricostruzione dell’archeologo belga Franz Cumont, Mitra, su suggerimento del Sole, catturò il toro sacro e l’uccise piantandogli un coltello nel fianco; il mito vuole che dal corpo del toro nascessero le piante benefiche per l’uomo (dal midollo il grano e dal sangue la vite), comprese tutte le specie animali e che, per suggellare la vittoria, Mitra ed il sole banchettarono assieme mangiando le carni dell’animale.

Secondo lo studioso tedesco K. B. Stark il culto di Mitra sarebbe stato praticato, e da lì si sarebbe diffuso, all’interno della cerchia degli stoici di Tarso, i quali consideravano tale divinità come il motore in grado di produrre la rotazione dell’asse terrestre, quel fenomeno meglio conosciuto come precessione celeste, interpretando così la tauroctonia come una mappa celeste.

Un interessante studio realizzato da Gianfranco Infante fa notare che Tarso era anche la patria dell’apostolo Paolo, che fu uno strenuo avversario del paganesimo e delle pratiche magiche; egli infatti affermava la presenza di demoni nei sacrifici e rituali pagani e metteva in guardia dagli inganni del demonio che, spesso e volentieri, usa mascherarsi da “angelo di luce” e Mitra, non a caso, nell’antichità, era considerato portatore di luce (lucifero) ed i rituali a lui connessi dei tentativi di raggiungere la comunione con lui, considerato “lo spirito dell’aria”, legato necessariamente al sole che Ermete Trimegisto, nei suoi scritti, descrive come “covo” di demoni.

L’entrata in scena del Cristianesimo segna l’inizio di una coraggiosa battaglia contro la mentalità magica del tempo, che rendeva l’uomo schiavo della superstizione, privandolo di qualsiasi tipo di libertà; il destino dell’uomo, a quel tempo, era legato inesorabilmente al volere degli astri interpretati esclusivamente da oracoli, indovini e maghi.

La società antica, come sottolinea Francesco Agnoli, era “un mondo dominato dalla paura degli spiriti e dall’animismo, sempre oppressivo, allora come oggi, della dignità umana”, dove astrologia, magia nera e stregoneria dominavano imperanti assieme al terrore. Combattere il paganesimo significava combattere i sacrifici rituali praticati da sempre dalle religioni pagane, le cui vittime, spesso e volentieri, erano donne, bambini e neonati.

Il cristianesimo, dunque, lottò contro tutto questo e quando principi e regnanti, convertiti al cristianesimo, imponevano leggi e divieti, che ad oggi con la nostra concezione di democrazia possono sembrare assurdi, lo fecero perché si resero conto dei gravi danni sociali provocati dal paganesimo. In tal senso l’imperatore Teodosio, con i suoi 3 decreti emanati tra il 391 e il 392, proibì i culti pagani ed in questo panorama il dio Mitra, con il passare del tempo, fu cancellato e sostituito da San Michele. L’Arcangelo, infatti, nel medioevo era considerato come colui che governava lo scorrere del tempo con il ciclo degli equinozi (non è un caso che “l’anello di san Michele” cada proprio in concomitanza dell’equinozio d’autunno).

Don Marcello Stanzione, in un suo studio, ci fa notare come il culto di san Michele, che in Occidente gode di una tradizione secolare, sia legato sopratutto alla grotta, che nella teologia cristiana è da sempre messa in relazione al mistero della presenza divina (essendo il luogo natale, la tomba e la manifestazione di Cristo); l’Arcangelo, poi, nella tradizione cristiana è considerato come l’angelo esorcista che scaccia i demoni dalle grotte dove c’era il culto idolatrico di Mitra e di altri falsi “dei” pagani.

È sempre San Michele, principe e comandante delle milizie celesti, a scaraventare sulla terra Satana e gli angeli ribelli e, proprio in virtù di questo, assieme a San Giorgio, è considerato il guerriero per antonomasia, protettore dei cristiani e della Chiesa, simbolo della lotta del bene contro il male, portatore della luce della conoscenza ed emblema di giustizia (motivo per cui nell’iconografia orientale viene spesso raffigurato con una bilancia al posto della spada, o con entrambe).

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Pietro Barbini

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