La relazione annuale sull’applicazione della legge 194 è un passaggio importante per il Paese, per non dimenticare il dramma di tante vite spezzate, e di tante donne che scelgono di arrendersi – o sono costrette da indifferenza, egoismo, condizioni sociali ed economiche avverse – davanti all’accoglienza di una nuova vita. Nella relazione 2013 appena pubblicata permangono comunque zone d’ombra non indifferenti, come ad esempio l’assenza di un’analisi dei rapporti tra le istituzioni pubbliche e il volontariato. Ma bisogna anche dare atto al ministro Lorenzin che questa volta non mancano alcune riflessioni e aperture positive, soprattutto su due temi cruciali: ruolo e identità dei consultori familiari, presenza e ruolo dei medici obiettori.
Sui consultori in particolare, malgrado vengano comunque indicati come centri in cui deve essere eseguita la prenotazione degli esami pre-IVG, essi vengono anche definiti “servizi primari di prevenzione del fenomeno abortivo” recuperandone così una vocazione sociale e di tipo preventivo, che apparteneva allo spirito e al dettato della legge 194, ma che è spesso dimenticata nella prassi. Il ministro auspica infatti che i consultori debbano assicurare “uno o più colloqui con membri di una équipe professionalmente qualificata al momento della richiesta del documento, per valutare le cause che inducono la donna all’IVG e la possibilità” di un “loro superamento, sostenendo le maternità difficili e la promozione dell’informazione sul diritto a partorire in anonimato, nonché su tutta la legislazione a tutela della maternità. Va sottolineato che i consultori familiari sono i servizi di gran lunga più competenti nell’attivazione di reti di sostegno per la maternità, in collaborazione con i servizi sociali dei comuni e con il privato sociale”. Sostegno quindi, per accompagnare alla maternità, e non solo “libera certificazione all’aborto”.
Anche sul tema “caldo” dell’obiezione di coscienza, ultimamente sollevato più volte in alcune Regioni con affermazioni pretestuose e scarsamente fondate, arriva dal ministero una parola chiara: “I numeri complessivi del personale non obiettore appaiono congrui al numero complessivo degli interventi di IVG. Eventuali difficoltà sembrano quindi dovute a una distribuzione inadeguata del personale fra le strutture sanitarie all’interno di ciascuna Regione”. Una risposta definitiva ai ricorsi – più ideologici che sindacali – presentati in sede europea contro il diritto-dovere dell’obiezione di coscienza per i medici, valore deontologico che va riconosciuto e protetto, anche a favore della verità dell’alleanza medico-paziente, contro ogni deriva ideologica.