Alla luce del sole

Domani in tivù il film che racconta il grande amore di don Puglisi per la sua gente, fino all’estremo sacrificio. Manca una visione trascendente

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In onda martedì 17 settembre 2013, alle ore 21.15, sul canale RAIMOVIE

Don Giuseppe Puglisi viene nominato parroco nel quartiere Brancaccio di Palermo nel ’90. Tre anni dopo veniva ucciso, in pieno giorno, dalla mafia locale. Sacerdote in missione nello stesso quartiere dove aveva passato la giovinezza, conosceva bene la gente che l’abitava, le loro aspirazioni ma anche le loro paure: “Sono qui per aiutare la gente per bene a camminare a testa alta” aveva detto. Aveva iniziato  a raccogliere i  più giovani intorno alla parrocchia togliendoli dalla strada, aveva organizzato una raccolta di firme per riuscire ad ottenere la costruzione di una scuola media. Ma ormai stava dando troppo fastidio…

I ragazzi portano una scatola di cartone ad un brutto ceffo che domanda: “quanti sono?” “Venti” rispondono. Ricevuto il compenso per la loro raccolta, i ragazzi prendono i venti gatti e li fanno cadere dentro le gabbie dei pitbull, per mantenere alta la loro aggressività. Quando poi avviene il combattimento clandestino ed uno dei cani finisce per soccombere in mezzo alla folla sbraitante degli scommettitori, tocca  ancora  ai ragazzi trasportarlo via  sanguinante ma ancora vivo e lanciarlo dentro una discarica.

Con questo incipit scioccante il regista/sceneggiatore Faenza vuol farci toccare con mano il degrado umano a cui si è giunti nel quartiere palermitano del Brancaccio e come i ragazzi vivano di lavoretti che la mafia procura loro.

Don Puglisi, il nuovo “parrino” della parrocchia di  Sant’Agata, vuole puntare proprio sui bambini e sugli adolescenti: forse con loro si è ancora in tempo, anche se a quell’età molti sono stati  già addestrati a rubare e alcune ragazze si prostituiscono. Don Pino li fa giocare nel campetto di calcio che ha allestito nella parrocchia, con tanto di arbitro, non solo per toglierli dalla strada ma anche per costruire intorno a  loro una piccola comunità dove le regole siano la lealtà ed il rispetto reciproco, diverse da quelle del sopruso e dell’arroganza del più forte, che forse hanno appreso all’interno della loro stessa famiglia.

Il film di Faenza pone  bene in risalto la valenza  economica del “sistema” mafioso: nel quartiere tutti, dagli adulti ai ragazzi vivono perché vengono retribuiti dalla delinquenza con lavoretti piccoli e grandi; il quartiere manca di una  scuola media, il prelievo della spazzatura è assente assieme ad altri servizi essenziali: tutto questo è voluto perché lo Stato non deve far sentire la sua presenza in un territorio che non gli “appartiene”. Luca Zingaretti è molto bravo nel presentarci l’umanità calda di don Puglisi, che lascia sempre la porta dell’oratorio e del suo ufficio a chi viene da lui senza malizia: ragazzi sbandati, prostitute, delinquenti comuni. Tutti accoglie  senza nulla chiedere. Aiutato da tre suore  e un diacono, la parrocchia diventa un’oasi di spensieratezza per i più piccoli, un momento di riflessione per gli adolescenti ed un comitato di rivendicazioni  civili per i più grandi.

La mafia, messa alle strette dal pentitismo, avvia il periodo delle stragi. Nel 1992 è la volta dei giudici Falcone e Borsellino ma  è tempo ormai di pensare anche al prete scomodo.

Non c’è niente di più chiaramente annunciato che la morte per mafia. Tutto avviene in modo graduale e prevedibile: prima le minacce, gli incendi dolosi ed anche un pestaggio ad opera di uomini mascherati. Gli abitanti del Brancaccio  conoscono bene il significato di queste sinistre avvisaglie e tornano alle regole di sempre: inizia l’isolamento progressivo del parroco e la chiesa, una volta gremita di gente durante le funzioni  festive, ora è completamente vuota.

Quando una mattina, tornando a casa, viene circondato dai suoi uccisori che stanno ancora cercando di simulare una rapina, don Puglisi  dice loro: “Vi stavo aspettando” quasi con un sorriso.

Il film ha il calore di una forte denuncia civile, ma pur raccontando la storia di un sacerdote morto martire, di tre suore e di un diacono, non si parla mai di Dio, e manca di una visione trascendente, anche se vediamo don Puglisi nelle sue funzioni sacerdotali del celebrare la messa e confessare.

Don Pino ha umanamente paura dopo le prime minacce e si chiude in bagno a piangere da solo ma non lo vediamo mai nell’atteggiamento di chi invoca conforto nella preghiera. Quando don Pino chiede a suor Carolina (la brava e intensa Alessia Goria) il perché della sua decisione di diventare  suora, lei risponde che suo desiderio è sempre stato quello di fare diventare realtà le belle favole che aveva appreso  da piccola. Non c’ è nessun accenno alla sua vocazione per amore di Dio.  In una sequenza,  Don Puglisi appare in aula assieme ad un gruppo di adolescenti: suo intento è quello di insegnar loro a ragionare con la propria testa, leggendo quotidiani di orientamento diverso. Non c’è nessun accenno al fatto che in quelle stesse aule il sacerdote organizzava corsi di teologia di base. La scelta infine di festeggiare il patrono del quartiere senza costosi fuochi d’artificio, è visto come un contrasto con i boss locali, più che la volontà del parroco di riportare la festa al suo originale significato liturgico.

Un’altra posizione opinabile del film è il far intendere che l’uccisione di don Puglisi sia stata quasi l’alzata di testa del piccolo mafioso locale, e non un disegno più ampio della “cupola” nei suoi rapporti con la Chiesa. Nel film si fa riferimento alle bombe 1992 ma manca qualsiasi accenno al discorso del Papa  il 9 maggio 1993, ad Agrigento, al suo coraggioso appello alla mafia: “Nel nome di Cristo […], mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!”. Possiamo facilmente comprendere che eco avranno avuto queste parole nell’animo di don Puglisi in quei momenti, così come le bombe scoppiate subito dopo davanti alla basilica di San Giovanni in Laterano e alla chiesa di San Giorgio al Velabro.

Di tutti questi eventi non c’è traccia nel film.

Indubbiamente andrà scritto un altro film sulle motivazioni interiori, sulla forte spiritualità che hanno consentito a don Puglisi di trovare il coraggio del martirio.

I risultati del suo sacrificio arrivarono: Salvatore Grigoli, il suo uccisore, arrestato nel ’97, pluriomicida, ricorda sempre con commozione la figura del sacerdote e collabora attivamente con la giustizia e quando nel 2000 il presidente Ciampi andò a visitare il quartiere Brancaccio per onorare la sua memoria, poté inaugurare, finalmente, la scuola media del quartiere Brancaccio.

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Titolo Originale: Alla luce del sole
Paese: Italia
Anno: 2004
Regia: Roberto Faenza
Sceneggiatura: Roberto Faenza, Lucrezia Martel, Gianni Arduini, Giacomo Maia, Dino Gentili, Filippo Gentili, Cristiana del Bello
Produzione: Elda Ferri per Jean Vigo Italia
Durata: 89′
Interpreti: Luca Zingaretti, Alessia Goria, Francesco Foti

Per ogni approfondimento: http://www.familycinematv.it/

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Franco Olearo

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