Esiste l'anima? (Seconda parte)

L’uomo è un animale

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“[…] un cavallo o un cane adulti sono senza paragone animali più razionali, e più comunicativi, di un bambino di un giorno, o di una settimana, o persino di un mese”.

Queste affermazioni di Jeremy Bentham, padre fondatore dell’utilitarismo moderno, sono contenute in An Introduction to the Principles of Morals and Legislation del 1789 e sono citate in gran parte delle pubblicazioni degli animalisti[i], i quali, come noto, dicono che non esistono differenze qualitative tra gli animali e gli esseri umani e accusano di “specismo” coloro che affermano la superiorità dei secondi nei confronti dei primi.

L’ideologia animalista sostiene che lo specismo, secondo il quale gli uomini valgono più degli animali, è analogo al razzismo.

Scrive in proposito Singer: 

“Il razzista viola il principio di uguaglianza attribuendo maggior peso agli interessi dei membri della sua razza qualora si verifichi un conflitto tra gli interessi di questi ultimi  e  quelli dei membri di un’altra razza. Il sessista viola il principio di uguglianza favorendo gli interessi del proprio sesso. Analogamente lo specista permette che gli interessi della sua specie prevalgano su interessi superiori dei membri di altre specie. Lo schema è lo stesso in ciascun caso”[ii].

L’ideologia animalista è diffusa più di quanto comunemente si creda, sia a livello mediatico che di opinione pubblica, ed è quindi opportuno interrogarsi se l’uomo sia o non sia un animale, e, nel caso sia un animale, se il suo essere si risolva totalmente nell’animalità.

Prima di analizzare nella loro fenomenicità le operazioni specificamente umane, è necessario chiedersi cosa significa il termine “anima”, da cui deriva la parola “animale”.

San Tommaso d’Aquino è molto chiaro nell’affermare che “l’anima è il principio della vita nei viventi che ci circondano: noi, infatti, chiamiamo viventi gli essere animati e gli esseri che non hanno vita li diciamo oggetti inanimati”[iii].

Gli oggetti inanimati sono i minerali, che, per quanto belli essi siano, come un diamante o un rubino, non posseggono la vita, ma cosa si intende con questo termine?

Il senso comune distingue i viventi dai non viventi per il fatto che i primi si muovono e i secondi no.

L’affermazione, pur essendo facilmente smentibile (anche gli astri si muovono), nasconde una verità: il vivente è un ente che è principio delle proprie attività immanenti, quindi che “si muove da se stesso”, come sostenevano Aristotele e San Tommaso.

Ogni vivente compie delle operazioni al proprio interno regolate da leggi naturali diverse da quelle presenti nel mondo inorganico.

Scrive in proposito Marcozzi:

“Le leggi che regolano il mondo vivente sono diverse e non di rado opposte a quelle del mondo inanimato. I non viventi tendono alla stasi, all’equilibrio, sono regolati dal principio della fisica e delle leggi dell’eqilibrio dinamico della chimica. La sostanza vivente mediante i complessi e meravigliosi fenomeni del metabolismo, tende continuamente  ad allontanarsi dall’equilibrio che segnerebbe la sua morte.

Ora, questo comportamento opposto dei due regni, questa inversione delle leggi fisico-chimiche, non può spiegarsi, se non ammettendo che il vivente abbia qualcosa che manca alla sostanza inanimata.

Questo qualcosa che ha il vivente […] non può venire dal mondo inorganico”[iv], per la semplice ragione che, come dicevano gli Scolastici, “nemo dat quod non habet”, nessuno dà ciò che non ha (e non può dare): dalla non-vita non può venire la vita.

La scienza constata con il suo metodo sperimentale che “omne vivum ex vivo”[v]: i viventi sono generati dai viventi, e la filosofia dimostra l’impossibilità ontologica che la vita provenga dalla non-vita.

Perché la scienza, pur conoscendo tutti gli elementi che costituiscono un essere vivente, con i suoi esperimenti non riesce a riprodurre un corpo vivente? Perché un corpo è vivente, solo se è presente in lui un’ “anima”, cioè un principio di vita che lo anima.

L’anima è il soffio vitale presente nel mondo vegetale e animale.

Aristotele e San Tommaso dicevano il vero quando affermavano che le piante e gli animali hanno un’ anima.

L’ ”anima vegetativa” delle piante è il fondameno sostanziale di tutte le sue operazioni vegetative: nutrizione, crescita e riproduzione. Queste operazioni sono superiori a quelle presenti nei corpi inorganici, quindi anche il loro principio è superiore.

Esiste quindi una gerarchia tra il regno minerale, vegetale e animale: il secondo è superiore al primo e il terzo al secondo.

Le piante e gli animali hanno in comune il principio vitale che Aristotele e San Tommaso chiamavano anima e che la filosofia scolastica considerava come la “forma sostanziale” del vivente.

Gli animali hanno questo nome per il fatto che hanno un’anima, l’ “anima sensitiva”; la quale è superiore a quella delle piante, perché compie, oltre alle attività vegetative di queste ultime (nutrizione, crescita, riproduzione), operazioni di carattere sensitivo.

Infatti l’animale, oltre a crescere e a nutrirsi, possiede organi di senso e, negli animali superiori, la facoltà di muoversi, l’istinto sessuale e di lotta.

L’essere umano appartiene alla famglia degli animali superiori, infatti si riscontrano fenomenologicamente in lui le stesse caratteristiche riscontrabili nelle scimmie, nei cani, etc.

Egli infatti è un vivente dotato di vita sensitiva, che si nutre, cresce, si riproduce, conosce tramite cinque sensi, possiede degli istinti sessuali e di conservazione come tutti gli animali.

(La prima parte è stata pubblicata sabato 7 settembre. La terza parte segue sabato 21 settembre)

*

NOTE

[i] Vedi, ad esempio, P. Singer, Etica Pratica, Liguori, Napoli 1989, p. 56.

[ii] Idem, Liberazione Animale, Net Edizioni, Milano 2003, p. 24.

[iii] San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, I,  LXXV, 1.

[iv] V. Marcozzi, Le origini dell’uomo, A.V.E., Roma 1944, II ed., p. 46.

[v] Soprattutto Pasteur  ha dimostrato l’inesistenza della generazione spontanea con  i suoi  esperimenti sui batteri.

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Maurizio Moscone

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