"Se io possedessi la scienza e la virtù sua…"

Il futuro Giovanni XXIII affascinato dall’unione di entrambe nella persona del cardinale Lucido Maria Parocchi

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Mentre il futuro Giovanni XXIII, ossia Angelo Giuseppe Roncalli, stava studiando a Roma, il 15 gennaio 1903 morì il cardinale Lucido Maria Parocchi, colui che il 6 novembre del 1884 consacrò vescovo Giuseppe Sarto, il futuro san Pio X, nella Basilica di SApollinare in Urbe. La vita del suddetto Cardinale – Vicario di Roma e fondatore delle Suore missionarie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria –  fu colta dal ventenne giovane sacerdote bergamasco quale modello di scienza e virtù tanto da lasciarne una testimonianza nel Giornale dell’Anima.    

Ho assistito ieri ai funerali del cardinale Parochi, celebrati in San Lorenzo in Damaso. Fu un fatto che mi tenne assorbita tutto il giorno la mente, né ho saputo liberarmene così presto. Nel tumulto dei sentimenti che mi occupano il cuore, non ho saputo trattenermi dal mandare un caldo saluto di ammirazione e d’affetto a quel grande, che solo bastava ad illustrare il Sacro Collegio e che, per un quarto di secolo, fece parlare di sé il mondo cristiano. Il Cardinale Parochi era tale una figura, quale molto raramente si può incontrare negli annali della Chiesa. Bastava pronunciare il suo nome per mettere in silenzio quelli che accusavano l’ignoranza della Chiesa; davanti a lui anche i profani s’inchinavano reverenti, e non vi era uomo di scienza che non titubasse dovendo parlare alla sua presenza. Non vi era parte dello scibile a cui non si estendesse il suo ingegno; non vi era persona dotta che non si fosse incontrato con lui. Pari all’amore per vero, per ogni cosa bella e buona, ardeva nel suo petto l’amore fervente, indomabile, alla Chiesa, al Papa. Il card. Parocchi potrà venire diversamente giudicato in fatto di vedute politiche: so che non mancano maligne insinuazioni a suo riguardo; ma niuna potrà mai intaccare la sua intemeratezza, il suo entusiasmo per la Chiesa e per il Pontefice, anche quando, come sempre avviene alle anime generose, la sua virtù fu messa a dura prova. Oh! Se io possedessi la scienza e la virtù sua, io potrei ben chiamarmi soddisfatto. La sua morte fu pianta universalmente e fu considerata come un vero lutto per la Santa Sede. Ieri, intorno alla sua salma, ho veduto tutto il mondo rappresentato a rendere un ultimo tributo di lode a lui, che tanta luce sparse intorno a sé. Cardinali, vescovi, prelati, generali d’ordini religiosi, scienziati illustri, nostrani e stranieri, e tutti in sì gran numero quali non vidi mai, più una moltitudine di popolo pregante, si erano dati convegno intorno alla sua tomba. Le parole solenni con cui la Chiesa implora da Dio la gloria del cielo ai suoi figli trapassati, e annunzia attraverso le tenebre del sepolcro la risurrezione e la vita, non mi commossero mai così fortemente, come in quel momento. Oh, venga! Sì, sia concessa a lui, all’anima dell’illustre Cardinale, quella luce eterna, piena, di cui egli fu un riverbero splendente; a lui, che credette, che amò, che sperò sempre, la risurrezione e la vita in Cristo Gesù, giusto estimatore dell’opera dei suoi servi fedeli. 

Per un approfondimento: I. Coppa, Cardinale Lucido Maria Parocchi. Vescovo, profeta, apostolo, fondatore, servitore del Vangelo, Ed. Velar, Gorle 2009.

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ZENIT Staff

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