Il Papa ha risposto a due editoriali di Eugenio Scalfari pubblicati il 7 luglio ed il 7 agosto, nei quali l’ex direttore de La Repubblica che si è autodefinito un “non credente che non cerca Dio” commentava l’enciclica Lumen fidei e poneva alcune domande al Papa ed alla Chiesa cattolica.
Con una iniziativa insolita e inaspettata il Papa ha risposto in maniera cordiale in un tono che Scalfari ha definito “affettuosamente fraterno”.
Il Papa ha valutato in maniera molto positiva la possibilità di dialogare su “una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù”.
Ha spiegato il Vescovo di Roma che lungo i secoli si è assistito a un paradosso: “la fede cristiana, la cui novità e incidenza sulla vita dell’uomo sin dall’inizio sono state espresse proprio attraverso il simbolo della luce, è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione”.
“Così tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista, dall’altra, si è giunti all’incomunicabilità”.
Secondo papa Francesco è giunto il momento di aprire un dialogo senza pregiudizi al fine di realizzare un serio e fecondo incontro.
A questo proposito il Papa cita il n. 34 dell’enciclica Lumen Fidei in cui è scritto : “risulta chiaro che la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti”.
Dopo aver raccontato che la fede gli è nata “dall’incontro con Gesù” ma che non sarebbe potuta avvenire senza la Chiesa, Papa Francesco ha scritto “mi trovo a mio agio nell’ascoltare le sue domande e nel cercare, insieme con Lei, le strade lungo le quali possiamo, forse, cominciare a fare un tratto di cammino insieme”.
In merito alla domanda di Scalfari secondo cui nell’enciclica manca “una sezione dedicata specificamente all’esperienza storica di Gesù di Nazareth” il Vescovo di Roma risponde spiegando che lo ‘scandalo’, la parola e la prassi di Gesù provocava attorno a lui derivano dalla sua straordinaria ‘autorità’.
In effetti Gesù chiama familiarmente Dio, con ‘Abbà’. Predica,guarisce, chiama i discepoli a seguirlo, perdona… Tutte cose che, “nell’Antico Testamento, sono di Dio e soltanto di Dio”.
Osserva il Papa che la domanda che più volte ritorna nel Vangelo di Marco: “Chi è costui che…?”, e che riguarda l’identità di Gesù, “nasce dalla constatazione di una autorità diversa da quella del mondo, un’autorità che non è finalizzata ad esercitare un potere sugli altri, ma a servirli, a dare loro libertà e pienezza di vita”.
Il servizio agli altri di Gesù è radicale, al punto da accettare l’incomprensione, il tradimento, il rifiuto, e poi la condanna a morte e lo stato di abbandono sulla Croce.
Per Papa Francesco è proprio l’ sulla Croce che Gesù si mostra come il Figlio di Dio! “Figlio di un Dio che è amore e che vuole, con tutto se stesso, che l’uomo, ogni uomo, si scopra e viva anch’egli come suo vero figlio”.
In questo ambito la resurrezione di Gesù non è intesa per trionfare su chi l’ha rifiutato, ma per attestare che “l’amore di Dio è più forte della morte, il perdono di Dio è più forte di ogni peccato, e che vale la pena spendere la propria vita, sino in fondo, per testimoniare questo immenso dono”, e la fede cristiana afferma che “Gesù è il Figlio di Dio venuto a dare la sua vita per aprire a tutti la via dell’amore”.
Ha scritto il Papa: “Ha perciò ragione, egregio Dott. Scalfari, quando vede nell’incarnazione del Figlio di Dio il cardine della fede cristiana”.
“L’originalità, – ha precisato il Pontefice – sta proprio nel fatto che la fede ci fa partecipare, in Gesù, al rapporto che Egli ha con Dio che è Abbà e, in questa luce, al rapporto che Egli ha con tutti gli altri uomini, compresi i nemici, nel segno dell’amore”.
Il Vescovo di Roma ha voluto spiegare che la figliolanza di Gesù, non è rivelata per marcare una separazione insormontabile tra i cristiani e tutti gli altri: ma per dirci che, “in Lui, tutti siamo chiamati a essere figli dell’unico Padre e fratelli tra di noi. La singolarità di Gesù è per la comunicazione, non per l’esclusione”.
In merito alla domanda di Scalfari su cosa dire ai fratelli ebrei circa la promessa fatta loro da Dio: “è essa del tutto andata a vuoto?” papa Francesco risponde che soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, i cristiani hanno riscoperto che il popolo ebreo è tuttora, la radice santa da cui è germinato Gesù.
Il fatto che gli Ebrei abbiano mantenuto la fedeltà a Dio nonostante le terribili prove di questi secoli, è qualcosa di cui “non saremo mai sufficientemente grati, come Chiesa, ma anche come umanità”.
Nell’editoriale del 7 agosto Scalfari aveva chiesto “il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede?”.
E il Papa risponde “Premesso che — ed è la cosa fondamentale — la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza”.
“Il peccato, anche per chi non ha la fede, – ha aggiunto – c’è quando si va contro la coscienza. (…) E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire”.
Scalfari aveva chiesto se il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, sia un errore o un peccato. E il papa ha risposto spiegando che “la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione!”.
Papa Francesco ha precisato che ciò “non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro”.
“La verità – ha sostenuto – essendo in definitiva tutt’uno con l’amore, richiede l’umiltà e l’apertura per essere cercata, accolta ed espressa. Dunque, bisogna intendersi bene sui termini e, forse, per uscire dalle strettoie di una contrapposizione… assoluta, reimpostare in profondità la questione. Penso che questo sia oggi assolutamente necessario per intavolare quel dialogo sereno e costruttivo che auspicavo all’inizio di questo mio dire”.
Nell’ultima domanda Scalfari ha chiesto se con la scomparsa dell’uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio.
Il Papa ha sostenuto che Dio “non è un’idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell’uomo. Dio è realtà con la ‘R’ maiuscola. Gesù ce lo rivela — e vive il rapporto con Lui — come un Padre di bontà e misericordia infinita”.
“Dio non dipende, dunque, dal nostro pensiero. (…) l’uomo non terminerà di esistere e, in un modo che non sappiamo, anche l’universo creato con lui.”
Il Pontefice conclude invitando Scalfari a “fare un tratto di strada insieme” rispiegando che “la Chiesa, nonostante tutte le lentezze, le infedeltà, gli errori e i peccati che può aver commesso e può ancora commettere in coloro che la compongono, non ha altro senso e fine se non quello di vivere e testimoniare Gesù”.