Secondo un detto popolare chi non distingue confonde. Proprio quello che accade spesso; così con l’espressione “teologia della liberazione” si semplifica una realtà molto più complessa. Proprio per questo già nel 1984 fu affermato che «esiste un’autentica “teologia della liberazione”» onde evitare che, in una lettura massificante, venisse canonizzato anche ciò che è incompatibile con la fede cristiana oppure demonizzato ciò che è parte integrante del Vangelo. Al riguardo risulta interessante quanto affermato nella istruzione Libertatis nuntius su alcuni aspetti della “Teologia della liberazione” della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 6 agosto 1984, che porta la firma dell’allora Prefetto, cardinal Joseph Ratzinger.
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Non si può dimenticare la mole immensa di attività disinteressata svolta dai cristiani, pastori, sacerdoti, religiosi o laici, i quali spinti dall’amore verso i fratelli che vivono in condizioni disumane, si sforzano di portare aiuto e sollievo alle innumerevoli indigenze frutto della miseria. Alcuni di essi si preoccupano di trovare dei mezzi efficaci che permettano di porre fine al più presto ad una situazione intollerabile. […]
Abbiamo detto sopra (cf. IV, 3) che esiste un’autentica “teologia della liberazione”, quella che è radicata nella Parola di Dio, debitamente interpretata.
Ma da un punto di vista descrittivo conviene parlare di teologie della liberazione, poiché l’espressione si applica a posizioni teologiche, e talvolta perfino ideologiche, non solo diverse, ma spesso anche incompatibili tra di loro.
Nel presente documento si tratterà soltanto di quelle espressioni di questa corrente di pensiero che, sotto il nome di “teologia della liberazione”, propongono un’interpretazione innovatrice del contenuto della fede e dell’esistenza cristiana, che si discosta gravemente dalla fede della Chiesa, anzi, ne costituisce la negazione pratica.
(Libertatis nuntius, VI,1.7-9)