Presso casa Gioiosa in Montemonaco, si è svolto dal 23 al 25 agosto il XXIII incontro sulle famiglie. Abbiamo intervistato la Dottoressa Chiara Verdecchia che ha curato i laboratori per le famiglie.
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Il convegno sembra abbia voluto richiamare alla collaborazione la Parrocchia e la Famiglia, cosa ha da dirci in merito?
Dott.ssa Verdecchia: Non posso che essere d’ accordo, in quanto non riesco a percepire un ruolo autonomo e un compito esclusivo da parte delle varie realtà educative, perché è forte il bisogno di educazione, non tanto per essere buoni cittadini o buoni cattolici, ma semplicemente per essere uomini : Prerogativa indispensabile per “ apprendere a navigare in questo oceano di incertezze, attraverso arcipelaghi di certezza” ( E. Morin).
A fronte di ciò , In quali termini possono allora contribuire la Parrocchia e la famiglia nella trasmissione dei valori umani e cristiani in un clima culturale così disorientato?
Dott.ssa Verdecchia: Si, siamo soggiogati dalla cultura del sembrare, dell’effimero, della non curanza, dell’esasperato e del sensazionalismo, ma il desiderio di progettare la propria presenza nel mondo, di essere in sintonia con l’altro in uno scambio di reciprocità, di lasciarsi invadere dalla speranza, a mio avviso, sono gli ingredienti necessari e certi per diventare validi testimoni. Non bastano parole, occorre osare, avere coraggio ed essere pronti ad abbandonare ogni forma di protezione per rischiare di diventare se stessi. E proprio nell’autenticità, ogni relazione educativa trova la sua massima espressione.
Le sue parole mi affascinano, ma ancora di più mi spingono a mettermi in gioco e non nascondo che fa capolino una grande paura ad affrontare tutto ciò. Come si può agire con la paura?
Dott.ssa Verdecchia: Sei giovanissimo e conoscerai senz’altro la filosofia. Seneca affermava : “Non si osa perché si ha paura, si ha paura perché non si osa”. Ecco, siamo noi che impedendoci di agire la alimentiamo. Dobbiamo imparare ad abbracciarla, a danzare con “lei”, ad amare, nonostante le tante sofferenze che investono il nostro vissuto.. Ricordiamoci le parole dell’apostolo Giovanni e le paure fuggiranno lontano da noi: “Nell’amore non c’è paura; anzi, l’amore perfetto caccia via la paura, perché chi ha paura teme un castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell’amore” (1Giovanni 4:18).
Quindi Montemonaco ha permesso attraverso i laboratori di fare un “pieno” di speranza?
Dott.ssa Verdecchia: Spero davvero che sia andata così ! Senz’altro i laboratori hanno aiutato gli adulti, le famiglie, i bambini, gli adolescenti a fare esperienza di alcuni momenti salienti per la crescita umana e cristiana di ognuno. Si è scelto di lavorare soprattutto sulla funzione educativa del silenzio, come richiamo ad uno stato necessario per porsi in ascolto di sè stessi e dell’ altro. Il tutto ha esaltato il suo compimento nell’ incontro con il Signore durante l’adorazione.
Non può che ritenersi felice di questo risultato positivo riferito da molti?
Dott.ssa Verdecchia: Mi fa piacere, ma come pedagogista e formatrice, sono in continua ricerca e in continua crescita, perché sono tante le difficoltà, le problematiche e ahimè i fallimenti che si vivono quotidianamente quando dinanzi si hanno persone, bambini e adulti sempre diversi. Approfitto, invece, per ringraziare il Vescovo, Don Alfredo e l’ equipe della pastorale familiare con la quale ho collaborato, non dimentico, l’impegno e la grazia delle coppie referenti nella gestione dei laboratori, la precisione e l’ organizzazione di tutto l’occorrente da parte della segretaria e per ultimo un abbraccio e un “grazie” ai giovani che con il loro entusiasmo hanno infuso gioia e colorato Montemonaco.
Parlando dei giovani, i suoi occhi si sono illuminati e le chiedo, come si fa a trasmettere la fede ai ragazzi?
Dott.ssa Verdecchia: Ma, vale la stessa cosa che ho detto sopra. La pedagogia della fede non può ignorare lo sviluppo globale della persona. Si può fallire nell’ educazione religiosa del ragazzo, se si ignora qualsiasi meccanismo proprio di questa età. L’atteggiamento dell’ educatore deve essere molto accogliente, stare attento al dialogo: suscitarlo, ascoltare, comprendere il punto di vista , tollerare gli errori che dicono, per correggerli mediante la scoperta personale della verità. In una parola, deve porre attenzione a tutto ciò che, in qualche modo, può sembrare minaccia alla libertà del ragazzo e all’accettazione del messaggio cristiano. Ciascun ragazzo va accompagnato a scoprire l’ azione personale di Dio nella propria vita, integrata nella comunità.
(Articolo tratto da Àncora Online, il settimanale della Diocesi di San Benedetto del Tronto)