“È dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo” (GS 4). E sicuramente è un segno dei tempi la rinascita dell’Ordo virginum, frutto del Concilio Vaticano II, che ne ha ripristinato l’antico rito di consacrazione, tesoro della liturgia risalente ai primi secoli del cristianesimo.
Si tratta di donne che, “emettendo il santo proposito di seguire Cristo più da vicino, dal Vescovo diocesano sono consacrate a Dio secondo il rito liturgico approvato e, unite in mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio, si dedicano al servizio della Chiesa”, come indica il canone 604 del Codice di Diritto Canonico: in poche parole, sono spose di Cristo sulle strade del mondo, lì dove sono chiamate a vivere, lavorare, pregare.
All’Oasi San Francesco di Chiusi della Verna (AR) si è appena concluso l’Incontro Nazionale dell’Ordo Virginum delle diocesi italiane, occasione preziosa di approfondimento su un carisma antico e sempre nuovo, fondato sulla castità per il regno dei cieli e sulla sponsalità con Cristo, vissuto nel radicamento in una Chiesa diocesana e nella presenza nel mondo. Il filo conduttore dei quattro giorni di riflessione, confronto e preghiera, è stato proprio il significato della verginità consacrata oggi: è ancora una “provocazione” nel mondo contemporaneo, una “profezia” di cieli nuovi e terra nuova?
Nel rispondere all’interrogativo si sono susseguiti i relatori, Mons. Carlo Rocchetta, teologo e direttore del Centro Familiare di Perugia Casa della tenerezza, la psicologa Marilena Civetta, consacrata nell’Ordo virginum di Gubbio, il liturgista padre Lamberto Crociani ed alcune consacrate delle diocesi di Torino, Saluzzo e Salerno, che hanno condiviso con l’assemblea la propria esperienza umana, spirituale e professionale, alla luce della Gaudium et spes, che ci ricorda come Gesù abbia lavorato con mani d’uomo, pensato con mente d’uomo ed amato con cuore d’uomo.
“Spesso la verginità viene concepita come una rinuncia, una negazione, una scelta asessuata ed anaffettiva”, ha sottolineato Mons. Rocchetta nel suo intervento, “ma in realtà, se abbracciata per le giuste motivazioni e vissuta nella fedeltà, è vocazione ad un’affettività nuova, perché l’amore di Dio trasfigura l’amore umano”. Infatti, ha evidenziato la dott.ssa Civetta, “la vergine consacrata non vive il dono di sé nell’esclusività di un unico rapporto affettivo, ma lo spande come profumo in ogni relazione”, in uno stile di vera accoglienza ed amicizia, perché “nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore” (GS 1).
Anche padre Crociani ha rimarcato come la consacrazione non sia un bene personale ed intimistico, bensì “un dono da vivere condividendo la croce di tutti gli uomini, incarnate nella storia eppure capaci di anticipare l’esperienza futura del Regno, in un oggi da vivere senza evasioni, con responsabilità: non è importante quanto o cosa fate, ma è il dono della verginità a caratterizzare tutto ciò che fate”.
Calorosa e paterna è stata l’accoglienza dei Vescovi toscani, segno evidente della cura pastorale per l’Ordo virginum, dono di Dio nella Chiesa e nel mondo, per la Chiesa e per il mondo. “Aiutateci a rendere la Chiesa ancora più bella!” è stato l’augurio di mons. Riccardo Fontana, Arcivescovo della diocesi di Arezzo – Cortona – Sansepolcro, che ha presieduto la celebrazione eucaristica d’inizio Incontro. Mons. Simone Giusti, Vescovo di Livorno, si è soffermato sul senso profondo della scelta verginale: “qual è la vostra profezia? La verginità. Il vostro carisma si radica profondamente nel mistero di Maria – vergine, sposa e madre – e nel mistero della Chiesa: questo è anche il vostro mistero, che deve risplendere nel volto di donne innamorate di Dio, piene di gioia”.
“In fondo, cos’è la verginità consacrata se non un’esperienza di fede e di amore?”, ha ricordato Mons. Mario Meini, Vescovo di Fiesole. “In un tempo che disprezza la verità e la vita, la Chiesa ha più che mai bisogno di santità” è stato l’invito accorato che Mons. Carlo Ciattini, Vescovo di Massa Marittima – Piombino, ha rivolto alle duecento partecipanti. Ed il Card. Giuseppe Betori di Firenze, nella solenne concelebrazione eucaristica conclusiva nel Santuario francescano della Verna, ha sottolineato come il senso della vocazione verginale sia proprio “dire che Dio è tutto, affermare con la vita il primato di Dio nella Chiesa e nel mondo”.
Perché tutto passa, solo Dio resta.