La logica cristiana capovolge totalmente la logica umana: al male si risponde con l’amore, la salvezza si ottiene dalla sofferenza della croce, e il “posto buono” non è il “primo posto” agognato per tutta la vita e che ci afferma, bensì quello che ci abbassa, ci umilia, ma che ci porta a sperimentare l’amore gratuito di Dio.
“Noi ci troviamo sulla via di Cristo, sulla giusta via se in Sua vece e come Lui proviamo a diventare persone che ‘scendono’ per entrare nella vera grandezza, nella grandezza di Dio che è la grandezza dell’amore” dice il Papa. Non Papa Francesco, ma Benedetto XVI, il Papa emerito che, dopo sei mesi di clausura nel monastero Mater Ecclesiae, ha celebrato stamani una Messa pubblica nella cappella del Governatorato in Vaticano.
L’occasione è stata il tradizionale seminario estivo del Ratzinger Schülerkreis, il gruppo degli ex allievi del Papa emerito che incontrano il loro Professor dalla fine degli anni ’70, il 1977 per l’esattezza, quando Ratzinger, da poco nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga, insegnava nelle università tedesche.
L’incontro con gli ex studenti, partito il 31 agosto, è giunto quest’anno alla sua 38° edizione ed è stato dedicato al tema “La questione di Dio sullo sfondo della secolarizzazione”, alla luce della produzione filosofica e teologica di Rémi Brague teorico francese premiato l’anno scorso con il “Premio Ratzinger” per la teologia. Come di consueto, si è svolto a Castel Gandolfo; Benedetto XVI però non vi ha partecipato, in virtù della sua scelta di vivere una vita nel ‘nascondimento’ e nella preghiera.
Tuttavia l’ex Pontefice non ha mancato di presiedere oggi la Messa con i suoi studenti, cogliendo l’occasione di questa rara ‘uscita pubblica’ per fare un elogio dell’umiltà, quella virtù che è “il fondamento di tutta la vita cristiana”, come diceva San Giovanni Crisostomo. Circa cinquanta persone erano presenti alla Messa di Papa Benedetto, concelebrata con il ‘caro amico’, Christoph Schönborn, il cardinale arcivescovo di Vienna; il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani; gli arcivescovi Georg Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia; Barthelemy Adoukonou, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura, e il vescovo ausiliare di Amburgo, mons. Hans-Jochen Jaschke.
Lo spunto per l’omelia di Ratzinger è stato il brano del Vangelo di oggi, nel quale Gesù invita a prendere l’ultimo posto. “Un posto che può sembrare molto buono, può rivelarsi un posto molto brutto” ha osservato il Papa emerito, avvalorando quindi l’insegnamento evangelico del “chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato”.
Gli stessi apostoli, nell’Ultima Cena, discutevano su chi avrebbe occupato i posti migliori, ma Gesù rivela loro che il miglior posto è quello accanto a Lui, “secondo la sua misura”. Una misura fatta di abbassamento, perché Cristo – spiega Benedetto – non ha mai scelto una ‘corsia preferenziale’ o una posizione privilegiata, ma anzi è nato in una stalla ed è morto su una Croce, presentandosi quindi come colui “che vuole servire”.
Per questo chi si dichiara cristiano, quindi apostolo inviato da Gesù Cristo, deve essere “l’ultimo nell’opinione del mondo” afferma Papa Benedetto. “Chi, in questo mondo e in questa Storia forse viene spinto in avanti e arriva ai primi posti, deve sapere di essere in pericolo” – ammonisce – “deve guardare ancora di più al Signore, misurarsi a Lui, misurarsi alla responsabilità per l’altro, deve diventare colui che serve, quello che nella realtà è seduto ai piedi dell’altro”. Solo così, afferma Ratzinger, “benedice e a sua volta diventa benedetto”.
“Cristo – prosegue – il Figlio di Dio, scende per servire noi e questo fa l’essenza di Dio che consiste nel piegarsi verso di noi”. L’umiliazione è quindi “elevazione”, e “la Croce”, che nella Storia “è l’ultimo posto”, un “non-posto”, in realtà è “la vera esaltazione”, come afferma Giovanni nel Vangelo.
Sul Crocifisso, afferma Benedetto XVI, “Gesù è più alto, è all’altezza di Dio perché l’altezza della Croce è l’altezza dell’amore di Dio, l’altezza della rinuncia di se stesso e la dedizione agli altri”. Aprirsi all’altro è infatti la chiave per sperimentare questa umiltà salvifica. Cristo – ricorda l’ex Pontefice – esorta nel Vangelo “a invitare tutti, a prescindere dai vantaggi personali, anche i paralitici, gli storpi, i poveri”. Come ha fatto Egli stesso che ha invitato “noi alla mensa di Dio”, mostrandoci in questo modo “cosa sia la gratuità”.
Proprio il concetto della gratuità è il perno della fede cristiana, secondo il Papa emerito. “Nella lotta per la giustizia nel mondo – afferma infatti – non dobbiamo mai dimenticare la gratuità di Dio, il continuo dare e ricevere, e dobbiamo costruire sul fatto che il Signore dona a noi, che ci sono persone buone che ci donano gratis la loro bontà, che ci sopportano a titolo gratuito, ci amano e sono buone con noi gratis”. A nostra volta, quindi, dobbiamo “donare questa gratuità per avvicinare così il mondo a Dio, per diventare simili a Lui, per aprirci a Lui”.
“Senza la gratuità del perdono nessuna società può crescere” rimarca Benedetto; quindi anche l’economia, seppur basata sulla “giustizia commutativa” del do ut des, “rimane qualcosa di gratuito”. Infatti, le più grandi cose della vita, cioè “l’amore, l’amicizia, la bontà, il perdono” – sottolinea Ratzinger – “non le possiamo pagare”, “sono gratis, nello stesso modo che in cui Dio ci dona a titolo gratuito”:
In ultimo, Benedetto XVI si sofferma sulla liturgia cristiana, una liturgia “umile” ma allo stesso tempo “incommensurabilmente grande”, perché “ci unisce alle schiere degli angeli e dei santi nella festosa gioia di Dio”. La liturgia, afferma Benedetto XVI, “rinnova il sacrificio, l’estremo abbassarsi di Cristo che versa il suo Sangue nell’Eucaristia”. E questo Sangue ci permette di “entrare nello splendore del raduno gioioso di Dio”, perché – conclude –rappresenta “il suo amore”, “il Monte di Dio che ci apre alla gloria di Dio”.