Ieri, lunedì 11 agosto, la missione dei medici italiani del Regnum Christi ha fatto tappa nel villaggio di San Juan de Dios, sperduto nella selva di Quintana Roo. Per raggiungerlo da Tulum è stato necessario prendere la strada per Playa del Carmen e poi svoltare verso Coba, una città dove sono presenti rovine Maya e un lago affollato da numerosi coccodrilli.

Da Coba la strada proseguiva direttamente per 20 chilometri verso il villaggio di San Juan de Dios. Nella selva erano presenti semplici baracche e case più rifinite. Nella maggior parte spuntavano dai tetti antenne satellitari. Il villaggio, privo di strade asfaltate, è abitato da discendenti della popolazione Maya. Nell'unica scuola primaria presente al centro del paese si insegna sia la lingua spagnola che quella dell'antica civiltà messicana. Tuttavia girando per le aule si trovano solo dei libri in lingua Maya.

A San Juan de Dios, infatti, la maggior parte delle persone non parla spagnolo; nelle case vige la lingua Maya e lo spagnolo, anche se imparato a scuola, non viene praticato. Sono soprattutto le donne a rivolgersi ai loro numerosi figli nella lingua degli antichi. Gli uomini sono soprattutto contadini e trascorrono la giornata a coltivare campi o pascolare capre. Per strada si incontrano cani randagi e tantissimi bambini con poche cose, ma con tanta gioia di vivere.

Nel villaggio è presente anche un distaccamento del comune di Tulum e una stazione di Polizia.
I negozi quasi non esistono e i due o tre presenti non sono molto forniti, molti scaffali sono vuoti. Delle vecchie tradizioni Maya poche ancora sopravvivono, anche se esistono associazioni per la conservazione di tale cultura che, con il tempo e la modernità, vanno sempre più a scomparire.

Dei Maya rimangono soprattutto i tratti somatici di queste persone che hanno molto apprezzato la presenza dei medici italiani missionari, anche se solo per un giorno. Parecchi abitanti del villaggio hanno richiesto una visita dentistica. ZENIT ha incontrato Marco Martinelli, di Reggio Emilia, professore di italiano storia e geografia, nell'equipe dei medici italiani del Regnum Christi.

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Marco come mai hai aderito a questa missione questa missione medica?

Martinelli: Ho aderito perchè mi piace fare esperienze nuove e volevo vedere il Messico. Quindi ho accolto con piacere l'invito di padre Sergio Cordova.

Qual è il tuo ruolo nella missione?
Martinelli: Lavoro nella farmacia della missione, quindi mi occupo di fornire le medicine ai pazienti dopo aver ricevuto le prescrizioni mediche. Poi parlando spagnolo posso fare anche il traduttore...

Contento della missione?
Martinelli: Molto, perché è un'esperienza formativa e aiuta le persone che non dispongono degli strumenti e delle strutture per avere cura della propria salute. La missione a San Juan de Dios ha insegnato ai medici italiani come con pochi strumenti portati dall'Italia si è potuto fare molto per questa gente.