La Chiesa filippina contro la corruzione e la deportazione illegale di clandestini

Ieri, 350.000 persone in piazza a Manila contro la corruzione dei politici. Dai vescovi del Giappone, la denuncia per il comportamento disumano del governo nipponico verso 75 lavoratori irregolari filippini

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Corruzione e deportazione illegale di clandestini. Sono queste le due piaghe che affliggono attualmente il popolo filippino. Nei giorni scorsi, a Manila, oltre 350.000 persone sono scese in piazza per partecipare alla manifestazione ribattezzata “million march” contro la corruzione del governo, richiamando i politici locali “all’onore e all’integrità”.

Lo riferisce il sito AsiaNews che informa che le manifestazioni, che hanno preso il via lunedì 26 agosto, vogliono denunciare il sistema di appropriazione indebita con cui la classe dirigente filippina ha rubato centinaia di milioni di dollari alla res publica attraverso il “Fondo prioritario per l’assistenza e lo sviluppo”. Secondo quanto riferito dalla stessa agenzia, infatti, i dirigenti politici filippini usavano tale Fondo come linea preferenziale per finanziare progetti ed enti fittizi e per rifornire il sistema del voto di scambio.

Tra gli illustri partecipanti all’evento, c’era anche il cardinale Luis Antonio Tagle che ha ricordato “il senso dell’onore” ed ha auspicato a una rinascita del patriottismo e di senso d’onestà anche nelle migliaia di espatriati delle Filippine nel mondo. L’augurio del porporato per il futuro del Paese è quindi che possa nascere uno spirito di cooperazione tra cittadini e classe dirigente. Oltre al cardinale Tagle, erano presenti alla marcia anche diversi esponenti della chiesa cattolica locale. Tra questi mons. Antonio Ledesma, della diocesi di Cagayan de Oro, che ha definito l’atteggiamento del governo come un “gravissimo atto immorale”.  

Dal Giappone giunge invece la lapidaria accusa della Conferenza Episcopale nipponica contro il “comportamento disumano” del Governo nei confronti dei migranti filippini deportati con la forza perché senza documenti. “Protestiamo e ci opponiamo alla deportazione di massa di 75 clandestini filippini – si legge in un comunicato della Cbcj – i loro diritti sono stati calpestati assieme alla loro dignità”.

Sempre secondo le fonti di AsiaNews, il 6 luglio scorso, 75 lavoratori irregolari filippini sono stati prelevati dalle proprie case e incarcerati prima che fossero avviate le pratiche di rimpatrio. Tra il 20 e il 26 agosto, due sotto-commissioni della Conferenza Episcopale giapponese, la J-Carm e la Smj, incontrando alcuni di questi filippini rientrati in patria, ha denunciato le loro orribili condizioni fisiche, conseguenza dei maltrattamenti subiti.

Un membro della delegazione cattolica che si è occupata di salvaguardare la salute dei prigionieri ha infatti dichiarato: “Tutti necessitavano di cure mediche e le loro condizioni fisiche si erano deteriorate nel corso della detenzione molti di loro manifestavano sintomi di depressione, tendenze al suicidio, insonnia e difficoltà respiratorie”.

Inoltre, sia la Conferenza Episcopale giapponese che quella filippina hanno confermato che nessuno dei rimpatriati è in grado attualmente di provvedere a se stesso senza una vera assistenza: “Tutti i 75 migranti hanno vissuto in Giappone per almeno 10 anni. Ora sono alienati dal ritorno in patria, privi di denaro per iniziare una nuova vita o di familiari dai quali fare ritorno”.

Secondo le indagini delle organizzazioni cattoliche attive nel campo, presentate il 25 agosto alle principali agenzie governative filippine, in Giappone vivono e lavorano in modo regolare circa 200mila filippini, senza considerare gli altri 5.700 che costituiscono una forza lavoro non documentata.

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ZENIT Staff

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