Santa Chiara, una ragazza e una donna del nostro tempo

La santa d’Assisi rivaluta la figura della donna cristiana e non solo, offrendo risposte concrete alle ragazze e alle donne confuse da una cultura che le commercializza

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Grazie alla metodologia critica, recenti studi fatti in maniera interdisciplinare (scritti  – Fonti Clariane (FC), le Fonti Francescane (FF) ed altre e fonti iconografiche) stanno dimostrando che santa Chiara d’Assisi fu una ragazza “vera” con uno spessore e una tale grandezza che parla ancora oggi, dopo oltre otto secoli, alle donne della nostra generazione.

La prima caratteristica di Chiara fu l’amore sponsale: sin da giovinetta dimostrava una vocazione e una fede viva e incarnata. Scrive Giovanni di Vettuta, una persona che frequentava la casa di Chiara: ”Ben che la corte de casa sua (di Chiara) fusse de le magiure de la cità, et in casa sua se facessero grande soese, nondimeno lei li cibi che li erano dati ad mangiare come in casa grande, li reservava et reponeva, et poi li mandava ali poveri(…)”.

La sua fede fu tale che, ancora ragazza, vide la sua felicità nella povertà di Cristo. Lei di nobile famiglia, ricca e bella abbandonò tutto, una bella casa, gli agi e le sicurezze che la posizione sociale della sua famiglia gli assicurava, per scegliere una vita durissima, piena di combattimenti. Chiara viveva sine glossa la parole di Gesù – ”Ama il tuo prossimo come te stesso” – al quale i suoi parenti e concittadini dicevano di credere, ma che tradivano continuamente questa chiamata all’amore vivo.

Di questo amore sponsale verso il Vivente ne abbiamo testimonianza in una delle quattro lettere che Chiara inviò a sant’Agnese di Praga, la figlia del re di Boemia, che la volle seguire nella vocazione. In esse, parla di Cristo, suo diletto Sposo, con espressioni nunziali, che commuovono per la loro profondità: “Amandolo, siete casta, toccandolo, sarete più pura, lasciandovi possedere da lui siete vergine. La sua potenza è più forte, la sua generosità più elevata, il suo aspetto più bello, l’amore più soave e ogni grazia più fine. Ormai siete stretta nell’abbraccio di lui, che ha ornato il vostro petto di pietre preziose… e vi ha incoronata con una corona d’oro incisa con il segno della santità” (Lettera prima: FF, 2862).

Per questo amore ruppe con la sua famiglia e rinunciò ad un ricco matrimonio. Parliamo di un’epoca in cui era non facile ribellarsi al padre e alla famiglia in genere. Rifiutando il matrimonio, Chiara ebbe davanti a se un futuro obbligato: o sfiorire nelle faccende di casa oppure farsi monaca di clausura. Nel secondo caso la famiglia le avrebbe assegnato una “dote” e avrebbe vissuto nel convento “custodita” dall’esterno, con i privilegi che gli venivano dalla sua nobile famiglia.

La seconda caratteristica della Santa fu la comunione Trinitaria : Chiara ascoltando Francesco fece l’esperienza che le sue parole erano uguali a quelle che lo Spirito Santo aveva messo nel suo cuore sin dalla tenera età.

Questa comunione Trinitaria insieme a Francesco ci viene testimoniato dal suo Testamento in cui Chiara scrisse che il Crocifisso della famosa icona orientale-siriana di San Damiano che parlò profeticamente al Poverello d’Assisi, annunciò le future clarisse, accanto a lui, per riparare e rinnovare la casa-chiesa, alla sequela del Cristo povero e crocifisso, come Maria. Una vocazione ad una fraternità inclusiva, dunque, da vivere insieme, fratelli e sorelle con il mondo esterno, per essere nella Chiesa e per la Chiesa “forma in esempio e specchio” del Signore e della sua Madre.

Terza caratteristica: Chiara fu ragazza e donna postmoderna in un’epoca in cui il potere era piramidale, gerarchico e maschilista. Fu la prima donna nella storia della Chiesa a scrivere una sua propria Regola e ad avere il coraggio di chiedere allo stupito e commosso Papa Innocenzo III il “privilegio della povertà” per servire il vero Signore, il vero potere, Gesù Cristo.

Quarta caratteristica: la fortezza. Chiara, giovane ragazza di diciotto anni, di notte fuggì da casa per recarsi nella piana di Santa Maria e raggiungere Francesco e i suoi fratelli. Dal suo palazzo a Santa Maria, Chiara di notte, dovette percorrere circa sette chilometri. Ricordiamo ancora che tutto ciò avvenne nel pieno Medioevo: Chiara si recò di notte da un gruppo di uomini, penitenti certo, ma privi ancora di un riconoscimento ufficiale della Chiesa. Questo gesto fu dunque scandalo per la morale pubblica.

Quinta caratteristica è la novità. Se per Francesco non fu facile continuare a vivere con i fratelli in una “clausura aperta” – come la chiamò il vescovo Giacomo di Vitry – immaginiamo quanto fu difficile per Chiara e le sue prime sorelle seguire il carisma di san Francesco: povera, a servizio degli uomini, con la straordinaria novità delle sorores extra monasterium servientes, sorelle attive fra gli uomini e le donne del mondo, testimoni del Vangelo con la stessa libertà dei frati. Anche questa come la Regola scritta da una donna e il “privilegio della povertà”, sono novità assolute nella storia della Chiesa.

Il vescovo di Vitry, di passaggio a Perugia, se da un lato notò la corruzione dei prelati, andando ad Assisi scrisse: “Trovai in quelle regioni una cosa che mi fu di grance consolazione: ricchi e laici d’ambo i sessi, spogliandosi di ogni proprietà per Cristo, abbandonavano il mondo. Si chiamano frati e sorelle minori(fratres minores e le sorores minores) e sono tenuti in grande considerazione dal papa e dai cardinali. Questi non si impicciano per nulla delle cose temporali, ma invece con fervoroso desiderio e con veemente impegno si affaticano ogni giorno per strappare dalle vanità mondane le anime che stanno per naufragare …..Costoro vivono secondo la forma della Chiesa primitiva, della quale è scritto: La moltitudine dei credenti era un cuor solo e un’anima sola. Durante il giorno entravano nelle città e nei paesi, adoperandosi attivamente per guadagnare altri al Signore; la notte ritornavano negli eremi o in qualche luogo solitario per attendere alla contemplazione. Le donne invece dimoravano insieme in alcuni ospizi non lontano dalle città, e non accettavano alcuna donazione, ma vivono del lavoro delle proprie mani. Non piccolo è il loro rammarico e turbamento, vedendosi onorate più che non vorrebbero da chierici e laici”. (Lettera dell’ottobre 1216: FF, 2205.2207).

Colpiscono due aspetti di quanto scrive il vescovo: donne che invece di essere “custodite” in monastero, continuamente e concretamente, con gesti, parole e fatti annunciano il Vangelo. Poi la capacità di saper leggere la novità dei frates minores e delle sorores minores (un nome, quest’ultimo, che la Chiesa volle – purtroppo – in seguito cancellare) come una comunità di uomini e donne che vivono in modo paritario la fraternità evangelica, senza poteri, fattisi volontariamente poveri per Cristo. Per questo motivo, Chiara dialogò con grande determinazione con la Chiesa fino ad ottenere da Papa Gregorio IX il cosiddetto Privilegium Paupertatis (cfr FF, 3279).

Sesta caratteristica, infine, la responsabilità. Essa emerge, in particolare, dall’impostazione della vita a S. Damiano data da Francesco a Chiara, racchiuse nella Forma vivendi e nelle Observantiae regulares. La critica storica ha discusso a lungo per illuminarne l’originalità in rapporto ai movimenti penitenziali femminili dell’epoca. Chiara rimase fedele a Francesco fino alla sua morte, si fece portatrice del suo messaggio evangelico ed affermò fino alla fine la dipendenza di San Damiano all’Ordine francescano.

Per questo motivo la Santa si scontrò con i programmi papali: Gregorio IX riformò gli Ordini religiosi femminili imponendo le regole benedettine secondo la riforma cisterciense. Per tale motivo il monastero di Chiara fu costretto ad essere di clausura, con l’obbligo di rispondere solo al Papa. Nonostante ciò Chiara ribadirà sempre con fermezza che i suoi superiori erano Francesco e i francescani, e tenterà di mantenere con i frati contatti stretti e costanti (Francesco prima e il suo successore frate Elia poi). La santa d’
Assisi, dunque, non si piegò mai alla visione claustrale classica.

Circa la forma vitae, Chiara non pose mai limiti precisi. Chiedeva alle sorelle una partecipazione attiva, affidando alla coscienza e alla responsabilità personale la decisione del comportamento più idoneo. Nessuna punizione era prevista per la sorella che peccava: le “armi” di Chiara erano la misericordia, la fiducia e l’irresistibile potere della carità e dell’amore.

Alla luce di quanto detto finora, si può affermare che Chiara ha rivalutato la figura della donna cristiana e non solo, offrendo risposte concrete alle ragazze e alle donne confuse da una cultura che le commercializza.

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Carmine Tabarro

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