Molti organi di informazione [1] hanno dato notevole risonanza ad una notizia divulgata dal “Sunday Times” [2] nei giorni scorsi. La notizia riferisce di una innovativa indagine diagnostica che, mediante le analisi effettate da un laser su alcune cellule, può quantificare lo stato di salute, prevedere malattie gravi e addirittura la data della morte, tanto che l’indagine è stata chiamata “death test”, ovvero il “test della morte”.
La notizia, appresa da fonti di divulgazione, non consente commenti di ordine tecnico, ma senz’altro stimola molte riflessioni generali, che condurremo in prospettiva esclusivamente filosofica. Innanzitutto risulta fuorviante il nome del test e la conseguente risonanza data per il riferimento alla morte. Infatti, quasi tutte le fonti giornalistiche hanno fatto eco al titolo scelto dal “Sunday Times”: Laser test to tell us when we will die, proponendo la notizia con esplicito riferimento alla predizione della data della morte: Quando morirai? Il ‘test della morte’ si farà con orologio laser [3]. Tuttavia sembra che tale indagine miri a valutare lo stato di salute fisica e non la data della morte.
Si impongono, comunque, alcune osservazioni. In primo luogo, si può considerare che lo stato di salute non è riducibile solo alla analisi di alcuni fattori di ordine cellulare (cromosomico, sembra), in quanto la nozione stessa di salute implica molto fattori di ordine senz’altro fisico, ma non solo fisico: gli elementi di ordine psico-fisico, psichico, spirituale hanno un notevole peso per la valutazione della salute fisica.
Ma le riflessioni che si impongono maggiormente riguardano la morte. La morte è soggetta a moltissimi fattori, non tutti determinabili, anzi per lo più non prevedibili. Soprattutto la morte non è una nozione che possa essere gestita esclusivamente dalle scienze particolari, e ancor meno da una sola scienza.
Consideriamo che comunque è sempre difficile stabilire se un organismo –qualsiasi tipo di organismo- sia effettivamente morto: ciò appare evidente nei vegetali, capaci di rigemmare dopo lunghi periodi di apparente assenza di ogni vitalità, ma accade anche negli animali e negli esseri umani. Ciò è dovuto alla complessità della vita stessa, e al fatto che la morte avviene in un istante, e l’istante non si può misurare.
La morte avviene in un istante perché è contraddittorio che un organismo possa essere contemporaneamente vivo e morto: o si è vivi o si è morti. La morte è preceduta da molti cambiamenti, che avvengono in un tempo misurabile, ma nessuno di questi è in se stesso la morte; parimenti la morte di un organismo è seguita da molti cambiamenti, verificabili e misurabili, ma tali cambiamenti riguardano le parti del corpo ormai morto. L’istante non si può percepire ne’ misurare: è il limite tra due condizioni diverse. È difficile, forse impossibile cogliere quell’istante, perché si tratta di un confine. Possiamo però ragionevolmente rintracciare alcune condizioni stanti le quali possiamo dire che il soggetto è vivo, e cadute le quali possiamo affermare che il soggetto è morto.
L’istante della fine della vita, come del resto anche l’istante dell’inizio, rimane racchiuso sempre in un mistero non misurabile [4]. Se è così difficile giudicare la morte di un organismo presente, appare evidente quanto sia illusorio poter “predire” la morte futura. Per la determinazione della condizione di morte avvenuta, devono collaborare molte competenze scientifiche e diagnostiche, coordinate da una razionalità di ordine filosofico. Per capire cosa significhi la morte, occorre, infatti, capire cosa sia la vita. Gli antichi Greci usavano due parole diverse per indicare la vita: “Zoè” in quanto vita condivisa da tutti i viventi, e “Bios”, in quanto vita esclusiva degli esseri umani, dunque anche di tipo spirituale.
Nel linguaggio biblico l’uso dei due termini appare maggiormente complesso. In Gv 14,6 troviamo “zoe” usata in modo infinitamente più ricco: «Io sono la via (odos), la verità (aletheia) e la vita (zoè)». La vita è una nozione analogica che abbraccia, senza essere ne’ equivoca ne’ univoca, condizioni diversissime: vita vegetativa, sensitiva, razionale, spirituale, fino alla vita somma che è propria di Dio, partecipata agli esseri da lui creati, in misura diversa.
Il contesto del “death test” impone di limitarci a riflettere soltanto sulla vita fisica degli organismi, cioè dei corpi viventi, su quella vita che finisce perché legata alle condizioni materiali del corpo. Ebbene anche solo limitandoci a questo campo, non è comunque facile definire la vita e di conseguenza la morte.
Possiamo ragionevolmente argomentare che la vita di un organismo è vita di una sostanza unitaria, e dunque consiste in attività unitarie, che riguardano l’organismo nella sua complessa individualità. Finché il corpo compie attività -per quanto minime, per quanto solo vegetative- in un modo unitario, che riguarda cioè tutta la sostanza unitaria, allora si può affermare che il corpo è vivo. Quando tali processi globali, unitari, non si danno più, allora si può affermare che l’organismo è morto, anche se taluni processi in modo periferico possono continuare. Le scienze particolari possono aiutare a circoscrivere questo istante, che però rimane racchiuso nel mistero.
Le scienze particolari non possono, da sole, definire la vita e la morte, perché si tratta di nozioni che implicano una analisi filosofica della realtà, però le scienze particolari forniscono nozioni (come quelle che la diagnostica al laser potrà forse darci, analizzando le cellule) inattingibili dalla filosofia, che la filosofia può formalmente interpretare [5].
Una nozione che può aiutare a riflettere sulla vita degli organismi nella sua complessità, è la nozione di “emergenza”. Robert VanGulick [6] ha definito classicamente tre livelli di emergenza. Il primo livello, “specific value emergence”, ovvero emergenza di valore specifico, corrisponde a proprietà del “tutto” non possedute dalle parti, ma deducibili da esse, come l’emergere della liquidità dell’acqua da una struttura gassosa.
Il secondo livello, “modest kind of emergence”, ovvero emergenza moderata, corrisponde invece a proprietà del tutto che sono di genere diverso da quelle delle “parti”; per esempio la durezza di un diamante, che non è semplicemente una determinazione dei componenti (infatti i componenti del diamante sono gli stessi della grafite: gli atomi di carbonio)
Il terzo livello, “radical kind of emergence”, ovvero emergenza radicale, è quello più autenticamente “emergente”: fa riferimento a proprietà del “tutto” che non solo sono di genere diverso dalle proprietà delle parti, ma non sono deducibili dalle parti e neanche dalle loro relazioni. L’emergenza, nel senso più pieno, è dunque una novità, totalmente imprevedibile. La vita degli organismi è una emergenza radicale, irriducibile e indeducibile dai componenti dello stesso organismo, che pure ne sono elementi costitutivi necessari.
Lorella Congiunti è Vice Rettore della Pontificia Università Urbaniana, dove è docente cattedratica di Filosofia della Natura nella Facoltà di Filosofia. Si occupa specificatamente di questioni di confine tra scienze, filosofia, Fede. E’ autrice di numerosi testi, tra cui L. Congiunti, Lineamenti di filosofia della natura, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2011.
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NOTE
[1] Per esempio, l’edizione serale del Tg2 di lunedì 12 agosto ha proposto la notizia con i commenti di Giacomo Marramao e di mons. Bruno Forte, vescovo di Chiet
i.
[2] Cfr. http://www.thesundaytimes.co.uk/sto/news/uk_news/Health/article1298979.ece ; (11 agosto 2013).
[3] Così per esempio l’AGI, Agenzia Giornalistica Italiana: cfr. http://www.agi.it/estero/notizie/201308121851-est-rt10157-quando_morirai_il_test_della_morte_si_fara_con_orologio_laser ; (12 agosto 2013).
[4] A proposito del mistero dell’inizio, il Salmo 138 illumina le nostre riflessioni: «tu mi conosci fino in fondo. Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra. Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi» Salmo 138, 14-16
[5] La parte della filosofia specificatamente impegnata in questa riflessione è la filosofia della natura. Su questi temi, cfr. L. Congiunti, Lineamenti di filosofia della natura, Urbaniana University Press, Città del Vaticano 2011.
[6] R. Van Gulick, Reduction, Emergence and other Recent Options on the Mind/Body problem. A Philosophical Overview, “Journal of Consciousness Studies”, 8 (2001) 9-10, pp. 1-34.