Pubblichiamo di seguito l’omelia del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale italiana, pronunciata ieri a Genova, nella Cattedrale di San Lorenzo, in occasione della festa del martire.
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Cari Fratelli e Sorelle
Viviamo la solennità di San Lorenzo nella grazia dell’Anno della Fede. Ogni volta, cerchiamo di cogliere qualche barlume dell’esempio del santo Martire: i santi, infatti, sono il Vangelo vissuto e quindi in ciascuno troviamo dei bagliori di Cristo. Guardando lo splendido affresco sulla volta dell’abside, troviamo il diacono Lorenzo che presenta all’imperatore romano i poveri come i veri tesori della Chiesa. Altre volte abbiamo meditato sul coraggio della testimonianza e del martirio; oggi, riflettiamo sulla bellezza della Chiesa che è lì rappresentata. Nel dipinto, infatti, con gli occhi della fede vediamo il volto di Gesù e con gli occhi della carne vediamo i volti dei poveri e dei credenti: l’uno e gli altri formano la Chiesa, Corpo di Cristo e Famiglia di Dio.
In questo Popolo c’è posto per tutti, perché la misericordia del Signore è sconfinata, ma i bisognosi e gli umili hanno un rilievo speciale: sono beati! La Chiesa, dunque, non è la Chiesa di categorie, di gruppi elitari, di iniziati; oppure la Chiesa dei giovani o degli anziani, degli uomini o delle donne. Essa ci accoglie tutti come siamo, con i nostri doni e le nostre miserie, con la nostra bontà e i nostri peccati.
Per questo la Chiesa è vicina alla gente là dove vive – la casa, il lavoro, il tempo libero –, ma anche la famiglia o la solitudine, la salute e la malattia, la gioia e la sofferenza. Non c’è nessun momento, nella parabola terrena, che non veda la vicinanza materna della Chiesa che porta la lampada della fede. Nella storia, a volte, si è cercato di estirpare la Chiesa dalla vita degli uomini: forse si è riusciti a sopprimerne le strutture, ma mai si è riuscito a spegnere il senso di Dio. La memoria di Gesù, della Madonna, dei Santi, è sopravvissuta silenziosa: magari nel cuore dei più anziani, in villaggi sperduti, in lande deserte. E questa memoria – a volte un po’ a brandelli – non solo ha resistito alla tirannia, ma spesso, come ha potuto, si è trasmessa alle giovani generazioni. Anche i nostri Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, sono il segno umile della natura della Chiesa, del suo cuore: il cuore della Chiesa è Cristo, e Cristo è la presenza misericordiosa di Dio nel mondo. Per questo la Chiesa è Chiesa di popolo.
Nella testimonianza di san Lorenzo è presente anche un altro aspetto: la fede non riguarda solo la vita interiore dei credenti, ma anche i rapporti tra gli uomini e quindi il loro stare insieme, la vita sociale. Essa ci dice che Dio è amore e che ha cura di ognuno: il suo disegno di salvezza abbraccia l’umanità intera e la creazione. Dimenticare questa realtà significa perdere ciò che, in qualunque situazione, rende preziosa la vita umana, e l’uomo “si smarrisce nella natura (…) oppure pretende di essere arbitro assoluto” di se stesso, degli altri, delle cose (Papa Francesco, Lumen fidei, 54).
Quando la città degli uomini – per costruire se stessa – si affida solo all’uguaglianza, rifiutando l’istanza superiore che è l’essere tutti fratelli perché figli di Dio, allora è come un edificio costruito sulla sabbia: la convivenza si corrompe, e il bene comune diventa una bandiera sventolata ma tradita. Senza la fede, come potremmo pensare di “toccare” nei poveri la carne di Cristo, cioè la carne di Dio? Ciò che il martire Lorenzo ha fatto donando tutto ai poveri, non è stato solo un grande atto di carità, ma anche un servizio all’imperatore e all’impero, cioè alla società di allora. Ha proclamato nei fatti che una società è vera quando è giusta e fraterna, e che l’autorità non è per se stessa ma per servire. E’ una lezione sempre attuale e un monito grave.
Parte imprescindibile del bene comune – come sappiamo – è la famiglia, la casa, il lavoro. A tale riguardo, si legge di segnali positivi nella crisi che affligge da anni anche il nostro Paese. Se non sono dei presagi, ce ne dobbiamo moderatamente rallegrare, sapendo che una vera ripresa dell’occupazione ancora non si vede. I segnali positivi sono l’inizio dell’alba, ma troppa gente attende il giorno per non perire. Tutti auspichiamo che i cenni di ripresa diventino realtà per tutti: mentre la ripresa avanza lentamente, infatti, l’affanno di famiglie, giovani e anziani, morde e non aspetta tempo. Bisogna fare e fare in fretta. Ogni autorità, a qualunque livello, deve accelerare i tempi, semplificare procedure vecchie e dannose, procedere a marce forzate senza distrazioni o retropensieri. Nessuno può chiamarsi fuori o rimandare l’impegno in prima persona.
Il martire Lorenzo continui a guardare da questa cattedrale la Città, la nostra gente, il suo impagabile patrimonio di professionalità e di sacrificio. Perderlo per superficialità, imperizia, o interessi particolari, sarebbe imperdonabile davanti agli uomini e grave davanti a Dio.