di Luca Marcolivio

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 3 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Il ciclo di catechesi sulla preghiera di papa Benedetto XVI è proseguito stamattina, nel corso dell’Udienza Generale, con una meditazione sulla natura ecclesiale della preghiera liturgica.

La catechesi odierna è scaturita dal seguente interrogativo posto dal Santo Padre: “nella mia vita, riservo uno spazio sufficiente alla preghiera e, soprattutto, che posto ha nel mio rapporto con Dio la preghiera liturgica, specie la Santa Messa, come partecipazione alla preghiera comune del Corpo di Cristo che è la Chiesa?”.

La risposta a tale domanda, ha proseguito Benedetto XVI, ha come presupposto la preghiera intesa come “relazione vivente dei figli di Dio con il loro Padre infinitamente buono, con il Figlio suo Gesù Cristo e con lo Spirito Santo”, come sottolinea il Catechismo della Chiesa Cattolica (n° 2565). Questa relazione prende avvio con il battesimo.

Soltanto attraverso Gesù Cristo è possibile dialogare con Dio e conoscerlo “come Padre vero”. Cristo, a sua volta, è conoscibile come “Persona vivente”, nella Chiesa, ovvero il suo Corpo. “Il legame inscindibile tra Cristo e la Chiesa – ha osservato il Papa - attraverso la forza unificante dell’amore, non annulla il «tu» e l’«io», bensì li innalza alla loro unità più profonda”.

La partecipazione alla liturgia ci permette, quindi, di fare nostra “la lingua della madre Chiesa”. Immergendoci nelle parole della Chiesa, comporta una “necessaria graduale trasformazione del nostro essere”.

La preghiera che Gesù ci ha insegnato, si rivolge a Dio come Padre. Un Padre che è nostro, quindi pregando Lui, si prega insieme agli altri e con la Chiesa; pertanto “non si può pregare Dio in modo individualista”. Nella preghiera liturgica, infatti – e in particolare nell’Eucaristia – “non parliamo solo come singole persone, bensì entriamo nel «noi» della Chiesa che prega”.

È ancora il Catechismo a ricordarci che ogni pratica liturgica, soprattutto la celebrazione eucaristica, è “un incontro tra Cristo e la Chiesa” (n°1097). La liturgia, quindi, aiuta ad uscire dall’“essere chiusi in se stessi” e fa “accedere al grande banchetto”, alla “grande comunità vivente, nella quale Dio stesso ci nutre”.

Inoltre, la liturgia ha “carattere universale” ed è “culto del tempio universale che è Cristo Risorto, le cui braccia sono distese sulla croce per attirare tutti nell’abbraccio dell’amore eterno di Dio”. Ogni cristiano deve sentirsi “realmente inserito in questo «noi» universale, che fornisce il fondamento e il rifugio all’«io», nel Corpo di Cristo che è la Chiesa”.

La presenza reale di Cristo nell’eucaristia, fa sì che la liturgia non sia un mero “ricordo di eventi passati”. Se non emerge questa centralità di Cristo nella celebrazione viene a mancare la liturgia cristiana stessa, la quale è “totalmente dipendente dal Signore e sostenuta dalla sua presenza creatrice”.

La liturgia, ha aggiunto il Santo Padre, “non è un nostro, un mio «fare», ma è azione di Dio in noi e con noi”. Non è nemmeno il sacerdote – da solo o con latri fedeli – a celebrare la liturgia poiché “essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa”.

La “universalità ed apertura” della liturgia è una delle ragioni per cui essa “non può essere ideata o modificata dalla singola comunità o dagli esperti, ma deve essere fedele alle forme della Chiesa universale”.

In ogni liturgia, anche nella comunità più remota e sperduta, “è sempre presente la Chiesa intera”, pertanto “non esistono «stranieri» nella comunità liturgica”. Una comunità che, in questo modo, celebra la sua unità “con il Papa, con i Vescovi, con i credenti di tutte le epoche e di tutti i luoghi”. Se una celebrazione è animata da questa consapevolezza, “in essa si realizza il senso autentico della liturgia”.

Nelle considerazioni conclusive, Benedetto XVI ha indicato nella liturgia, il luogo in cui la Chiesa “si sperimenta pienamente” e in cui “Dio entra nella nostra realtà e noi lo possiamo incontrare, lo possiamo toccare”.

Se la preoccupazione di sacerdoti e fedeli è solo quella di come rendere la liturgia “attraente”, “interessante” o “bella”, rischiamo di dimenticare l’essenziale: la liturgia si celebra per Dio e non per noi stessi” ed è “opera sua”.

Al termine della catechesi, il Santo Padre ha ricordato la sua visita, prevista per la giornata di domani, al Santuario di Loreto, nel 50° anniversario del pellegrinaggio del beato Giovanni XXIII nella medesima località mariana, una settimana prima dell’apertura del Concilio Vaticano II.

Il Papa ha quindi esortato i fedeli a “raccomandare alla Madre di Dio i principali eventi ecclesiali che ci apprestiamo a vivere: l’Anno della fede e il Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione”.