del Rev. p. Mario Aldegani, C.S.I.
CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 15 ottobre 2012 (ZENIT.org) - Riportiamo di seguito l'intervento del Rev. padre Mario Aldegani, Superiore Generale della Congregazione di San Giuseppe, alla Settima Congregazione Generale del Sinodo dei Vescovi (venerdì 12 ottobre).
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La pratica dell’evangelizzazione si situa dentro una pratica di relazioni umane. La qualità e lo spessore delle relazioni sono spesso sottovalutati nell’evangelizzazione, o pensati in ottica strumentale, ai fini dell’accoglienza della buona novella. Vivere in verità una relazione umana significa lasciarsi raggiungere dall’appello, che è insieme promessa e dono, iscritto nella vita stessa; appello alla condivisione, a camminare insieme, ad accogliere, a rendersi responsabili, a sentire che ciò che si possiede appartiene anche all’altro ed è dono per tutti. La qualità umana della relazione è tenuta viva, nel credente, dalla coscienza che il cuore e la carne di ogni uomo portano l’immagine di Dio, la traccia della salvezza di Cristo.
Ci si può chiedere se le pratiche di evangelizzazione siano sempre pratiche di relazioni vere e se siano quindi situate sulla traccia dell'operare attuale di Dio.
Se è vero che una crisi di fiducia nella vita attraversa tanti ambiti della vita contemporanea e la stessa crisi educativa, è pure vero, forse, che la stessa crisi di fiducia attraversa anche gli ambienti ecclesiali e le stesse pratiche di evangelizzazione.
L’evangelizzazione, in realtà, ha bisogno di un clima di fiducia, di una trama di relazioni segnate dalla speranza. Una pratica evangelizzatrice nel segno della fiducia e della speranza va sostenuta da una riflessione antropologica profondamente ispirata dalla Rivelazione.
Si tratta, più che di comporre l’antropologico e il teologico, di pensare l’umano nella luce e nell’ispirazione della Rivelazione e della Pasqua del Cristo. Si tratta, più radicalmente, di abitare pienamente e in verità l’umano nelle tracce di rivelazione e di redenzione che si porta dentro.
Non ci può essere oggi evangelizzazione senza profezia sul senso e sulla verità dell’umano. La comunicazione, e la stessa evangelizzazione in quanto pratica relazionale e comunicativa, è possibile perché si abita lo stesso terreno, che non può che essere terreno di vera umanità.
Ma abitare in verità il “terreno” (la terra, tutto ciò che è umano), significa abitare le tracce della Rivelazione e della Redenzione, e intercettare la Parola attuale di Dio. Su questo terreno chi evangelizza può far davvero risuonare la Parola che salva e chi la ascolta può davvero avvertirla come Parola interpellante e liberante, esigente, ma portatrice di gioia.