di Francesco Cosentino
ROMA, sabato, 27 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Mentre nei Paesi di antica tradizione cristiana si avverte la stanchezza delle pratiche cristiane e una lenta ma crescente disaffezione verso le fede, la comunità cristiana si interroga, sotto la spinta di Benedetto XVI, alla ricerca di nuovi linguaggi e nuove forme capaci di ridire il vangelo oggi. La nuova evangelizzazione tanto invocata, lungi dall’essere una semplice ripetizione del passato o una esteriore opera di restauro, dovrebbe mirare proprio a questo: ridire la parola della fede che, in definitiva, è Cristo stesso, rivelazione del Padre e dell’uomo. A questo scopo, il progetto editoriale “le parole della fede” ideato da Cittadella Editrice, si premura di offrire degli strumenti, rigorosi e tuttavia accessibili, per riappropriarsi delle “parole” principali della nostra fede e di sondarne i significati teologici. Il primo libro della neonata collana reca la penna di Giovanni Ancona, noto teologo pugliese, famoso per il suo trattato di Escatologia Cristiana nonché per diverse altre pubblicazioni e, attualmente, Decano della Facoltà di Teologia presso la Pontificia Università Urbaniana.
Ancona da vita e voce al tema del “regno di Dio”, una delle parole della nostra fede forse più usate e, tuttavia, una delle meno comprese. Troppi fraintendimenti si aggirano intorno all’espressione “regno di Dio”: da chi pensa esclusivamente ad una realtà futura a chi identifica il regno con la chiesa. La necessità di “ricomprendere” questa parola, a partire da tali fraintendimenti, viene esplicitata dall’autore fin dall’introduzione del testo. Un testo che si presenta semplice eppure denso di spunti, di movimenti intrecciati tra pensiero credente e prassi ecclesiale, di visioni teologiche approfondite, di punti fermi che ne costituiscono il fulcro e attorno ai quali si aprono ventagli di prospettive e significati. Una strutturazione agevole fa da cornice al testo: il tema del regno di Dio nella Sacra Scrittura, nella storia della teologia dall’antichità ad oggi e, infine, nei lineamenti teologici più sistematici.
In modo appassionato e biblicamente documentato, l’autore fa emergere la coscienza della regalità di Javhé nel popolo di Israele e, lentamente, la direzione messianica che una simile coscienza assume e sviluppa soprattutto tramite il profetismo; nella stessa Scrittura, emerge anche la dialettica tra regno terreno e regno escatologico-celeste, fino a giungere a quella pienezza di significato che emerge dal Nuovo Testamento e dalla predicazione di Gesù: il regno di Dio è “ora”, giunge attraverso l’agire salvifico di Gesù che esprime la sovranità regale di Dio sull’umanità in vista della sua salvezza. In sostanza, sostiene l’autore, la novità del Nuovo Testamento consiste nel fatto che il regno di Dio non è tanto un semplice aspetto o contenuto ma è la persona stessa del Figlio: “la novità sta proprio nel fatto della presenzialità della signoria di Dio…Il dato particolarmente importante nella predicazione/storia di Gesù è che il regno che lui annuncia, oltre ad essere una realtà presente, si riferisce alla sua persona e alla sua missione” (pp. 38-39). Basterebbe questa affermazione sintetica ed incisiva per cogliere il significato profondo dell’espressione “regno di Dio” che l’autore tuttavia esplicita chiaramente più avanti: il regno non è spazio o luogo fisico ma è, anzitutto, un evento. E’ la stessa realtà di Gesù e del suo legame con il Padre in cui gli uomini sono invitati a scoprire la presenza di Dio e la sua paternità che si estende, senza esclusioni, a tutti gli uomini, soprattutto a coloro che sono poveri, perduti, feriti o toccati dal male. Il teologo non manca di chiarire che, se in Gesù questa presenza escatologica di Dio è compiuta, Egli rappresenta per noi un inizio di questo regno, il quale tende a crescere fino alla perfezione; emerge qui la dimensione paradossale tipica della fede cristiana e che nella parabola del regno – realtà dinamica – è alquanto evidente: “il regno di Dio è una realtà presente che opera in modo efficace e, allo stesso tempo, è una realtà aperta al compimento. Piccolezza e grandezza, anticipazione e compimento escatologico costituiscono i due fuochi della parabola del regno” (pp. 46-47).
L’excursus procede con la narrazione dello sviluppo storico-teologico dell’idea di “regno di Dio” che l’autore affronta con puntualità e precisione sia nella ricostruzione storica che nell’approfondimento teologico: l’età antica che si muove tra millenarismo e concezione politica del regno sotto Costantino, fino ad arrivare alle “due città” di Agostino; l’età medievale con l’identificazione tra chiesa e impero, la novità del pensiero di Gioacchino da Fiore che relativizza la chiesa presente per protenderla in avanti verso il suo compimento; infine, la visione mistica del regno come realtà interiore dell’anima; l’età moderna in cui l’idea di regno di Dio è rimodulata passando per la Riforma protestante, l’età post-tridentina e il razionalismo e in cui il tema del regno diventerà oggetto di riflessione filosofica; infine, l’età contemporanea nella quale l’autore annovera il contributo della teologia protestante, l’evento epocale del Concilio Vaticano II e i diversi sviluppi teologici sul tema. Tra essi, vengono ricordati tutte quelle provocazioni della teologia del Novecento che hanno in qualche modo ampliato il tema verso un significato più sociale e politico e meno privato.
Nella parte finale, Ancona traccia dei lineamenti sistematici a partire dal significato teologico di “regno di Dio”: la vicenda personale di Gesù Cristo che rivela la nuova regalità di Dio come misericordia e amore, la stretta relazione – ma non l’identificazione – tra il regno e la chiesa per cui quest’ultima “pone in essere nella storia quei segni del regno futuro, di cui già vive nel suo mistero” (p. 151) e, infine, la pienezza escatologica della realtà del regno. In definitiva, il testo di Giovanni Ancona ci sembra una importante chiave di ingresso a questo tema delicato e centrale, una possibile pista per entrare nel mistero senza ridondanze o complicazioni ma anche senza luoghi comuni o banalità. Un testo allo stesso tempo preciso in quanto alla sua scientificità e invitante in quanto allo stile e alla lingua. Mentre siamo già nel regno e camminiamo nella fatica e nella polvere dell’umano per giungere al non ancora a cui Dio ci ha predestinato, il libro di Ancona ci offre accompagnamento, sostegno e pensiero. Soprattutto aiuta tutti noi a tenere sempre viva la speranza cristiana a cui aneliamo.
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