CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 25 ottobre 2012 (ZENIT.org) – La sentenza di condanna contro Paolo Gabriele è ora definitiva. Lo ha riferito in una nota il direttore della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi.
Non essendo stato presentato alcun ricorso in appello nei 20 giorni a decorrere dalla sentenza, emessa il 6 ottobre scorso, per mandato del Presidente del Tribunale, il Promotore di Giustizia ha disposto l’ordinanza di esecuzione della pena, che sarà eseguita in giornata.
Gabriele tornerà quindi in carcere. Per la precisione l’ex maggiordomo – come ricordato stamattina da padre Lombardi in un briefing con i giornalisti – andrà a scontare la pena in una delle celle della Caserma della Gendarmeria Vaticana.
L’ex aiutante di camera di papa Benedetto XVI era stato condannato a un anno e mezzo di reclusione per furto aggravato di documenti riservati del Pontefice e della Curia Romana.
Secondo quanto riferisce un comunicato della Segreteria di Stato Vaticana, la sentenza “mette un punto fermo su di una vicenda triste, che ha avuto conseguenze molto dolorose”.
“È stata recata un’offesa personale al Santo Padre – si legge nella nota -; si è violato il diritto alla riservatezza di molte persone che a Lui si erano rivolte in ragione del proprio ufficio; si è creato pregiudizio alla Santa Sede e a diverse sue istituzioni; si è posto ostacolo alle comunicazioni tra i Vescovi del mondo e la Santa Sede e causato scandalo alla comunità dei fedeli”.
Inoltre, “per un periodo di parecchi mesi è stata turbata la serenità della comunità di lavoro quotidianamente al servizio del Successore di Pietro”. Il dibattimento si è svolto “con trasparenza, equanimità, nel pieno rispetto del diritto alla difesa – aggiunge il comunicato -. L’imputato è stato riconosciuto colpevole al termine di un procedimento giudiziario che si è svolto con trasparenza, equanimità, nel pieno rispetto del diritto alla difesa”.
Secondo la Segreteria di Stato, il dibattimento ha potuto “accertare i fatti”, appurando che Gabriele ha messo in atto il suo “progetto criminoso senza istigazione o incitamento da parte di altri, ma basandosi su convinzioni personali in nessun modo condivisibili”.
Le varie ipotesi di complotti e di coinvolgimento di altre persone, secondo quanto riferisce la nota, alla luce della sentenza si sono rivelate “infondate”.
Con il passaggio della sentenza in giudicato Paolo Gabriele dovrà scontare il periodo di detenzione inflitto. Si apre inoltre a suo carico la procedura per la destituzione di diritto, prevista dal Regolamento Generale della Curia Romana. Tale procedura comporta l’incompatibilità dell’imputato con qualunque incarico lavorativo o ufficio presso la Santa Sede.
In rapporto alla misura detentiva, la Segreteria di Stato rammenta che “rimane l’eventualità della concessione della grazia, che, come ricordato più volte, è un atto sovrano del Santo Padre”. Essa tuttavia “presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi”.
Se rapportata al danno causato, la pena applicata “appare al tempo stesso mite ed equa, e ciò a motivo della peculiarità dell’ordinamento giuridico dal quale promana”, commenta infine la Segreteria di Stato.