di S. E. Gevorg [Saroyan]
CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 25 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito l’intervento di S. E. Gevorg [Saroyan], Decano della “Gevorgyan Theological Faculty” (Armenia), delegato fraterno alla quinta Sessione dei Circoli Minori del Sinodo dei Vescovi (23 ottobre 2012).
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C’è un’intesa comune sul fatto che l’evangelizzazione è la missione della Chiesa, rispecchiandone la natura e il fine. Quando parliamo di nuova evangelizzazione suggeriamo un confine tra nuovo e vecchio, creiamo una separazione. Parlare di un modo nuovo di fare qualcosa implica che quello vecchio non funziona più o che ha qualche svantaggio che deve essere rivisto. Questa è la spiegazione letteraria del concetto di vecchio e nuovo.
È evidente che le Chiese cristiane stanno attraversando tempi difficili nel mondo moderno, specialmente in Europa. Sebbene queste difficoltà siano congiunturali, per certi aspetti sono comuni a tutte le tradizioni cristiane.
L’evangelizzazione è in crisi, il numero dei cristiani praticanti non aumenta. La gente è alla ricerca di spiritualità e lo sarà sempre, ma la Chiesa per certi aspetti non riesce a offrire un ambiente in cui le persone possano riunirsi nel nome di Cristo. Ritengo che sia una questione di fiducia.
È sempre utile per la missione della Chiesa impegnarsi a trovare nuovi metodi di evangelizzazione al fine di svolgere fedelmente la propria missione. Sono convinto che questa assemblea possa offrire un contributo a tal fine, soprattutto che le diverse voci possano aiutare a comprendere la situazione più pienamente, a guardarla da una prospettiva diversa e ad arricchirci reciprocamente con le nostre esperienze.
Quanto al rinnovamento, dobbiamo guardare alla tradizione della Chiesa quale sorgente di fede e di teologia e in questo caso possiamo parlare anche di nuova evangelizzazione.
Desidero richiamare la vostra attenzione sul fatto che c’è qualcosa di molto efficace nell’evangelizzazione secondo le pratiche della Chiesa delle origini, che va sempre presa in considerazione. Sono certo che un modo utile per superare la crisi sia che la Chiesa ripensi alla comunità cristiana come immagine di Cristo. Ritengo che ciò sia possibile se la Chiesa sarà disposta a fare autocritica, ad aprirsi all’ascolto.
Un passo importante da compiere è quello di riproporre l’immagine del sacerdote che vive secondo la Parola di Dio. La Chiesa deve essere molto ferma riguardo al rito dell’ordinazione. La fede e la pratica devono essere messe al primo posto e devono completarsi a vicenda. Il sacerdote deve essere modello di vita cristiana, ma la Chiesa istituzionale deve creare un ambiente adeguato in cui la fede possa essere praticata fedelmente, in modo radicalmente ortodosso.