di Luca Marcolivio
CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 23 ottobre 2012 (ZENIT.org) – A diciassette giorni dalla condanna a carico di Paolo Gabriele, il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano ha reso nota la sentenza con le relative motivazioni.
Secondo il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi – che ha illustrato la sentenza nel corso di un briefing con i giornalisti accreditati – si tratta di una sentenza “senza sorprese” che semplicemente ricostruisce i passi della vicenda che ha portato all’arresto dell’ex aiutante di camera di Papa Benedetto XVI per furto aggravato di documenti relativi all’attività del Pontefice e della Curia Romana.
La condotta di Gabriele è stata definita “lesiva nell’ordinamento vaticano della persona del Pontefice, dei diritti della Santa Sede, di tutta la Chiesa cattolica e dello Stato della Città del Vaticano”, si legge nella sentenza.
La condanna di Paolo Gabriele a tre anni di reclusione per furto aggravato (è stata congelata, invece, l’accusa di appropriazione indebita) è stata ridotta a un anno e mezzo, a seguito della concessione delle attenuanti generiche richieste dal Promotore di Giustizia. A ciò si aggiunge la condanna dell’imputato alla corresponsione delle spese processuali, pari a circa 1000 euro.
Le attenuanti sono riconducibili alla buona fede e all’assenza di precedenti penali di Gabriele, mentre le aggravanti risiedono nell’abuso di fiducia dell’imputato nei confronti del Santo Padre e nella diffusione di documenti riservati.
Proprio a causa della relativa brevità della pena, il Tribunale non ha accolto la richiesta di condanna all’interdizione perpetua dai pubblici uffici richiesta dal Promotore di Giustizia a carico dell’imputato, limitandosi agli incarichi in cui si esercitano i poteri dello stato.
La gravità del reato non ha tuttavia permesso l’applicazione della sospensione condizionale della pena.
La sentenza, tuttavia, ha confermato la piena capacità di agire e la consapevolezza delle proprie azioni da parte di Gabriele. La perizia d’ufficio ha infatti escluso qualunque menomazione psichica che possa rendere l’imputato non consapevole della gravità degli atti compiuti.
La perizia di parte – cui però la difesa aveva rinunciato – effettuata dal prof. Tonino Cantelmi, affermava, al contrario, l’incapacità di intendere e volere da parte dell’imputato.
Nel corso del dibattimento Gabriele aveva affermato di non aver ricevuto “danaro in cambio della dazione di documenti anche perché [ciò] era una condizione essenziale”. Ciononostante il dolo sussiste, in quanto dal furto compiuto l’ex maggiordomo del Papa ha conseguito un profitto, sia pure di natura non economica ma puramente morale.
Quanto all’utilizzo del termine “suggestione”, più volte menzionato da Gabriele durante il processo, esso non implica il coinvolgimento di altre persone. Non risultano, infatti, prove di correità e complicità; l’imputato si riferiva all’influsso che l’ambiente avrebbe esercitato su di lui, arrivando a compiere un’azione illecita, nella convinzione di agire per il bene del Papa e della Chiesa.
Inoltre i tre oggetti rivenuti nell’abitazione di Gabriele – la pepita, l’assegno da 100 mila euro e la copia rara dell’Eneide, spariti dall’appartamento pontificio – sono stati giudicati dal Tribunale “irrilevanti” ai fini della sentenza, in quanto “rimangono non del tutto chiare le circostanze del loro rinvenimento”.
Padre Lombardi ha ricordato che il Promotore di Giustizia ha 40 giorni di tempo dal giorno della pubblicazione della sentenza, per ricorrere in appello: in caso contrario la pena diventa esecutiva e Gabriele, attualmente agli arresti domiciliari, verrebbe condotto nelle celle della Caserma della Gendarmeria, nei pressi di Porta Angelica. Se dovrà scontare la pena detentiva, Gabriele lo farà in Vaticano e non in Italia, non essendo stata esplicitata una richiesta simile al governo italiano.
Più volte interrogato sulla possibilità di una grazia a beneficio di Paolo Gabriele da parte del Santo Padre, il portavoce vaticano ha precisato che si tratterebbe di una “decisione personale” del Pontefice di cui è impossibile sapere se e quando si verificherà.
Padre Lombardi ha poi confermato che il presidente del Tribunale della città del Vaticano, Giuseppe Dalla Torre, ha emesso il decreto che fissa al 5 novembre prossimo l’udienza in cui, sempre nell’ambito del caso Vatileaks, è imputato per favoreggiamento il tecnico informatico Claudio Sciarpelletti.
L’udienza avrà luogo nell’Aula delle udienze del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano e il Collegio giudicante sarà composto dal prof. Giuseppe Dalla Torre, Presidente, dal prof. avv. Paolo Papanti-Pelletier, Giudice, e dal prof. avv. Venerando Marano, Giudice.