ROMA, martedì, 23 ottobre 2012 (ZENIT.org).

Lettura

In questo Vangelo sembriamo messi un po’ alle strette: c’è un clima di tale vigilanza e attenzione che un po’ ci intimorisce. Pensiamo realmente all’arrivo di Dio nel giorno della nostra morte e avvertiamo una sorta di timore, perché non siamo capaci neppure ora di vivere con l’attenzione che questa pagina ci richiede. Dio torna a casa, nella casa che è la vita di ciascuno, non solo al momento della morte, ma in ogni attimo. Ha un intenso desiderio di stare con noi, continuamente. A noi spetta accoglierlo con altrettanto desiderio di stare con Lui.

Meditazione

Le parole di questo Vangelo rivolte ai discepoli insegnano un atteggiamento che deve assumere chi vuole seguire Gesù: stare pronti! Pronti, con le vesti ai fianchi e la lampada accesa, alla stessa maniera di chi aspetta una persona importante. Traspare un’attesa tutt’altro che timorosa o agitata. Il padrone di questo breve episodio è un uomo certamente contento, perché di ritorno da una festa di nozze; non lo possiamo immaginate stanco o irritabile, come se tornasse dal lavoro, o da un lungo viaggio. Ha uno strano comportamento: pur tornando a tarda ora, non si fa servire, ma serve lui stesso, in un atteggiamento sorprendentemente affettuoso, i suoi servitori. È un personaggio che vive con i suoi servi in un clima di serenità: ciò che fa, ci dice il suo desiderio di far partecipi della sua gioia chi vive con lui. L’attesa di questi è vissuta nello stesso impaziente desiderio. Quando si incontra qualcuno cui si vuole bene, non si può che essere contenti! Il servizio che si è chiamati a compiere non è gravoso, non è un dovere, ma un gesto d’amore. Quanto Gesù vuole insegnare ai discepoli e a noi, è la stessa capacità di attesa tra cuori innamorati. I servi e il padrone, i cui ruoli si confondono lasciando emergere una relazione di reciproca fiducia e affetto, siamo noi e il Signore. Ogni giorno Lui passa, bussa alla porta del nostro cuore per condividere con noi la sua gioia, per passare a servirci, come nel cenacolo si chinò sui piedi dei Dodici per lavarli. Viene sempre per portarci un clima di festa! Sta a noi riconoscerlo, aprirgli e accogliere il suo desiderio di amarci, di servirci, di stare con noi, per rendere contagiosa del suo amore per gli altri tutta la nostra vita.

Preghiera

«Chi mi concederà di trovar pace in te? Chi ti farà venire nel mio cuore per inebriarlo, affinché io dimentichi i miei mali e abbracci te, l’unico mio bene? Che cosa sei tu per me? Che cosa sono io stesso per te, che comandi d’essere amato da me…? Di’ all’anima mia: io sono la tua salvezza… Angusta è la casa della mia anima. Perché tu venga in essa: sii tu ad ingrandirla. È cadente: restaurala»(Sant’Agostino, Confessioni, I,5).

Agire

Nella notte punterò la sveglia e mi alzerò per una breve preghiera.

Meditazione del giorno a cura delle Monache Agostiniane della Comunità Santi Quattro Coronati a Romatratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it