di Fabio Adernò, canonista
CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 22 ottobre 2012 (ZENIT.org) – All’interno di questa categoria si considerano anche i cosiddetti Ordini familiari, vale a dire quegli Ordini che, pur appartenendo al patrimonio araldico di una Famiglia Reale sovrana o già sovrana, non furono mai messi a disposizione della Nazione.
La Santa Sede si premura a puntualizzare che Essa, nella sua prudenza, oltre ai propri Ordini Equestri, riconosce e tutela soltanto il Sovrano Militare Ordine di Malta e l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Risulterebbe pertanto non contemplato, ad esempio, l’Ordine Teutonico, che pure è un ordine di subcollazione ed una specialissima realtà cavalleresca che l’Annuario Pontificio annovera tra gli Ordini religiosi maschili, nella categoria dei canonici regolari, i cui membri sono divisi in Cavalieri d’Onore (che emettono la professione dei precetti evangelici della perfezione cristiana) ed in Familiari o Mariani (che ne costituiscono una sorta di Terz’Ordine). Tuttavia, il non essere elencato nella nota della Segreteria di Stato non priva di certo l’Ordine Teutonico del riconoscimento e della tutela da parte della Santa Sede.
Segnatamente per quanto attiene all’Italia, allo stesso modo devono essere considerati anche gli Ordini dinastici e familiari, quali l’Ordine Supremo della Ss.ma Annunziata e l’Ordine Ospedaliero dei SS. Maurizio e Lazzaro (Real Casa di Savoia), il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio (l’unico superstite tra i sei Ordini patrimonio araldico della Real Casa di Borbone-Due Sicilie), il Sacro Militare Ordine di Santo Stefano Papa e Martire e l’Ordine del Merito di San Giuseppe di Toscana (patrimonio araldico della Reale e Imperiale Casa d’Asburgo-Lorena di Toscana).
A tali storiche e prestigiose istituzioni cavalleresche, nate e approvate dalla Santa Sede nel corso dei secoli quale segno di attenzione paterna del Sovrano Pontefice nei confronti dei Principi cristiani, la Sede Apostolica riconosce dignità ed autonomia giuridica e, segnatamente, canonica, essendo esse configurate tra le associazioni di fedeli di cui ai cann. 298-311 del Codice di Diritto Canonico, in combinato disposto con la mente del can. 114 che, riassumendo la tradizione canonistica in materia di enti tutelati e riconosciuti dall’Ordinamento canonico, enuncia come fini propri di un ente quelli propri della missione della Chiesa, cioè «le opere di pietà, di apostolato e carità, sia spirituali che temporali»
Canonisticamente parlando, tali istituzioni cavalleresche dinastiche-familiari (e solo quelle sopra enumerate, perché le uniche superstiti) sono dunque delle Associazioni di fedeli (perché inquadrate dai cann. 298, §1 e 301, §3 CIC) di Diritto Pontificio (perché l’Autorità erigente o concedente il patrocinio fu la Sede Apostolica (cf. can. 312, §1, n.1 CIC)): queste due precisazioni sfatano pertanto ogni dubbio circa la possibile ricomprensione di detti Ordini Dinastici nella locuzione “tutti gli altri Ordini” del testo della nota.
Gli Ordini dinastici e familiari di Case Reali o Imperiali cattoliche sono configurati all’interno delle categorie giuridiche canoniche di “persone giuridiche ecclesiastiche”, anticamente dette anche “persone morali”, “enti giuridici”, “corpi morali”, “personae canonicae”, cioè quelle «universitas sive personarum sive rerum in finem missioni Ecclesiae congruentem, qui singuloroum finem trascendit, ordinatae» (can. 114).
Essi, dunque, non possono che godere della considerazione giuridica di quell’Ordinamento che ne detta le qualità, ma in quanto Ordini che rientrano nel patrimonio araldico di Case ex regnanti sarebbe stato ultroneo contemplarli nella nota della Segreteria di Stato, perché il riconoscimento ed il patrocinio della Santa Sede fu loro già accordato illo tempore.
Stessa riflessione, per analogia, si fa per l’Ordine Teutonico, che, come si è detto, pur essendo un Ordine cavalleresco è, a ragione dei suoi statuti, anche un Ordine religioso di canonici regolari.
Non è poi indifferente notare che la precisazione della Segreteria di Stato del 16 ottobre scorso, nell’enumerare gli unici due Ordini riconosciuti e tutelati dalla Santa Sede, segua le precedenze diplomatiche sancite dalla tradizione araldica per le quali, immediatamente dopo gli Ordini Equestri Pontifici (che precedono sempre tutti gli altri a ragione del Supremo collatore, titolare di ogni potestà diretta e indiretta perché Vicario di Cristo) vi è il Sovrano Militare Ordine di Malta (a ragione della sua sovranità e indipendenza) e, a seguire, l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (perché Ordine di subcollazione pontificia e dunque semi-indipendente, che pur gode di protezione della Sede Apostolica e di personalità giuridica canonica secondo i principi sopra enunciati).
Sembrerebbero bizantinismi quelli appena riferiti, eppure il fine della nota è contenuto nell’ultimo paragrafo dove si dice espressamente che «Ad evitare equivoci purtroppo possibili, anche a causa del rilascio illecito di documenti e dell’uso indebito di luoghi sacri, e ad impedire la continuazione di abusi che poi risultano a danno di molte persone in buona fede, la Santa Sede conferma di non attribuire alcun valore ai diplomi cavallereschi e alle relative insegne che siano rilasciati dai sodalizi non riconosciuti e di non ritenere appropriato l’uso delle Chiese e cappelle per le cosiddette “cerimonie di investitura”».
Si tratta, pertanto, di una finalità morale e di ordine pubblico ecclesiastico che la Segreteria di Stato, nella sua attenta vigilanza, ha voluto trasmettere alla sollecitudine dei Pastori e dei fedeli, al fine di evitare frodi e illeciti.
Particolarmente significativo è l’invito a non concedere l’uso di chiese o cappelle per le cerimonie di tali sedicenti ordini, cosa che accade con una certa frequenza attesa la buonafede e l’incompetenza in materia da parte di parroci e rettori, che spesso addirittura vengono persino coinvolti in cerimonie pittoresche ed insigniti essi stessi quali membri.
Parallelo a questo invito, vi è senz’altro ricompreso nell’espressione «riconosce e tutela» un incoraggiamento ai Pastori a promuovere e favorire le iniziative e le attività benefiche e caritatevoli degli Ordini riconosciuti, ed è certo che nel verbo «tutela» vada anche letto un invito ad essere ben disposti verso tali realtà laicali, concedendo – se già non ne dispongano – luoghi e mezzi per esercitare il loro specifico carisma, assegnando pertanto loro l’uso di cappelle o rettorie, procurando che possano godere di degna assistenza spirituale attraverso il ministero costante di un sacerdote, rendendoli partecipi della vita pubblica della Chiesa particolare invitandoli a partecipare alle celebrazioni di maggior rilievo a testimonianza del servizio profuso e magari usufruendo delle peculiarità che alcuni di essi possono offrire (si pensi, ad esempio, al Corpo di Soccorso dell’Ordine di Malta o ai suoi ambulatori e servizi ospedalieri in genere).
Così facendo diventerà chiaro ed evidente che quel “riconoscimento” e quella “tutela” cui si riferisce la Segreteria di Stato sono elementi tangibili della sollecitudine della Chiesa, che di molti carismi si compone.
Sarebbe auspicabile che la nota venga recepita e applicata in ogni Diocesi con cura e attenzione, evitando di cadere nelle reti di millantatori di cui le tristi pagine delle frodi sono gravide, a causa della sollecitazione di quel pur naturale senso di riscatto sociale ma anche di vuota vanità che non smette mai di sedurre le coscienze.
I valori della cavalleria cristiana sono di ben altro livello e di
ben altro tenore, e superano di gran lunga gli orli di mantelli colorati, decorazioni fiammanti, spade e cerimonie da sapore medievale: l’animo del cavaliere cristiano, che aderisce al carisma di un vero Ordine Equestre, è il senso della fede e della carità operosa, non chiassosa ed efficace verso gli ultimi e i bisognosi, affetti tanto da povertà materiali quanto da povertà spirituali.
La nota della Segreteria di Stato porti luce sulla questione degli ordini cavallereschi e faccia comprendere che non sono fenomeni da sottovalutare o da ritenere come rappresentazioni più o meno pittoresche, ma sono realtà da tenere in degna considerazione e monitorare anche per un corretto esercizio della pastorale dei laici.
[La prima parte è stata pubblicata ieri, domenica 21 ottobre 2012]