ROMA, domenica, 21 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’indirizzo di saluto di Maria Emmaus Voce, vice gran cancelliere dell’Istituto Universitario Sophia (IUS), in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, avvenuta giovedì 18 ottobre ad Incisa in Val d’Arno (FI).
***
In occasione dell’inaugurazione di questo nuovo anno accademico desidero innanzitutto rivolgere al Preside, ai docenti, agli studenti e a tutti coloro che, a vario titolo, compongono la comunità accademica dell’Istituto Universitario Sophia il mio più cordiale saluto e, insieme, la mia sincera gratitudine.
Si è infatti concluso il primo quadriennio di vita del nostro Istituto e il pensiero va riconoscente a Dio e a voi che vi siete lasciati condurre da Lui a intessere, giorno dopo giorno, nella inevitabile fatica ma pur sempre con ammirevole dedizione, la trama di un disegno di Sapienza scritto in Cielo.
I traguardi raggiunti, i frutti prodotti a livello esistenziale e intellettuale ne sono un’eloquente conferma.
Ora si apre davanti a noi un tempo ancor più ricco e promettente. Da quest’anno, infatti, avranno inizio vari percorsi accademici che cercheranno di delineare, in una corale pluralità, quella cultura dell’unità che trova origine e forma nel carisma dell’unità, dando ad essa veste economica, politica, ontologica.
Il progetto è ardito, ma non per questo meno appassionante: domanda reciproca capacità di ascolto, profonda condivisione di intenti, rinnovata fedeltà all’intuizione originaria, comune sguardo proteso verso un futuro da costruire insieme. In una parola, domanda ancor più decisamente a tutti noi l’amore, di vivere, di essere l’uno per l’altro amore.
Questo invito, che con piena fiducia vi rivolgo, si inscrive nella consegna che quest’anno affido in modo speciale a tutti i membri del Movimento dei Focolari, perché ne riscoprano la centralità nel loro camminare uniti verso Dio ed essere così fermento di vita in seno all’umanità del nostro tempo.
Si tratta dell’amore al fratello: amore cui Gesù ci sprona con il suo inequivocabile comando: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 19,18); amore che Chiara Lubich ci insegna a declinare secondo quell’arte di amare che, raccogliendo tutte le esigenze dell’amore, si fa esercizio infaticabile e continuo per renderlo realtà viva e operante.
Saremo allora chiamati ad amare tutti, ad amare per primi, ad amare l’altro come sé, a “farsi uno” con ognuno, a scoprire in lui la stessa presenza di Gesù che vive in me, a riconoscere che l’altro da me è un altro me per quest’unica presenza che ci inabita.
Sono certa, con voi, che l’amore così vissuto darà consistenza ad ogni nostro passo, progettualità e vigore al nostro cammino, ci sospingerà, in unità, verso quegli orizzonti sempre più vasti che l’ut omnes ci pone in cuore.
Maria Voce