"Una nuova visione dell'antropologia"

Relazione del Circolo Minore Italicus A: monsignor Salvatore Fisichella

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CITTA’ DEL VATICANO, sabato, 20 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Riprendiamo la relazione del Circolo Minore Italicus A, tenuta venerdì 19 ottobre da monsignor Salvatore (Rino) Fisichella, arcivescovo titolare di Voghenza e presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

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Si è riflettuto, anzitutto, sul contesto culturale che presenta i tratti del secolarismo come ultimo atto di un processo di secolarizzazione molto più ampio, che possiede elementi di indiscussa complessità. Questo orizzonte di pensiero è stato considerato sia nelle gravi sfide che pone alla fede sia come un’opportunità offerta alla comunità credente per rinnovare le proprie categorie di pensiero e di linguaggio. Benedetto XVI ha più volte ribadito l’importanza di “allargare la ragione”. Questo impegno si rende tanto più necessario quanto più ci si trova in un contesto culturale fortemente segnato dal progresso della scienza e della ragione tecnica. Diventa per noi indispensabile, quindi, elaborare nuove categorie del sapere teologico in grado di esprimere con maggior coerenza i contenuti di mistero e comunione.

É necessario offrire, inoltre, una nuova visione dell’antropologia, mostrando l’importanza della persona come relazione, fonte di rapporti interpersonali, di comunione e di amore. E’ necessario, comunque, che si trovi la forza per uscire dai diversi schemi culturali imposti dal secolarismo che non consentono più di riconoscerne i limiti e le contraddizioni di alcuni stili di vita. In questo contesto la NE diventa importante per evidenziare che la missione della Chiesa nel suo evangelizzare sa cogliere gli aspetti basilari dell’umano e della creaturalità come elementi fondamentali in cui innestare l’annuncio di Gesù Cristo.

Di grande importanza è il riconoscimento del “dialogo” come un linguaggio a noi proprio che consente di relazionarci con “dolcezza, rispetto e retta coscienza” (l Pt 3,16) a quanti sono destinatari del nostro annuncio. Un destinatario a cui spesso la nostra parola arriva come un primo annuncio che lo raggiunge in quella situazione esistenziale che impone l’attenzione alle domande di senso che albergano nel cuore di ogni uomo. Unitamente al dialogo, si è sottolineata la nostra necessaria dedizione all’annuncio che può giungere fino al martirio. Nella nostra cultura, esso assume ormai i tratti di una forma di emarginazione e controllo del linguaggio fino a giungere alla derisione della fede.

Si ritiene importante una maggior attenzione per circoscrivere il concetto di NE. La vita della Chiesa si esprime nella sua pastorale ordinaria; in essa mentre si deve sostenere la coscienza della missio ad gentes, è necessario che si rafforzi e prenda sempre più corpo la NE. Essa ha come suo primo destinatario, il credente che deve ritrovare le ragioni della sua fede e, per ciò stesso, evangelizzatore. Inoltre, quanti hanno smarrito la fede e per diverse cause si sono allontanati dalla vita della comunità; infine, quanti hanno desiderio di credere e cercano persone in grado di comunicare loro la gioia dell’incontro con Cristo. Non abbiamo tralasciato di considerare che l’urgenza della NE impone anche un serio esame di coscienza su diversi aspetti della pastorale che si sono sclerotizzati con il passare del tempo e non consentono più di esprimere la forza della fede, la sua originalità e lo specifico del cristianesimo.

Per questo ritorna importante il termine di “conversione pastorale” come consapevolezza di una rinnovata esigenza di attenzione al momento presente e alle domande del nostro contemporaneo. Un capitolo importante è stato quello della liturgia. L’ars celebrandi può aiutare a scoprire la bellezza del mistero evocato. In essa il grande ruolo svolto dall’ omelia. Il sacramento della riconciliazione dovrebbe ritornare al centro della vita credente; essere vissuto maggiormente come esperienza dell’incontro con la misericordia di Dio che a tutti va incontro con il perdono. Riteniamo importante che in ogni diocesi si possa individuare uno o più luoghi (cattedrale, santuario… ), in cui i fedeli possano avere certezza di trovare sempre il sacerdote disponibile per aiutare il loro cammino di conversione.

Un ulteriore tema ha toccato i temi relativi allo stile di vita dei credenti, ai diversi volti con cui si esprime la carità e il ruolo svolto dalle diverse categorie di persone. Un’attenzione particolare è dovuta al mondo giovanile e alla famiglia nel suo insostituibile ruolo di trasmissione della fede. Non abbiamo trascurato il tema dei “nonni” che sono un prezioso aiuto nella trasmissione della fede.

Un ulteriore tema è stato segnato dall’esigenza di saper presentare il cristianesimo al nostro contemporaneo. Questo si impone per superare la frammentarietà della cultura dei nostri giorni, e per ritrovare l’unità fondativa del nostro credere. Questa apologia della fede si sviluppa in diversi passaggi: essa deve presentare anzitutto ai credenti le ragioni dell’atto di fede e l’unione intrinseca con la verità dei suoi contenuti; si fa inoltre, presentazione presso i tanti che spesso hanno conoscenze vaghe, distorte e false. Si è trattato dell’importanza del Credo come una preziosa sintesi della fede che merita di essere studiato a memoria e divenire di nuovo la preghiera quotidiana dei credenti. In questo orizzonte, la catechesi si è imposta con tutta la sua importanza per la formazione dei credenti in vista della NE. Si è ribadito che il Vescovo possa riscoprire la sua peculiare attività svolgendo la catechesi nella propria cattedrale. Infine, le tematiche legate alla comunicazione della fede e alle sue diverse forme di espressione: dalla pietà popolare e i pellegrinaggi fino alle più moderne forme di comunicazione.

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ZENIT Staff

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