di Salvatore Cernuzio
CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 19 ottobre 2012 (ZENIT.org) – “Per essere credibili, bisogna dapprima evangelizzare se stessi”. Aveva esordito così mons. Felix Gmur, vescovo di Basilea, uno dei più giovani presuli partecipanti al Sinodo, nel suo intervento alla tredicesima Congregazione sinodale di martedì 16 ottobre.
Questo stesso appello alla conversione, inteso come rinnovamento delle strutture della Chiesa, delle istituzioni e dell’uomo, è stato anche al centro del dialogo del presule con i giornalisti italiani, durante il briefing di questa mattina in Sala Stampa vaticana.
Il primo argomento affrontato da mons. Gmur è stata una rinnovata e più attenta pastorale per le persone divorziate risposate verso cui “la Chiesa deve trovare delle soluzioni”, dal momento che “non possono essere ridotti solo ad una realtà peccatrice”.
“Le persone vivono in diverse relazioni” ha spiegato il vescovo di Basilea, “sia nel matrimonio, in famiglie così come sono pensate dalla Chiesa, che in altre relazioni 'quasi familiari'”. A tal proposito il presule ha citato l’esempio di una ragazza che vive con sua madre e con il compagno della madre. In quel caso, ha affermato, “bisogna ripensare le relazioni del corpo della famiglia, del corpo della Chiesa e anche del corpo umano, della sessualità”.
“Non tutte le persone vivono così come noi pensiamo che debbano vivere” ha rilevato il vescovo. Per esempio, ha proseguito, “ci sono coloro che sono stati sposati e hanno divorziato e che ora vivono in un nuovo matrimonio ma sono considerati peccatori dunque non vengono ammessi all'eucaristia”.
O ancora un altro esempio: “Io conosco una coppia sposata da 50 anni ed entrambi hanno alle spalle brevi esperienze matrimoniali. Questi 50 anni non contano nulla? È solo una realtà peccatrice?”.
Sono queste realtà da ripensare secondo mons. Gmur, “perchè ogni caso è unico”. La Chiesa, quindi, “deve immaginare un nuovo trattamento” a riguardo. “Dico che bisogna prendere sul serio questo problema” ha insistito il presule, aggiungendo: “Non ho ricette per come la Chiesa possa rispondere all’alto numero di situazioni irregolari che si riscontrano a livello matrimoniale, ma certo non si può ignorare il problema”.
Alla domanda se occorra anche riconsiderare la visione della Chiesa sulle unioni tra omosessuali, ha risposto: “No, questa è un’altra cosa, sono diverse realtà e non si devono confondere”.
Il giovane vescovo ha infine ricordato l’impegno di Benedetto XVI in questa direzione, spiegando però che “il Papa ancora non ha indicato una via su questo terreno”, ma “forse sta preparando qualcosa sul tema”.
Mons. Gmur ha poi concentrato la sua attenzione su un'altra problematica impellente, affrontata più volte nelle assemblee sinodali: il ruolo dei laici nella Nuova Evangelizzazione. Nel suo intervento, il presule aveva parlato di laici “incaricati” ad evangelizzare nei vari ambienti sociali. E anche oggi in Sala Stampa ha ribadito la proposta di un “mandato ufficiale” per i laici all’evangelizzazione.
“In molte parrocchie della Svizzera, o della Francia, mancano i preti” ha infatti spiegato, “chi fa quindi la Nuova Evangelizzazione? Chi avvicina i giovani, le scuole, il mondo della lavoro?”. I laici hanno, dunque, una “responsabilità specifica dell'evangelizzazione” e, secondo il vescovo, “dovrebbero ricevere un riconoscimento ufficiale per decidere cosa possono fare. Per esempio bisogna vedere cosa sono i catechisti''.
Rispondendo alle domande dei giornalisti, mons. Gmur ha poi affermato che tale impostazione è stata condivisa e dibattuta da numerosi Padri Sinodali. “Alcuni hanno gli stessi problemi – ha detto - altri hanno parlato del ruolo dei laici, sia dell'uomo che della donna. Ogni Paese ha la sua situazione: magari si possono sviluppare vie nazionali, rispettando le culture”.
Interrogato sulla questione di una reale trasparenza da parte della Chiesa riguardo a casi di abusi sessuali o di potere, il vescovo ha risposto che “in Svizzera, quando si verifica un caso di abuso sessuale è normale che esso venga affrontato in tribunale”.
“Non abbiamo niente da nascondere”, ha affermato, “se abbiamo fatto un errore dobbiamo dirlo e chiedere scusa, questa e' la via più semplice. Come si indica ad ogni bambino: se hai fatto un errore devi chiedere scusa, e così deve fare anche un prete”.
Un riferimento è andato anche al comportamento del vescovo: “Se vengo a sapere di un reato di abuso sessuale – ha detto Gmur - devo rivolgermi alla giustizia civile, perché si tratta di un reato ufficiale”. Come ogni reato, “va sanzionato quindi in un tribunale pubblico”; mentre “a noi – ha precisato - competono le sanzioni canoniche e anche lì e ci deve essere sempre trasparenza”.
Gli abusi verso cui adottare una reale trasparenza non sono solo quelli sessuali, ma anche di potere. Il vescovo si è infatti soffermato, in conclusione del briefing, sul rifiuto di cinque parroci svizzeri di raccogliere l'Obolo di San Pietro perché, secondo quanto da loro stessi dichiarato, "non sapevano dove precisamente finiscono i soldi inviati alla Santa Sede".
"Questi sacerdoti - ha chiarito - non saranno puniti, ma come vescovi svizzeri abbiamo detto loro che hanno commesso essi per primi un abuso di potere, in quanto i fedeli hanno diritto a dare qualcosa al Papa, se c'è una colletta obbligatoria”. In ogni caso, ha spiegato, “la loro richiesta di trasparenza è stata trasmessa a Roma. In Svizzera, sui soldi e sui bilanci siamo tutti molto attenti".