di padre Mario Piatti icms,
direttore del mensile “Maria di Fatima”
ROMA, giovedì, 18 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Apparendo a Suor Lucia di Fatima, a Pontevedra (Spagna), nel dicembre del 1925, Maria Santissima promise tutte le grazie necessarie alla salvezza eterna a coloro che “per cinque mesi, nel primo sabato, si confesseranno, ricevendo la santa Comunione, diranno un Rosario e mi faranno 15 minuti di compagnia, meditando sui 15 misteri del Rosario… ”.
La cosiddetta “Grande Promessa del Cuore di Maria” -rivelata dalla Vergine, in modo chiaro, semplice e incisivo- costituisce un mezzo di salvezza facile e sicuro (forse ancora poco compreso e poco divulgato tra i fedeli) che, radicato nella sana tradizione cattolica, conferma, ancora una volta, la efficacia salvatrice della intercessione mariana (cfr. la introduzione alla Appendice I delle “Memorie” di Suor Lucia).
La Madre di Dio invitava Lucia –e ogni fedele- a partecipare, per quanto possibile, della sua vita interiore, tutta intessuta di contemplazione e della costante meditazione sul mistero e sui misteri di Cristo, il Figlio affidato alla sua premurosa custodia e da Lei generosamente donato a ciascuno di noi. Dedicarle anche solo “un quarto d’ora”, per trattenersi con Lei e ripercorrere, nella Fede, le tappe della esperienza terrena di Gesù, spalanca immediatamente il cuore alla bellezza dell’incontro con Cristo e favorisce uno stile nuovo di vita.
“Avere fede nel Signore non è un fatto che interessa solamente la nostra intelligenza, l’area del sapere intellettuale – ha detto recentemente Benedetto XVI, in un bellissimo passaggio della Udienza Generale del 17 ottobre u.s.- ma è un cambiamento che coinvolge la vita, tutto noi stessi: sentimento, cuore, intelligenza, volontà, corporeità, emozioni, relazioni umane. Con la fede cambia veramente tutto in noi e per noi, e si rivela con chiarezza il nostro destino futuro, la verità della nostra vocazione dentro la storia, il senso della vita, il gusto di essere pellegrini verso la Patria celeste”.
Il capitolo secondo della lettera Rosarium Virginis Mariae, è forse il più bel commento a queste parole del Papa. Il Rosario si rivela quale strumento prezioso di Grazia per accostarci al Signore; per penetrare -attraverso la contemplazione dei misteri- “il Mistero” di Cristo, capace, con inesauribile fecondità, di attrarci a sé e di convertire tutto il nostro essere alla sua Persona. La straordinaria ricchezza della nostra esperienza interiore – fatta di un complesso intreccio di conoscenza, di volontà e di affetti – viene così illuminata e sostenuta, nella preghiera, perché il nostro spirito si lasci plasmare e si conformi sempre più al suo modello: a Gesù, amato e accolto per mezzo del Cuore di Sua Madre.
Ai tradizionali misteri – gaudiosi, dolorosi e gloriosi – il Papa, con singolare “audacia”, volle aggiungere, dieci anni fa, i cinque “misteri della luce”, perché l’itinerario spirituale del fedele si completasse, passando anche attraverso alcuni “punti nodali” della vita pubblica del Signore: il Battesimo; la auto-rivelazione alle Nozze di Cana, in Galilea; l’annuncio della venuta del Regno; la Trasfigurazione sul Tabor; la istituzione della Eucaristia.
La Corona diviene, così, ancora di più, un vero “compendio del Vangelo”, accompagnandoci, dalla Annunciazione fino alla eterna beatifica visione del Cielo, in un percorso di amore, di Fede, di dolore e di Gloria che restituisce, al nostro cuore e alla nostra intelligenza, le tappe fondamentali della vita di Gesù, come fonti inesauste di misericordia, di luce e di pace. Alla scuola del Rosario impariamo ad amare, ci lasciamo educare all’Amore, assimilando interiormente la forza spirituale che scaturisce dai misteri di Cristo.
“La fede – sottolineava Benedetto XVI, all’Udienza Generale del 17 ottobre – afferma che non c’è vera umanità se non nei luoghi, nei gesti, nei tempi e nelle forme in cui l’uomo è animato dall’amore che viene da Dio; si esprime come dono, si manifesta in relazioni ricche di amore, di compassione, di attenzione e di servizio disinteressato verso l’altro… La fede cristiana, operosa nella carità e forte nella speranza, non limita, ma umanizza la vita, anzi la rende pienamente umana”.
È proprio nella continuità e contiguità tra contemplazione, meditazione e vita quotidiana che vanno riconosciute la forza e la originalità di questa preghiera mariana, compagna, per generazioni, della esperienza cristiana di tanta gente, spesso semplice e “comune”, ma elevata, dalla propria umile condizione, alla sublimità delle cose di Dio. “Il Rosario «batte il ritmo della vita umana », per armonizzarla col ritmo della vita divina, nella gioiosa comunione della Santa Trinità, destino e anelito della nostra esistenza” (RVM n. 25). Ognuno – nel bene o nel male – si trasforma in ciò che contempla; ognuno si assimila a ciò che nutre il proprio spirito e la propria affettività. Contemplando i misteri del Signore, siamo introdotti nel suo Cuore, sperimentiamo la sua Carità, accogliamo la Sua Parola di salvezza e ci disponiamo a riceverne la Grazia, nei Sacramenti.
Il Rosario offre il “segreto” per aprirci più facilmente a una conoscenza profonda e coinvolgente di Cristo. “Potremmo dirlo la via di Maria. È la via dell’esempio della Vergine di Nazareth, donna di fede, di silenzio e di ascolto… i misteri di Cristo sono anche, in certo senso, i misteri della Madre, persino quando non vi è direttamente coinvolta, per il fatto stesso che Ella vive di Lui e per Lui”. (RVM n.24).
Giovanni Paolo II terminava il capitolo secondo della Rosarium Virginis Mariae con la citazione del Salmo 55: “Getta sul Signore il tuo affanno, ed egli ti darà sostegno”. E proseguiva: “Meditare col Rosario significa consegnare i nostri affanni ai Cuori misericordiosi di Cristo e della Madre sua” (RVM n. 25). Queste parole, nel 2002, rileggevano lo straordinario percorso dei suoi 25 anni di Pontificato, accompagnati –come purtroppo accade- anche da prove dolorose, da innumerevoli delusioni e amarezze, ma affrontati sempre con Fede incrollabile, con vero spirito di sacrificio e consegnati, giorno dopo giorno, al Cuore Immacolato, nella fedeltà alla sua filiale dedizione: Totus tuus, Maria!