Cinque vescovi traggono un bilancio di metà Sinodo

In Sala Stampa Vaticana è stata presentata la “Relatio post disceptationem”

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di Luca Marcolivio

CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 18 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Con la Relatio post disceptationem, il Sinodo dei Vescovi arriva al giro di boa.La Relazione è stata presentata stamattina in Sala Stampa Vaticana, alla presenza di cinque padri sinodali.

Tutti i relatori intervenuti hanno manifestato soddisfazione per i contenuti finora espressi dal Sinodo. Un paio di loro hanno espresso vero e proprio entusiasmo.

Il cardinale Tong Hon ha definito l’evento ecclesiale con tre aggettivi: meraviglioso, difficile, possibile. La meraviglia è data dall’“incredibile consesso che permette di incontrare fratelli nell’episcopato venuti da tutto il mondo, che al Sinodo stanno parlando con il cuore aperto”, ha detto il porporato cinese.

Con riferimento alla propria diocesi, il cardinale Tong Hon ha affermato che “la priorità è l’evangelizzazione” e ha sottolineato gli “oltre 3000 battezzati in un anno”, cifra, peraltro, in continua crescita. Il tutto in un contesto culturale come quello cinese dove “la famiglia è importante”.

La difficoltà principale in cui si imbatte la diocesi di Hong Kong è la “scarsità di vocazioni”, dovuta in particolare alla “mentalità edonista”. Per superare l’ostacolo, il cardinale Tong Hon si sta avvalendo di “missionari stranieri”, in grado di trasmettere il messaggio che “Cristo è felicità”.

Il vescovo di Hong Kong ha poi concluso, affermando che la presenza di papa Benedetto XVI alle sessioni sinodali è “incoraggiante ed ispiratrice di molte idee positive, incanalandola Chiesa sulla via dell’umanesimo”.

Il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, Arcivescovo di Kinshasa, ha invece ricordato chela NuovaEvangelizzazionenecessita di essere rinnovata soprattutto “nell’ardore, nei metodi e nelle espressioni” e che essa va annunciata sia dai ministri della Chiesa – sacerdoti, diaconi e laici – ma anche dalle famiglie, senza le quali, l’evangelizzazione rischia di perdere la sua essenza. La vera sfida è quindi quella di “annunciare Cristo a un mondo che non crede più”.

Durante i lavori sinodali, ha aggiunto il cardinale Monsengwo, è molto utile che i vescovi condividano idee ed esperienze, anche perché “le problematiche sono molto diverse in ogni diocesi” e ogni vescovo può trasmettere ad altri i punti di forza della propria attività pastorale.

Mons. Ján Babjak, S.I., Arcivescovo Metropolita di Prešov per i cattolici di rito bizantino e Presidente del Consiglio della Chiesa Slovacca, ha auspicato, da parte sua, “l’importanza dei pellegrinaggi, specie nei luoghi mariani.

I luoghi di pellegrinaggio, infatti, “sono utili per purificare l’anima e riscoprire il bello di essere cristiani”: proprio per questo essi vanno presi in custodia dai “sacerdoti più preparati e più ricchi di esperienza”.

Della sua prima esperienza sinodale, monsignor José Horacio Gómez, Arcivescovo di Los Angeles, ha sottolineato la “forte presenza del Santo Padre”, attraverso la quale “il Sinodo dimostra l’universalità della Chiesa di cui noi condividiamo le problematiche”.

“Mi hanno molto colpito – ha dichiarato mons. Gomez – due fatti in particolare: il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e la presenza viva di Cristo nella Nuova Evangelizzazione, evocata da molti padri sinodali”.

Ha chiuso il ciclo di interventi Sua Beatitudine Sviatoslav Schevchuk, Arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, Capo del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina. A soli 42 anni, Schevchuk è il più giovane degli attuali padri sinodali.

“Al Sinodo – ha detto il presule ucraino – si avverte un grande entusiasmo:la Chiesaè nella fiamma dello Spirito Santo! È un’opera divina che viaggia per mezzo degli uomini e che ci porta una bella notizia: il Regno di Dio è tra noi”.

La dimensione che va assolutamente riscoperta, secondo l’arcivescovo di Kyiv-Halyč, è quella parrocchiale. La parrocchia, infatti, è “un gigante addormentato che si sta risvegliando” ed attraverso di essa “si può trasmettere la fede alle nuove generazioni”.

L’esperienza dell’Oriente cristiano è importante, ha aggiunto, perché esso è stato “un grande testimone della fede cristiana, anche a prezzo del sangue”. Per tanti anni le chiese orientali sono state perseguitate, in special modo dai regimi comunisti, ma “questo è il momento della loro resurrezione”. Un elemento che dà speranza ad “altre chiese oggi oppresse come quelle del Medio Oriente, in particolare quella siriana”, ha poi concluso il padre sinodale ucraino.

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ZENIT Staff

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