ROMA, mercoledì, 17 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo il messaggio per la 62ª Giornata nazionale del Ringraziamento, in programma l’11 novembre 2012, elaborato dalla Commissione per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace della Conferenza episcopale italiana. Il testo porta la data del 4 ottobre 2012, festa di San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia.
***
«Confida nel Signore e fa’ il bene: abiterai la terra» (Sal 37,3). Questo bel versetto descrive efficacemente il cuore di tutti noi nella tradizionale Giornata del Ringraziamento rurale, che celebriamo agli inizi dell’Anno della Fede, tempo di grazia e di benedizione, indetto da Benedetto XVI. Le parole del salmo sono l’espressione di uno stile di vita radicato nella fede, con il quale desideriamo ringraziare il Signore per ogni dono che compie nelle nostre campagne e per il lavoro dei nostri agricoltori.
La fede e il mondo agricolo
È l’Anno della Fede, da cogliere nei gesti stessi del lavoro dei campi. Che cosa sono infatti le mani dell’agricoltore, aperte a seminare con larghezza, se non mani di fede? Non è forse la fede nella gioia di un raccolto abbondante, solo intravisto, a guidare le sue mani nella necessaria potatura, dolorosa ma vitale? E quando il corpo si piega per la fatica, che cosa lo sorregge e ne asciuga il sudore se non questa visione di fede, che allarga gli orizzonti e apre il cuore?
Ecco perché in questa festa, occasione attesa per benedire il Signore per i frutti della terra, diciamo il nostro grazie a tutti coloro che operano tra i campi e i filari, che credono nel futuro investendo, anche con grande rischio, i loro sacrifici per il bene della famiglia e della società tutta. Non ci stancheremo mai di far sentire come importante questa Giornata del Ringraziamento, memori dell’esortazione di papa Benedetto XVI a «fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità» (Caritas in veritate, n. 34).
Nella fede riconosciamo la mano creatrice e provvidenziale di Dio che nutre i suoi figli. Ciò appare in modo speciale a quanti sono immersi nella bellezza e nell’operosità del lavoro rurale. Guai se dimenticassimo la relazione d’amore e di alleanza che Dio ha intrecciato con noi e che diventa vivissima davanti ai frutti della terra, per i quali rendiamo grazie secondo il comandamento biblico: «Il Signore, tuo Dio, sta per farti entrare in una buona terra: terra di torrenti, di fonti e di acque sotterranee, che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; terra di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; terra di ulivi, di olio e di miele; terra dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla; terra dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. Mangerai, sarai sazio e benedirai il Signore, tuo Dio, a causa della buona terra che ti avrà dato» (Dt 8,6-10).
La valenza educativa del ringraziare, guardando ai giovani
La valenza educativa propria della Giornata del Ringraziamento ha una ricaduta importante nell’attuale società, in cui l’appiattimento sul presente rischia di cancellare la memoria per i doni ricevuti. Pensiamo in particolare ai giovani, che in tanti stanno riscoprendo il lavoro agricolo: nel ritorno alla terra possono aprirsi nuove prospettive per loro e insieme un modo nuovo di costruire il futuro di tutti noi.
Un grazie particolare va alle Cooperative agricole che ridanno vita a terreni abbandonati, in non pochi casi togliendoli alla malavita organizzata, con una forte ricaduta educativa per tutto il territorio dove si trovano a operare. Infatti, la bellezza di una terra riscattata, che da deserto diventa giardino, parla da sé: non solo cambia il paesaggio, ma soprattutto rincuora l’animo di tutti. Una terra coltivata è una terra amata, sposata, come narra il profeta Isaia, nel celebre capitolo 62. Ce lo ricorda soprattutto il “Progetto Policoro”, la cui opera benemerita non cessiamo di indicare in chiave esemplare a tutte le comunità. Anche nelle regioni del Nord questa esperienza si sta rivelando feconda, ed è bello vedere tanti ragazzi del Sud, che da tempo vivono in condizioni difficili, farsi in un certo senso maestri di itinerari concreti di speranza e di sviluppo.
Certo, i giovani hanno bisogno di adulti che si schierano dalla loro parte, che investono per loro e con loro, offrendo garanzia per il futuro. Gli orientamenti pastorali Educare alla vita buona del Vangelo ci invitano a riscoprire un verbo molto importante: accompagnare i giovani.
La nota pastorale “Frutto della terra e del lavoro dell’uomo”. Mondo rurale che cambia e Chiesa in Italia, del19 marzo 2005, indicava alcune modalità concrete (cfr. n. 24) che intendiamo riproporre:
– diffondere una azione educativa e culturale che valorizzi la dignità di chi sceglie di rimanere a lavorare in campagna;
– garantire ai piccoli comuni le condizioni necessarie per una dignitosa qualità della vita, con servizi adeguati e opportunità di scambio;
– favorire nuove politiche per l’accesso dei giovani al mercato fondiario e degli affitti, strumenti fiscali adeguati, incentivi per mettere a disposizione le terre, sostegno nella fase iniziale dell’attività aziendale, azionariato popolare diffuso;
– rendere facile l’accesso al credito agevolato per i giovani agricoltori.
Mentre vediamo crescere la presenza confortante dei giovani nell’agricoltura, non possiamo tacere il nostro dolore davanti alle immagini che mostrano molti braccianti agricoli, in gran parte immigrati, lavorare in condizioni davvero inique. Che dire, ad esempio, delle baracche dove spesso sono accolti? Ancora assistiamo a casi in cui la dignità del lavoratore è smarrita, per le condizioni di avvilente sfruttamento in cui versa, come attesta anche il perdurante dramma del caporalato. Già molte volte le Chiese locali hanno fatto sentire la loro voce contro le ingiustizie. Invitiamo le nostre comunità a un’ulteriore vigilanza per favorire la difesa della giustizia e della legalità nel settore agricolo.
La priorità dell’economia rurale per ritornare al territorio
Di fronte alla grave crisi che tocca il mondo economico e industriale, occorre guardare al futuro del nostro Paese andando oltre schemi abituali. È importante guardare al nostro futuro nel rispetto e nella valorizzazione delle tipicità dei diversi territori che la bella storia d’Italia ha posto nelle nostre mani e che costituiscono l’unico Paese. Se è vero che investire «è sempre una scelta morale e culturale», come scriveva Giovanni PaoloIInella Centesimus annus al n. 36, è necessario legare tali investimenti alla cura dell’uomo e del territorio, così da rendere quest’ultimo fecondo di beni, sostenibile per l’ecosistema, rispettato e amato, arricchito di forza per le nuove e per le future generazioni.
Investire nell’agricoltura è una scelta non solo economica, ma anche culturale, ecologica, sociale, politica di forte valenza educativa. Infatti «le modalità con cui l’uomo tratta l’ambiente influiscono sulle modalità con cui tratta se stesso e, viceversa. Ciò richiama la società odierna a rivedere seriamente il suo stile di vita che, in molte parti del mondo, è incline all’edonismo e al consumismo, restando indifferente ai danni che ne derivano» (Caritas in veritate, n. 51).
Chiudiamo il nostro appello al mondo rurale e agricolo con le belle parole del Compendio della dottrina sociale della Chiesa che, nell’ottica dell’Anno della Fede, ci invitano a cogliere il passaggio di Dio nella fatica e nella bellezza del lavoro dei campi: se «si arriva a riscoprire la natura nella sua dimensione di creatura, si può stabilire con essa un rapporto comunicativo, cogliere il suo significato evocativo e simbolico, penetrare così n
ell’orizzonte delmistero, che apre all’uomo il varco verso Dio, Creatore dei cieli e della terra. Il mondo si offre allo sguardo dell’uomo come traccia di Dio, luogo nel quale si disvelala Sua potenza creatrice, provvidente e redentrice» (n. 487).
Ci aiuti San Martino, il cui gesto di condivisione del mantello è simbolo di ogni dono perfetto che viene dall’alto e che ci rende solidali.
E ci accompagniil cuoredi Maria di Nazareth, che custodisce e medita nella sua storia ogni frammento di esistenza, per elevare un inno di benedizione, un perenne “Magnificat” che canti come il nostro Dio faccia emergere i piccoli e i deboli, precipitando i potenti dai loro troni.
Roma, 4 ottobre 2012
Festa di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia