di Mons. Vincenzo Paglia
CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 16 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito l’intervento di monsignor Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia all’undicesima Congregazione Generale del Sinodo dei Vescovi (15 ottobre 2012).
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Il Santo Padre nell’omelia di inizio ha sottolineato: “Il matrimonio, costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi” perché “si fonda sulla grazia che viene dal Dio Uno e Trino”. L’unione tra l’uomo e la donna parla con forza di Dio. È una buona notizia perché risponde al bisogno radicale di famiglia iscritto, fin dalle origini, nel profondo dell’uomo e della donna. Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo, facciamogli un aiuto che gli sia simile” (Gn 2,18).
L’uomo è niente da solo: tutto si gioca nell’interdipendenza. Eppure, tanta storia occidentale è stata concepita come liberazione da ogni legame, anche da quelli familiari. La deflagrazione della famiglia appare come il problema numero uno della società contemporanea, anche se pochi se ne rendono conto. Non così la Chiesa, davvero “esperta in umanità”, come disse Paolo VI. Noi non possiamo tacere. E non perché conservatori o difensori di un istituto ormai desueto. È in questione la stabilità stessa della società.
Certo, è urgente, molto urgente, mettere in atto una più attenta riflessione culturale perché la Famiglia guadagni il centro della politica, della economia, della cultura, e una più sollecita strategia per difenderne i diritti nelle sedi nazionali e internazionali. Va sottolineato un altro aspetto. Seppure minoranza, sono innumerevoli le famiglie cristiane che vivono, talora eroicamente, la fedeltà e l’impegno matrimoniale e familiare. Questa straordinaria luce di amore va messa sul candelabro perché illumini e riscaldi questo nostro mondo tanto intristito e appannato.
La Chiesa deve diventare sempre più la famiglia delle famiglie, anche di quelle ferite, vivendo un reciproco movimento di dare e di avere. Si apre qui l’ampio spazio della famiglia come soggetto di evangelizzazione. Giovanni Paolo II sosteneva: “la futura evangelizzazione dipende in gran parte dalla chiesa domestica”. L’esperienza ci dice che la Chiesa attrae se vive davvero in maniera familiare. E se in tanti angoli del mondo riscontriamo una infecondità pastorale, non è perché siamo diventati più istituzione che famiglia? Vivendo la Chiesa in maniera familiare e la famiglia come piccola chiesa – è la sfida ad una Chiesa di comunione, quella auspicata dal Vaticano II – gusteremo anche oggi la gioia della prima comunità cristiana quando “il Signore aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati” (At 2,47).