di don Julián Carrón
CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 14 ottobre 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito il discorso di don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, alla nona Congregazione Generale del Sinodo dei Vescovi (13 ottobre 2012).
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Non possiamo continuare a “pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune”. In effetti, “questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato” (Porta fidei, 2).
Leggendo l’Instrumentum Laboris, sono rimasto colpito da questa osservazione: “Desta preoccupazione la scarsezza di primo annuncio nella vita quotidiana”. Tutto lo sforzo fatto fino adesso fatica a generare una novità di vita tale da destare la curiosità per quello che i battezzati vivono.
Come superare quella frattura tra la fede e la vita che rende più difficile alla fede di essere incontrabile in modo ragionevole, e dunque attraente? Senza “riscoprire e riaccogliere il dono prezioso che è la fede”, la nuova evangelizzazione rischia di essere ridotta a una questione di esperti.
Per suscitare questo interesse abbiamo un alleato dentro il cuore dell’uomo di qualsiasi cultura e condizione. Noi sappiamo che il cuore dell’uomo è fatto per l’infinito. Rimane in lui l’attesa di un compimento. Perché nessun “falso infinito riesce a soddisfarlo”. “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde se stesso?” (Mt 16,26).
A questa attesa non può rispondere una dottrina, un insieme di regole, una organizzazione, ma piuttosto un avvenimento. Come disse don Giussani durante il Sinodo del 1987, “ciò che manca non è tanto la ripetizione verbale o culturale dell’annuncio. L’uomo di oggi attende forse inconsapevolmente l’esperienza dell’incontro con persone per le quali il fatto di Cristo è realtà così presente che la vita loro è cambiata”.
Un luogo dove ciascuno possa essere invitato a fare la verifica che fecero i primi due sulla riva del Giordano: “Vieni e vedi”, perché “una fede che non possa essere reperita e trovata nell’esperienza presente, confermata da essa, utile a rispondere alle sue esigenze, non sarà una fede in grado di resistere in un mondo dove tutto, tutto, dice l’opposto”.