di Paolo Lorizzo*
ROMA, sabato, 13 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Uscendo dalla chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio ci si sente permeati di un’atmosfera meditativa che non ci abbandona per parecchi minuti. Degli edifici sacri del complesso è probabilmente quello che suscita maggiori emozioni, forse perché spesso si è portati a pensare che una chiesa medievale, con le sue mura spoglie, le piccole finestre e gli alti soffitti, sia il luogo ideale per un sincero e profondo raccoglimento.
Tornati nel piccolo ma piacevole cortile interno, ci si trova dinnanzi all’ingresso della chiesa di S. Maria in Scala Coeli, raggiungibile mediante una piccola ma ripida scalinata. Siamo di fronte ad un edificio di pianta ottagonale ben eseguito nelle sue forme e frutto di un’attenta realizzazione degli spazi, nonostante le dimensioni esterne facciano pensare ad un’aula interna più spaziosa. L’idea di realizzare un edificio in laterizio e travertino venne in seguito ad una visione di San Bernardo avuta nel 1138 durante la celebrazione di una messa per i defunti alla presenza di papa Innocenzo II. Il Santo vide nella sua visione una scala sopra il quale era una folla di angeli intenti a condurre le anime dal Purgatorio al Paradiso. Subito venne edificato sul luogo un oratorio che si presume venne a sua volta stanziato sulle fondazioni di un antico edificio pagano. Nonostante il luogo fosse considerato sacro, trascorsero molti secoli prima della costruzione della chiesa che oggi possiamo ammirare. Soltanto nel 1582 infatti, Giacomo della Porta ne avviò i lavori su mandato del cardinale Alessandro Farnese (i cui stemmi sono ancora visibili sull’architrave d’ingresso) terminandoli appena due anni dopo. L’interno è piuttosto semplice e rientra pienamente nei canoni del tardo rinascimento. Tre altari collocati in altrettanti absidi di cui il primo dedicato a San Zenone (ma anche ai soldati romani trucidati in questi luoghi) e il secondo alla Vergine Maria. Il terzo altare (il principale, arricchito da due colonne che sorreggono una trabeazione) è decorato da una pala di Desiderio de Angelis con il ritratto di S. Bernardo e da uno splendido mosaico che decorante il catino absidale. Questo venne realizzato nel 1591 da Francesco Zucchi e raffigurala Madonnacol Bambino circondata a destra dai SS. Bernardo, Roberto di Molesmes e papa Clemente VIII, mentre a sinistra i SS. Vincenzo, Anastasio e dal cardinale Aldobrandini, sotto la cui direzione vennero terminati i lavori di costruzione della chiesa.
L’edificio ha una cripta anulare accessibile mediante una piccola rampa di scale posizionata all’altezza dell’ingresso. In corrispondenza dell’altare maggiore c’è un piccolo altare addossato alla parete di fondo con due ambienti retrostanti divisi tra loro da una parete. L’interno di entrambi è visibile tramite finestre con cornici in marmo e piccole grate in ferro. In quello di sinistra si scorge un altare pagano in marmo dedicato alla dea Dia mentre nell’altro, vuoto, si scorgono soltanto frammenti di lastre marmoree. L’importanza di quest’ultimo ambiente sta nel fatto che la tradizione ritiene possa trattarsi della cella dove fu imprigionato San Paolo prima di essere decapitato.
Chi giunge in questo luogo per la prima volta con l’idea di pregare sul luogo del martirio di S. Paolo avrà probabilmente immaginato un edificio quantomeno coevo all’abbazia. Sfortunatamente l’antica costruzione, edificata a tutela e protezione del luogo sacro, venne fatta distruggere dal cardinal Aldobrandini, ricostruendola seguendo i canoni dell’epoca. Oggi possiamo ammirare una struttura tardo cinquecentesca che ha probabilmente sostituito un piccolo edificio di epoca tardo-antica di cui purtroppo non è rimasto quasi più nulla. Ci si trova quindi di fronte ad un edificio con le stesse caratteristiche esterne della chiesa di S. Maria in Scala Coeli, mentre la pianta è completamente diversa. Un piccolo vestibolo, un tempo corrispondente all’antico oratorio, introduce alla navata posta trasversalmente all’ingresso. Seppur di dimensioni limitate, il vestibolo presenta nella parte centrale un riquadro in mosaico, originale romano del II secolo (già esistente al tempo della costruzione dell’edificio), le due statue dei SS. Pietro e Paolo e un affresco posto nella lunetta sopra la porta d’ingresso raffigurante la sepoltura di S. Paolo lungo la via Ostiense, situata in un terreno originariamente di proprietà della matrona romana Lucina, su cui verrà poi edificatala Basilicadi S. Paolo Fuori le Mura.
La navata presenta al centro un bellissimo mosaico donato alla chiesa da papa Pio IX e proveniente dall’area del mitreo del palazzo imperiale di Ostia antica, anch’esso datato al II secolo d.C. Questo rappresenta le Quattro stagioni, con le quattro personificazioni e riportanti le iscrizioni VER (primavera), AESTAS (estate), AUTU(MNUS) (autunno) e HIEMS (inverno).
La navata presenta due cappelle laterali e l’abside al centro, occluso da una delle tre edicole rappresentante la fontana centrale che è legata al martirio di S. Paolo. La chiesa possiede alcuni interessanti affreschi posti al di sopra degli altari e dell’abside ma sono soprattutto le fontane ad attrarre l’attenzione dei fedeli, oltre al fusto di colonna spezzata (posta nei pressi della prima fontana) dove San Paolo sarebbe stato incatenato durante il martirio. Le tre edicole che decorano le fontane sono state realizzate da Giacomo della Porta alla fine del ‘500 contestualmente all’edificazione della chiesa. La tradizione vuole che il 29 giugno del 67 d.C. l’apostolo venne qui condotto dai romani e martirizzato con il taglio della testa, che rotolando colpì tre volte il terreno da cui scaturirono altrettanti zampilli d’acqua. Da allora le fonti hanno sempre testimoniato con i loro getti la tradizione, interrotta nel 1950 quando vennero chiuse.
Un luogo ricco di fascino e tradizione che avrebbe ancora tanto da svelare e molti nodi da sciogliere, dove le tradizioni si legano ormai indissolubilmente alle molte prove archeologiche rinvenute nei secoli.
* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.
[Con questa puntata si conclude la nostra visita al complesso dell’Abbazia delle Tre Fontane a Roma. Le puntate precedenti sono state pubblicate rispettivamente sabato 22 e 29 settembre, e sabato 6 ottobre]