Altro, oltre Vermeer

Un quadro di Egbert van der Poel ritrae lo scoppio della polveriera dell’arsenale di Delft avvenuto esattamente 358 anni fa

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di Antonio D’Angiò

ROMA, venerdì, 12 ottobre 2012 (ZENIT.org).- E’ visitabile da pochi giorni la mostra alle Scuderie del Quirinale di Roma dal titolo “Vermeer – il secolo d’oro dell’arte olandese” che rimarrà aperta sino al 20 gennaio 2013 (www.scuderiequirinale.it).

Otto le tele di Johannes Vermeer, le quali aprono e chiudono l’esposizione (da “La stradina“ nella prima sala a “Allegoria della fede” nella decima) e che fanno da filo conduttore tra le quasi sessanta opere.

Molte di queste raffigurano vicende che si svolgono negli interni; quelle rare che rappresentano invece, spazi pubblici, come “Veduta del Municipio Nuovo di Amsterdam” e “Il canale Oude Delft e la Oude Kerk a Delft” di Jan van der Heyden, oppure “Veduta di una città olandese (forse Delft)” e “Veduta di Delft da una loggia immaginaria” di Daniel Vosmaer,  mostrano paesaggi tranquilli e persone in atteggiamento disteso.

Tra questi dipinti ve ne è uno solo che ritrae un evento drammatico e che raffigura persone impaurite: E’ il quadro “Veduta di Delft con l’esplosione del 1654” creato dal pittore Egbert van der Poel.

L’esplosione avvenne nella cittadina olandese il 12 ottobre 1654 (esattamente trecentocinquantotto anni fa) quando un magazzino di polvere da sparo esplose distruggendo parte della città e uccidendo oltre un centinaio di persone. Vi morirono anche il pittore Carel Fabritius (nella mostra è possibile ammirare un suo “Autoritratto” e “Donna con orecchino di Perla”) e la figlia di Egbert van der Poel. L’artista olandese nacque a Delft nel 1621 e morì a Rotterdam nel 1664. Si specializzò nella rappresentazione di incendî notturni e l’esplosione della polveriera di Delft fu il suo tema preferito.

Questo quadro, con al centro il bagliore dell’esplosione ed in primo piano le persone in fuga, è assolutamente unico nel percorso espositivo e, per certi versi, quello più legato alla modernità.

Se ai giorni d’oggi possono sembrare più rare o più nostalgiche alcune “pose” (come ad esempio quelle che ritraggono scene dello scrivere e leggere lettere, abbondantemente superate dalla tecnologia); il disastro di un luogo di lavoro che colpisce gli occupanti e la comunità che vi abita intorno è invece un evento senza tempo.

La polveriera d’allora, trasposta ai nostri giorni, può essere un petrolchimico, una acciaieria, soprattutto una discarica (tralasciando quelle abusive…), cioè una delle tante industrie che pongono, nell’attualità, in maniera drammatica il dilemma tra salute, ambiente e lavoro, a prescindere se gli effetti del disastro siano immediati o consegnino i propri effetti a distanza di anni attraverso mali incurabili.

Il trentatreenne Van der Poel, il quale dipingerà circa venti quadri sullo stesso soggetto della città di Delft con le risultanze dell’esplosione, alla morte della figlia sembra utilizzare la pittura come mezzo di un’elaborazione del lutto personale e come strumento per trasmettere ai posteri un evento così imponente.

Ad una rappresentazione dell’arte olandese nel secolo d’oro che mostra al visitatore la tranquillità del paesaggio dei Paesi Bassi e la tolleranza e l’invito alla temperanza nella vita privata, il quadro di Van der Poel è un piccolo cuneo la cui visione ci riporta all’improvviso a riflettere sui luoghi di lavoro, sulla sicurezza al loro interno e sulla precarietà del vivere al confine con essi…insegnandoci ad apprezzare il coraggio di chi ha saputo costruire dighe, mulini a vento, e canali di drenaggio conquistando in questo modo molte terre al mare. 

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ZENIT Staff

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