Il Cammino Neocatecumenale a servizio della Chiesa per la riscoperta della fede

Kiko Argüello spiega come la realtà ecclesiale da lui iniziata abbia realizzato le promesse del Concilio Vaticano II, e doni oggi nuova energia alla Chiesa

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Con “grande gioia”, questa mattina, Benedetto XVI ha dato il via ad un momento storico per la Chiesa del nostro tempo: l’Anno della Fede. Migliaia di fedeli hanno gremito oggi piazza San Pietro per celebrare l’evento insieme al Santo Padre. Presenti alla cerimonia anche alcuni Padri Conciliari e i diversi partecipanti al Sinodo dei Vescovi per la Nuova Evangelizzazione ancora in corso.

Tra questi, anche Kiko Argüello, iniziatore di una delle realtà attualmente più vive e numerose della Chiesa: il Cammino Neocatecumenale, il cui carisma, da più di 40 anni, è di far maturare una fede adulta in mezzo a quella “desertificazione spirituale” che ha caratterizzato gli ultimi decenni dell’umanità.

Al termine della Santa Messa, Kiko ha rilasciato a ZENIT la breve intervista che riportiamo di seguito.

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Kiko, nella prima Congregazione dell’Assemblea sinodale è stata dedicata grande attenzione ai movimenti e alle realtà ecclesiali, indicati come grazia dello Spirito Santo che donano nuova energia alla Chiesa. Il cardinale Wuerl, tra questi, ha citato in particolare Comunione e Liberazione, Opus Dei e Cammino Neocatecumenale. Che effetto le hanno fatto queste parole?

Kiko Argüello: È stato bellissimo! Noi siamo sorti dopo il Concilio Vaticano II per aiutare la Chiesa e sono contento che questo venga riconosciuto. Abbiamo voluto introdurre nella Chiesa un cammino di fede, perché soltanto una fede adulta può rispondere alle situazioni attuali di secolarizzazione che si riscontrano in tante parti del mondo. Anche ieri, durante i lavori dei Circoli Minori del Sinodo, nel corso della quinta Congregazione, uno dei relatori, mons. Ricardo Blázquez Pérez, arcivescovo di Valladolid, ha parlato del Cammino Neocatecumenale, e ha detto di essere convinto che esso sia una delle risposte, dopo il Concilio, ai problemi della Chiesa.

Questo non significa che vogliamo sostituire la Chiesa o che siamo l’unica espressione ecclesiale e religiosa valida. Anzi, siamo solo dei servitori umili che si pongono al servizio della Chiesa, per aiutare le persone a scoprire la bellezza di essere cristiani. Perché questa è una cosa enorme: essere figli di Dio, uniti, che si amano l’un l’altro. È fantastico davvero!

Si può affermare quindi che, in un certo senso, il Cammino Neocatecumenale abbia realizzato le promesse del Concilio Vaticano II?

Kiko Argüello: Si, le sta realizzando, nonostante noi e i nostri peccati. Laici che evangelizzano, famiglie in missione, migliaia di vocazioni. Quest’anno abbiamo aperto dieci nuovi seminari, tra cui uno in India e uno a Rio de Janeiro. Siamo veramente sorpresi noi stessi dei frutti che continuiamo a vedere, perché non è assolutamente opera nostra.

Quando chiedo famiglie per andare in missione nel mondo, non è di certo per un mio potere che se ne alzino 3.000. O come è successo la scorsa estate a Madrid che ho chiesto sacerdoti per la Cina e hanno dato la loro disponibilità quasi 5.000 ragazzi…. È una cosa bellissima. Siamo davvero spettatori delle opere dello Spirito Santo.

Ultimamente si parla di una sua pubblicazione editoriale presto in uscita. È vero?

Kiko Argüello: Si. È un piccolo volume che uscirà forse in occasione della chiusura dei lavori sinodali, dove abbiamo cercato di mettere per iscritto il kerygma annunziato negli incontri di Napoli, Budapest, Milano e Trieste di quest’anno. È il kerygma dei tre angeli, che, secondo me, è una catechesi molto importante per l’antropologia di oggi, che ha perso il suo contenuto profondo. Si può dire che sia un libro per la Nuova Evangelizzazione, e crediamo sia importante trasmettere questo annuncio che ridona un senso alla domanda “perché evangelizzare?”.

Il Santo Padre ha aperto, poco fa, un tempo di grazia per la Chiesa di oggi: l’Anno della Fede. Cosa si augura per questo anno?

Kiko Argüello: Spero che si possa riscoprire la bellezza della Fede. Quella Fede, cioè, che ci dona la natura di Dio e guarisce profondamente l’essere dell’uomo che è stato ferito dal peccato originale. L’uomo separandosi da Dio diventa schiavo del non essere, le conseguenze sono palesi: la quantità di donne che vengono assassinate, i suicidi continui ovunque e via dicendo. Quando un uomo scopre che “non è” decide di uccidersi. La Chiesa, quindi, in quest’anno deve far riscoprire la parola di salvezza per gli uomini: che Cristo è venuto per dare loro la vita, per donare “l’essere dello Spirito Santo”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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