ROMA, sabato, 6 ottobre 2012 (ZENIT.org).
Lettura
Nel Vangelo di oggi i discepoli si ritrovano attorno a Gesù, di ritorno dalle loro missioni. In loro c’è euforia nel condividere quanto hanno compiuto, e soprattutto nel constatare il successo delle loro azioni. Gesù, in questo clima di serenità e distensione, lascia però a loro, come a noi, un profondissimo insegnamento: c’è un solo motivo di gioia, che non sta nel successo di ciò che facciamo, nei miracoli che possiamo compiere. La sola gioia sta nell’avere i nomi scritti nel cielo, nell’appartenere a Dio, nell’avere in Lui la patria.
Meditazione
Immaginiamoci questi settantadue discepoli che Gesù ha mandato nelle città e nei villaggi ad annunciare il regno (cfr. Lc 10,1-12). Sono entusiasti per i successi che hanno riportato, impazienti di condividere con il Maestro i prodigi che hanno compiuto. L’evangelista non lascia tanto spazio però ai loro racconti, ma dà subito la parola a Gesù che ugualmente non pare dare molta importanza ai loro discorsi, riportandoli invece con estrema tenerezza a uno sguardo sulla realtà con gli occhi della fede. Non sono i miracoli, né i successi nella nostra carriera lavorativa, né un’inspiegabile guarigione a regalarci la gioia! Il solo motivo di gioia è l’appartenere a Dio, la certezza di essere oggetto di un amore esclusivo. Tutto il resto passa, è mutevole, ma l’amore di Dio è davvero eterno. È lo stesso amore di cui gode Gesù. Anch’egli non è vincolato ai suoi successi con le folle, ai riconoscimenti dopo i suoi miracoli, come non è condizionato dai suoi fallimenti e incomprensioni. La sua stabilità sta nell’amore del Padre. Questa relazione esplode nella preghiera di lode che il Vangelo ci consegna. L’identità del Figlio, come quella di ogni credente, è riposta nel cuore del Padre. Può esserci un motivo più certo per gioire? Così gioisce il Figlio, compiaciuto del modo di agire del Padre. Solo i piccoli, i poveri, coloro che sanno di avere bisogno di Dio, coloro che vivono nella consapevolezza di ricevere la propria identità, la propria missione, da Dio, costoro sono capaci di gustare la dolcezza del rapporto con il Padre, come la gusta il Figlio, Gesù. Siamo invitati a riconoscerci, come questi piccoli, estremamente bisognosi dell’amore del Padre. Come il bimbo è legato alla madre, così se vogliamo vivere da credenti, dobbiamo rimanere legati a Lui. Questa è la sapienza che ci regala la gioia!
Preghiera
Signore, donaci la pace, la pace del riposo, la pace del sabato, la pace senza tramonto… E noi nel sabato della vita presente riposeremo in Te, Bene mancante di nessun bene, che riposi eternamente (cfr. Sant’Agostino, Confessioni, XIII, 35.38).
Agire
Di fronte alle inevitabili contrarietà, parole brusche, incomprensioni, fallimenti, oggi reagirò con serenità e volto sorridente, conscio che il mio nome è scritto in cielo e lì solo ho la mia gioia.
Meditazione del giorno a cura delle Monache Agostiniane della Comunità Santi Quattro Coronati a Roma, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it