ROMA, sabato, 6 ottobre 2012 (ZENIT.org) – «L’hanno isolato quasi completamente. Il seminario di Sheshan, a poca distanza da Shanghai, è diventata la sua gabbia dorata, dopo che ai seminaristi è stato impedito di rientrare per riprendere l’anno accademico. Dicono che il vescovo sia dimagrito, pallido: speriamo che continui a resistere».
Così una fonte che chiede di restare anonima racconta a MissiOnLine la situazione di mons. Taddeo Ma Daqin, giovane ausiliare di Shanghai (44 anni), da tre mesi agli arresti domiciliari. Il vescovo è stato privato della libertà per punizione contro il suo gesto di ribellione pubblico al potere politico cinese: il 7 luglio scorso, durante la sua ordinazione episcopale, Ma ha avuto il coraggio (o la sfacciataggine, secondo Pechino) di annunciare pubblicamente le dimissioni dall’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, l’organismo politico con il quale il Partito comunista controlla la vita della cosiddetta “Chiesa ufficiale” in Cina.
Nella medesima occasione mons. Ma aveva rifiutato l’imposizione delle mani da un vescovo scomunicato presente alla cerimonia per imposizione del governo (mons. Zhan Silu, vescovo di Mindong nel Fujian) e aveva evitato di bere al suo stesso calice, rendendo così evidentissima la presa di distanza da quanti non sono in comunione con il Papa e la volontà di non sottostare alla politica del governo che cerca di “mescolare” il più possibile, in occasione di celebrazioni pubbliche (Messe, ordinazioni sacerdotali ed episcopali), i vescovi legittimi e in comunione col Papa e quelli ordinati senza l’approvazione di Roma.
Le dimissioni dall’Associazione patriottica erano state, a quel punto, la logica conclusione di un atteggiamento di coraggio e resistenza. L’Apcc è indicata apertamente da Benedetto XVI, nella Lettera ai cattolici cinesi del 2007, come un grosso ostacolo al processo di riconciliazione interno della Chiesa cinese e al cammino verso la normalità della vita ecclesiale.
La scelta di abbandonare l’Apcc sta costando al vescovo Ma un isolamento quasi totale. Mandati a casa d’imperio i giovani che vi risiedevano, il seminario è stato svuotato per trasformarsi in “residenza provvisoria” del presule. L’unico contatto con l’esterno è il blog che mons. Ma continua a tenere, naturalmente premurandosi di non toccare argomenti sgraditi al regime. Ecco perché, da letterato e amante della tradizione classica cinese qual è, il vescovo ricorre a citazioni di opere classiche o di autori da lui amati, come nel caso di Simone Weil, filosofa e mistica francese di origine ebrea: in uno degli ultimi articoli pubblicati, mons. Ma presenta alcune riflessioni spirituali sul tema della sofferenza e del dolore proprio da testi di questa grande figura di credente, spesso citata, peraltro, dai “cristiani culturali” cinesi.
In altri casi, il blog di mons. Ma diffonde musica via Internet, “una musica triste che penso voglia esprimere la sofferenza della sua solitudine forzata”, azzarda la nostra fonte.
Da quando il suo blog è stato riaperto, il 16 luglio scorso (dopo un black out imposto dalle autorità), il vescovo Ma ha caricato, oltre ad alcuni articoli, il testo di un’opera cinese in 6 scene (da lui composta) su Xu Guangqi e sulla sua amicizia con Matteo Ricci, spiegando di aver voluto così celebrare il 450esimo anniversario della nascita di Xu Guangqi, che cade proprio quest’anno. Alcuni cattolici cinesi – riferisce Asia News – hanno risposto ai suoi articoli inviando il proprio saluto, sostegno e preghiere per il vescovo.
L’ultimo post pubblicato sul blog del vescovo Ma Daqin risale al 21 settembre. Mentre proprio ieri l’agenzia UcaNews ha dato notizia dei «corsi di rieducazione da dodici ore al giorno» cui sono attualmente sottoposti quelli che erano i suoi collaboratori. Chiediamo ai nostri lettori di sostenere la battaglia del vescovo Ma Daqin inviando una mail all’indirizzo della nostra redazione mondoemissione@pimemilano.com con nell’oggetto la frase «SOLIDALI CON IL VESCOVO MA DAQIN».
[Articolo tratto dal sito MissiOnLine, del Pime]