L'ex aiutante di camera del Papa non la conta giusta

Al processo per furto aggravato della carte riservate del Papa, Paolo Gabriele cerca di confondere le acque

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di Antonio Gaspari

CITTA’ DEL VATICANO, martedì, 2 ottobre 2012 (ZENIT.org).- Tante mezze verità e tentativi di confondere i fatti, alla seconda udienza del processo penale che vede imputato per furto aggravato l’ex aiutante di camera del Pontefice, Paolo Gabriele.

La tesi sostenuta dall’imputato è quella di aver fotocopiato i documenti riservati con lo scopo di rivelare al Papa manovre torbide in Vaticano. 

Nel corso dell’udienza Gabriele ha detto di aver avuto contatti con diverse persone con “l’intenzione di trovare una persona di fiducia con la quale sfogarmi e condividere lo sconcerto per una situazione diventata insopportabile, ad ampio raggio, in Vaticano”.

L’imputato ha confermato ciò che aveva affermato in un precedente interrogatorio e cioè “di essere stato suggestionato nelle sue azioni dalle conversazioni avute con alcune persone in Vaticano, come il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro, presidente della Fabbrica di San Pietro e vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano, monsignor Francesco Cavina, attuale vescovo di Carpi, il cardinale Paolo Sardi, patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta, e la collaboratrice del papa Ingrid Stampa”.

Come e in che direzione è stato influenzato, Gabriele non l’ha spiegato, ma ha voluto precisare che bisogna distinguere l’azione di essere suggestionato a quella di aver collaborato nella trafugazione e pubblicazione di documenti riservati.

Gabriele ha anche ribadito di aver avuto scambi di informazioni e contatti con Vincenzo Mauriello, minutante della Segreteria di Stato, e con Luca Catano della confraternita di San Pietro e Paolo.

Secondo Gabriele sarebbe stato Catano ad avergli fornito il testo Napoleone in Vaticano, che è poi diventato un capitolo del libro che raccoglie le fotocopie dei documenti riservati del pontefice.

L’ex aiutante di Camera del Papa ha dichiarato di aver agito da solo, di “non aver avuto complici”, di non essere stato “l’unico nel corso degli anni ad aver fornito notizie riservate alla stampa” e di “essere innocente”.

A domanda precisa circa la sua colpevolezza, Gabriele ha risposto “Riguardo al furto aggravato mi dichiaro innocente. Mi sento colpevole per aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre, che io sento di amare come un figlio”.

Gabriele godeva della fiducia certa della famiglia papale tanto che – ha detto – i documenti li fotocopiava “durante l’orario di lavoro, con la fotocopiatrice in dotazione all’ufficio”.

Ha spiegato che aveva una postazione all’interno dell’ufficio dei due segretari del Papa, ed “essendo il mio movimento all’interno della stanza libero e non avendo un fine malvagio ho fotocopiato anche in presenza di altri nell’orario in cui la mia presenza era prevista”.  

In merito alla decisione di cominciare a fotocopiare la corrispondenza privata del Pontefice, Gabriele ha raccontato di aver cominciato ad archiviare materiale dal 2010 durante il cosiddetto “caso Viganò”

Monsignor Carlo Maria Viganò, attuale, nunzio apostolico negli Stati Uniti, cominciò a far parlare di sé il 16 luglio del 2009 quando venne trasferito all’ufficio di segretario del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Si parlò della sua ambizione ad assumere l’incarico di Governatore, e di attriti con membri della Curia vaticana. Il 19 ottobre 2011 venne nominato nunzio apostolico negli Stati Uniti d’America.

Il 25 gennaio del 2012 nel corso di una trasmissione televisiva diretta dallo stesso giornalista che ha pubblicato il libro con i documenti trafugati da Paolo Gabriele, venne resa pubblica una lettera  in cui monsignor Viganò accusava diverse personalità operanti nella Santa Sede di avergli impedito di diventare Governatore della città del Vaticano.

Questa vicenda è stata definita dai mezzi di comunicazione di massa l’inizio della stagione di “vaticanleaks”.

Le dichiarazioni di Gabriele circa l’inizio della sua attività di furto dei documenti sono stati smentiti da monsignor Georg Gaenswein, segretario del Pontefice, il quale ha raccontato “Quando sono andato con i gendarmi a visionare i documenti sequestrati a Paolo Gabriele, c’erano sia documenti originali che fotocopie, i primi originali che ho visto risalivano all’inizio della presa di servizio di Paolo Gabriele, nel 2006. Ho visto documenti in copia e in originale del 2006, del 2007 e del 2008”.

Secondo il Segretario del pontefice quindi Gabriele ha iniziato a trafugare e fotocopiare documenti già all’inizio della sua presa di servizio come aiutante di camera del Pontefice.

Dal punto di vista procedurale Paolo Gabriele rischia fino a quattro anni di reclusione.

Il processo segue le norme del codice dello Stato della Città del Vaticano, che sono differenti da quelle della chiesa cattolica. I giudici sono laici e non hanno nessun rapporto diretto con la chiesa cattolica, che ha i suoi tribunali, che giudicano secondo i codici di diritto canonico.

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ZENIT Staff

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