Il rimedio all'indifferenza: un atteggiamento profetico e audace

Secondo giorno della riunione del CCEE, incontro con il vescovo André-Joseph Léonard

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dalla nostra inviata speciale a San Gallo, Anita Bourdin

SAN GALLO, sabato, 29 settembre 2012 (ZENIT.org).- In risposta all’indifferenza religiosa, mons. André-Joseph Léonard consiglia ai cattolici un “atteggiamento profetico, provocatorio, audace”.

Per quanto riguarda eventuali ostilità, egli ha osservato che si tratta di “una meravigliosa opportunità per i cristiani a riscoprire la loro identità”.

Mons. André-Joseph Léonard, arcivescovo di Malines-Bruxelles (Belgio), ha risposto alle domande dei giornalisti nella mattinata di venerdì 28 settembre, dopo aver riassunto i tre interventi che hanno alimentato il pensiero dei 10 cardinali e 33 vescovi presenti alla plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, in corso a San Gallo (Sankt Gallen), in Svizzera. 

Zenit lo ha intervistato.

Cosa pensa della situazione europea?

Mons. André-Joseph Léonard: Ahimè, ahimè, gli europei stanno perdendo interesse per la politica, ed è evidente che nella costruzione dell’Europa la questione umana non riceve sufficiente attenzione.Uno dei relatori di questa mattina ha detto molto chiaramente: non si può soddisfare il cuore umano solo con la prosperità economica e con ogni sorta di libertà: il cuore umano ha bisogno di un ideale. E ciò che è tragico per certi versi, è che l’Europa ha un tesoro spirituale: l’Europa è Teresa d’Avila è Giovanni della Croce, Edith Stein è al tempo stesso espressione di grandi figure, con grande ricchezza spirituale e culturale. Abbiamo un enorme patrimonio culturale in Europa, che non si può dimenticare., Disponiamo di una fonte abbondante per alimentare il senso della vita, con il rischio di non abbeverarci da questa fonte.

Penso che l’Europa ha bisogno di testimoni, di profeti, consapevoli del patrimonio che rappresentano, consci del loro passato, aperti a un ideale, e ad una prospettiva orientata al futuro.

Si sta per aprire l’Anno della Fede: come la fede dovrebbe essere annunciata ai giovani in particolare?

Mons. André-Joseph Léonard: Per proclamare la fede, abbiamo bisogno di creare eventi significativi che mettano in evidenza la dimensione spirituale della vita.

Molto concretamente, una delle mie preoccupazioni pastoriali, non è solo quella di insegnare – naturalmente, un vescovo deve insegnare e la Chiesa deve insegnare – ma c’è bisogno di organizzare i luoghi, i tempi, gli eventi.

Per la diffusione della ‘parola’ bisogna utilizzare le risorse disponibili, sia su Internet, sia attraverso concerti rock, sia per mezzo di superstar cristiani, i quali hanno una grande capacità di comunicazione.

Bisogna favorire la devozione popolare: creare eventi da cui emerga la testimonianza cristiana in modo che le persone possano percepire la bellezza della fede ed aprirsi alla chiamata.

C’è bisogno di parlare al cuore. La spiegazione viene dopo. E’ vero che la fede esige di essere sempre illuminati dalla riflessione, ma all’inizio bisogna favorire gli eventi dove il cuore umano viene toccato dalla bellezza della fede.

Jean Monnet ha scritto che l’Europa si costruisce attraverso le crisi e Jacques Delors, “l’Europa non è un letto di rose”: a guardare la crisi di oggi, non c’è troppo ottimismo in queste frasi?

Mons. André-Joseph Léonard: Sì, forse c’è stato un po ‘troppo ottimismo. Ma è vero che ogni difficoltà, ogni sfida è un’opportunità.

Molti dei miei colleghi hanno detto che viviamo, soprattutto in Europa occidentale, attaccati da un secolarismo aggressivo, ci sono tentativi di soffocare la voce  della Chiesa. Proviamo rammarico, ma penso che è anche una meravigliosa opportunità per i cristiani riscoprire la propria identità, mostrando il coraggio di parlare, l’audacia di entrare in dialogo. In ogni situazione di crisi, in qualsiasi situazione di difficoltà, c’è sempre un’opportunità positiva, all’aggressività dei mass media possiamo reagire ritrovando la nostra identità e proponendo un dialogo audace.

E’ vero che stiamo subendo un aggressione, il Papa ha parlato spesso della “dittatura” del relativismo. Ma l’ostacolo più difficile da superare è: l’indifferenza. Qual è il suo parere in proposito?

Mons. André-Joseph Léonard: L’indifferenza è più difficile da trattare rispetto all’ostilità. Quando c’è ostilità, hai un interlocutore con cui puoi entrare in dialogo.

Mentre l’indifferenza, per sua natura, è una sorta di massa informe difficile da trattare. Il modo per superare l’indifferenza è un atteggiamento profetico, provocatorio, audace.

Faccio un esempio preso in prestito dalla mia esperienza pastorale. Di tanto in tanto una volta al mese, presiedo come Vescovo, una riunione, una festa, la ristrutturazione di una Chiesa.

Le persone che partecipano sono interessate alla cultura agli aspetti, architettonici, artistici e religiosi. Ci sono un sacco di persone indifferenti alla Chiesa e alla fede che poartecipano. Questa è una meravigliosa opportunità per scuotere le coscienze e toccare i cuori. Non seguo il protocollo, non pronuncio un omelia, ma annuncio il kerygma.

E funziona. Sono colpito nel vedere quanti cuori si toccano nel corso di un evento culturale, quanti si avvicinano al cuore della fede cristiana e della Chiesa. Non dico che la loro vita sarà sconvolta, ma sono certo che questo tipo di incontri li fa pensare, li fa svegliare dalla loro indifferenza.

Le persone che vivono nelle parrocchie, i catechisti – per i bambini o gli adulti – sono persone semplici: sono in grado di avere nuove parole e incoraggiare il dialogo efficace di cui lei parla? Sono pronti per la sfida? Come vengono preparati?

Mons. André-Joseph Léonard: Quello che è importante è comunicarela fede. Nonvorrei riservare la capacità di insegnare solo a coloro che hanno una grande formazione teologica o intellettuale. Conosco molte persone che con la loro presenza irradiano la fede in maniera semplice. E’ comunque vero che abbiamo bisogno di aiuto nella formazione di questi individui per avere uno prospettiva in modo da poter rispondere alle richieste di educazione.

I catechisti per esempio, sono migliaia, soprattutto donne, e la Chiesa senza le donne potrebbe chiudere bottega.

Sono donne che solo con la loro presenza, il loro modo di essere, forniscono una testimonianza straordinaria. In ogni caso sono molte le diocesi che si preoccupano di organizzare corsi di formazione per gli operatori pastorali di tutti i tipi tra cui i catechisti parrocchiali.

[Traduzione dal francese di Antonio Gaspari]

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ZENIT Staff

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